Mondo

Convenzione Aja, Italia sotto scacco

Manca la ratifica. Pronta la procedura d'infrazione contro Roma

di Joshua Massarenti

Con la tutela dei minori non si scherza. Tantomeno con le convenzioni internazionali chiamate a proteggere i loro diritti. Ma l’Italia fa finta di nulla e ora corre il rischio di farsi bacchettare le mani da Bruxelles. Secondo fonti raccolte da Vita presso la Commissione europea, il nostro Paese potrebbe subire una procedura d’infrazione.
L’organo esecutivo dell’Ue è infatti pronto a lanciare la misura dopo l’estate se il parlamento italiano continuerà a ignorare le indicazioni del Consiglio Ue per la ratifica di un importante strumento a favore della tutela dei minori: la Convenzione dell’Aja del 1996. «Si tratta dell’unico trattato che si applica alla quasi totalità dei provvedimenti relativi ai minori in difficoltà, creato per contribuire a fondare uno spazio giudiziario comune», sostiene l’Ai.Bi. – Associazione Amici dei Bambini. «Uno strumento che, se applicato, permetterebbe di dare risposta a un’infinità di situazioni irrisolte in cui si trovano oggi migliaia di bambini in difficoltà familiare».
Il tempo per ratificare la Convenzione non è mancato: sono trascorsi sette anni da quando il Consiglio Ue autorizzò gli Stati membri dell’Unione a firmare la Convenzione dell’Aja. Un invito reiterato nel 2008 ai 17 Paesi Ue più pigri, tra cui l’Italia. Nella sua decisione, il Consiglio invitava gli “Stati canaglia” a «prendere le misure necessarie per predisporre il deposito simultaneo delle loro ratifiche, possibilmente entro il 5 giugno 2010». È trascorso più di un mese dalla data di scadenza, ma a differenza di Paesi come la Spagna e la Gran Bretagna, l’Italia non ha ancora tracciato nessuna roadmap. Questo nonostante gli ennesimi richiami lanciati nelle ultime settimane dall’Ue e dal mondo associazionistico. Prima con il direttore generale della Direzione generale Giustizia, libertà e sicurezza, François Le Bail che il 24 giugno scorso ha inviato a titolo confidenziale agli ambasciatori presso le rappresentanze permanenti a Bruxelles degli Stati ritardatari una missiva chiedendo spiegazioni del ritardo accumulato. Poi con Ai.Bi., protagonista il primo luglio di una lettera aperta indirizzata a Giorgio Napolitano e nella quale si invitano «le istituzioni italiane a provvedere al più presto alla ratifica della Convenzione». In mancanza di risposte, tutti speravano che l’Italia avrebbe sfruttato una riunione del Comitato delle questioni di diritto civile tenutasi presso il Consiglio Ue il 5 luglio scorso per chiarire la propria situazione. Ma niente da fare. Mentre Spagna e Malta non hanno mancato di mettere in mostra gli sforzi compiuti, gli esperti inviati da Roma hanno fatto scena muta, limitandosi a giustificare i ritardi del nostro Paese con un problema di coordinamento tra il ministero della Giustizia e quello degli Interni. Per la Commissione è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso: o nella prossima riunione di settembre l’Italia presenta un piano d’azione, oppure scatterà la procedura d’infrazione.


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