Cultura
Contro la tirannia dei numeri
Giulio Sensi sul suo blog analizza il moderno brutto vizio giornalistico dei numeri senza comprensione
di Redazione
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di Giulio Sensi
Diciamolo: spesso i giornalisti subiscono lo smisurato fascino dei dati non solo perchè sono dimostrazioni oggettive di un fatto o una problematica, ma anche perchè sintetizzano situazioni faticose da raccontare. Faticose, non impossibili. Negli ultimi giorni chi si occupa di sociale è invaso dai numeri: Istat, Censis, Cnel, ancora Istat etc. etc.
Bene, ma che percezione rimane fra le persone? Quali strumenti restano nelle mani di chi opera nel sociale o dei decisori pubblici? Certo, gli strumenti ci sono, se uno li sa usare, così come i numeri sono fondamentali. Il problema sta in mezzo: in chi li diffonde e come. Anche fra i giornalisti e i comunicatori del sociale si nutre un fascino morboso per i numeri. Sembra che senza di essi non sia possibile “bucare”. In parte è vero, ma ci sono alcuni problemi e si aprono molte prospettive.
Il primo riguarda la lettura dei dati: quante imperfezioni, quanti titoli fuorvianti, quanta semplificazione. Le cartelle stampa arrivano fatte bene, ma andrebbero lette ed interpretate. Il telefono sarebbe da alzare almeno una volta. Domandare piuttosto che aspettare, e capire per non prendere fischi per fiaschi. E riesce a farlo bene solo chi, ad esempio nelle agenzie di stampa, segue per molto tempo un tema. Ma purtroppo il turn-over e il precariato impediscono spesso il solidificarsi di competenze. E a qualcuno fa comodo anche questo…
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