Welfare

Contro la povertà indennizzi e un reddito d’emergenza

La proposta di Fabrizio Barca, Enrico Giovannini e Cristiano Gori. «Per il reddito emergenziale è necessario estendere i termini per le domande e semplificare le procedure. Per i lavoratori autonomi serve il sostegno sia commisurato alle condizioni economiche dei beneficiari»

di Redazione

«Apprezziamo che al varo dell’inasprimento delle misure di contenimento del contagio con il DPCM 24 ottobre, abbia corrisposto l’annuncio da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che tale provvedimento sarà accompagnato dall’introduzione di misure di indennizzo per tutte le categorie colpite. Apprezziamo inoltre che, come ribadito dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Nunzia Catalfo, esse includeranno l’estensione per un mese del Reddito di Emergenza (Rem). Anche se sarebbe stato opportuno che tutte queste misure fossero contestuali allo stesso DPCM, al fine di dare immediate certezze all’intera popolazione». A scriverlo sono Fabrizio Barca, Coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità (FDD), Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (AsviS) e Cristiano Gori, docente di Politica sociale all'Università di Trento.

«L’intervento di estensione del Rem è peraltro particolarmente urgente in quanto, dal 15 ottobre non è più possibile fare domanda per ricevere questo sostegno destinato a chi non può accedere ad altri ammortizzatori sociali, cioè la parte più debole della società italiana», continuano a spiegare.

«Il Rem era stato introdotto a maggio per assicurare un contributo monetario alle famiglie in grave difficoltà economica e prive di altri sostegni pubblici durante la prima ondata del Covid-19», chiariscono i docenti, «Era una misura temporanea – tre mensilità al massimo – e di importo variabile tra 400 euro mensili per un singolo e 800 per i nuclei più numerosi. Purtroppo, lo hanno ricevuto molte meno persone di quelle previste: 700mila rispetto ai due milioni di individui aventi diritto. Questo esito non sorprende: il Rem era stato pensato come una misura da ottenere nel modo più semplice e rapido possibile, ma è mancata un’adeguata informazione alla popolazione destinataria della misura e sono state previste procedure molto complesse, che hanno probabilmente scoraggiato molte persone dal presentare la domanda».

La seconda ondata della pandemia sta investendo ora l’Italia e i più deboli rischiano nuovamente di doverla affrontare privi di un sostegno pubblico. «Per questo, non basta erogare una nuova mensilità a chi ha già iniziato a percepire il Rem, ma è necessario e urgente riaprire i termini per la presentazione delle domande almeno fino a fine anno, pronti a nuove estensioni automatiche in relazione alle misure di contenimento che verranno assunte», spiegano nel dsocumento Barca, Giovannini e Gori, «È inoltre necessario prevedere una semplificazione delle procedure che ne regolano il funzionamento, facendo tesoro dell’esperienza finora maturata e dei suggerimenti da noi formulati inizialmente per il disegno della misura. Siamo pronti a confrontarci con le autorità su questi profili».

Anche con riguardo al complesso del lavoro autonomo, «è possibile migliorare la qualità dell’intervento, facendo riferimento alla proposta di un Sostegno di emergenza per il lavoro autonomo (Sea) da noi avanzata il 30 marzo scorso insieme al Rem, il quale prevede un importo variabile in funzione delle diverse situazioni», concludono, «In particolare, poiché l’obiettivo è quello di sostenere soprattutto chi è in grave difficoltà, l’ammontare del contributo viene determinato in modo progressivo a seconda delle condizioni economiche del nucleo familiare del lavoratore autonomo. Il SEA punta, inoltre, a mantenere la capacità produttiva del lavoro, per cui il suo valore è anche parametrato alla perdita di guadagno (in proporzione al proprio volume abituale di attività), così da supportare in misura maggiore chi subisce un danno maggiore».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.