Non profit

Contro l’autismo l’iPad si veste di sociale

Ecco la prima applicazione non profit

di Sara De Carli

«Non ho parole» raccoglie i dialoghi tra una madre e Stefano, che si è aperto al mondo a 11 anni grazie a un foglio e a una penna. Un’esperienza che una piccola associazione vuole condividere con più persone possibile, anche attraverso le nuove tecnologie: «È un invito a non arrendersi»
La sua data di nascita è il 27 maggio 2010, il giorno prima del debutto ufficiale dell’iPad in Italia. Si chiama «Non ho parole» ed è la prima applicazione per iPad generata dal non profit italiano. A battere tutti, anche i big più avvezzi a far fruttare a fin di bene le potenzialità della hi-technology, è stata Genitori e autismo, una piccolissima associazione romana che riunisce una cinquantina di famiglie con figli autistici, conosciutesi sui forum online. La seconda è stata Telefono Azzurro, che il 4 giugno ha pubblicato l’applicazione «Azzurro Child Digital», ovvero la possibilità di accedere al proprio house organ direttamente dall’iPad.

Rivoluzione carta e penna
«Non ho parole» è un libro. Raccoglie, in un centinaio di pagine, i dialoghi tra Stefano e sua madre: la scuola, la vita in famiglia, le vacanze. Stefano (nella foto) è un ragazzo autistico. Per undici anni ha vissuto in silenzio, senza comunicare in alcun modo con chi gli stava attorno. Non una parola, appunto.
«Poi un giorno Stefano ha preso in mano la penna e ha cominciato a tracciare lettere sparse su un foglio», ricorda Roberto Torta, il papà, nonché presidente dell’associazione. «Lui era sempre andato a scuola, ma nessuno sapeva dire se avesse mai imparato qualcosa. Quel giorno è stata una rivoluzione». È stata la mamma che, con pazienza, in una manciata di giorni ha insegnato a Stefano a raccogliere tutto quanto a scuola, negli anni, invece aveva appreso e a mettere in ordine quelle lettere sparse. Stefano ha iniziato a scrivere, e da allora – oggi di anni ne ha 17 – comunica con il mondo così, con carta e penna: un bel contrasto con quella sempre in corsa rivoluzione immateriale di cui l’iPad è simbolo. Con la penna Stefano ha potuto dire al mondo intero tutto quello che lui era e sapeva: «Non ci potevamo credere, allora lui era in quinta elementare e io ho passato settimane a interrogarlo, dalla storia alla geografia, e sapeva tutto», ricorda il papà ancora emozionato.

Vorrei essere un pappagallo
«L’idea del libro nasce un paio di anni fa», spiega Torta, «con la nostra testimonianza volevamo dare una speranza ai tanti genitori nelle nostre stesse condizioni: non può immaginare cosa significa convivere con l’idea che per tutta la vita non sentirai mai la voce di tuo figlio, non potrai entrare in contatto con lui». La storia di Stefano invece, «dimostra che questi ragazzi sembrano ritardati ma hanno invece un sacco di potenzialità, solo non hanno ancora trovato il loro canale di comunicazione, diverso per ognuno».
Per questo lavora l’associazione Genitori e autismo, fondata nel 2006: «Puntiamo sulla riabilitazione, perché vorremmo che nessuno dei nostri bambini diventi domani un adulto autistico. Possibilità di cura, per aiutare questi ragazzi a trovare il loro modo di comunicare, ce ne sono, per esempio il metodo ABA, usato da decenni negli Stati Uniti. Però non è riconosciuto dal sistema sanitario italiano e una famiglia deve spendere anche 1.500 euro al mese. Chiediamo che questa terapia rientri nei Lea, e che anche l’Italia preveda una adeguata formazione di terapisti specializzati», spiega Torta. Hanno già raccolto 40mila firme.
Anche l’iPad può essere una vetrina. Per arrivare a tanti genitori, e invitarli a non arrendersi, ma anche a tanta gente comune. Un centinaio le applicazioni scaricate in una sola settimana, guadagnandosi l’ottavo posto nella top ten dei libri più venduti per iPad, dopo Dante, Caravaggio e Alice. Il prezzo? 3,99 euro. «Mai speso meglio qualche soldo sull’AppStore», scrive Frankolo sul web. Di quei quattro euro, il 30% spetta ad Apple, il resto va all’associazione. Anche se sulla scheda dell’AppStore questo non risulta: «Non è colpa nostra, Apple non prevede la voce non profit o beneficenza», dice Torta. Quel che arriverà, servirà a far cambiare idea a Stefano e a chi, come lui, sogna di essere un pappagallo: «Perché può parlare, anche se non è intelligente».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA