Economia
Contro la cultura del cinismo non basta far bene il bene
L'opinione di Livia Consolo presidente del Consorzio Gino Mattarelli
di Redazione
Fare bene il bene: mi trovo spesso a pronunciare queste parole perché sono un?imprenditrice sociale e molte volte, negli anni passati delle mie esperienze sul territorio, mi sono scontrata più che incontrata con la superficialità coniugata a generica volontà di fare.
Oggi però molte cose sono cambiate: una certa dose di professionalità è stata assunta dal volontariato come requisito per la continuità dell?azione, si è diffusa la consapevolezza che il valore della gratuità è esaltato dalla trasparenza e dalla verificabilità dei risultati, la fragilità di un?etica del cuore si misura spesso con interventi che necessitano di cultura gestionale e organizzativa. Quindi mi ritrovo ancora a interrogarmi, a interrogare la mia organizzazione e quelle con cui lavoro, sul limite, sul confine opportuno fra un atto che ricerchi la verità di una relazione umana e un processo, organizzativo ed economico, che rischia di soffocarlo in dinamiche estranee.
Primo interrogativo: da volontaria ieri, da imprenditrice sociale oggi, riesco ad affrontare il dolore degli altri, la loro diversità, la loro incompiutezza con gli strumenti della conoscenza e dei saperi professionali oppure attraversando, ripercorrendo ciò che vale ?nella mia vita??; ancora? ho gestito la mia vita con ciò che sapevo o piuttosto ho imparato lasciandomi attraversare dalla vita stessa? Sono sempre più convinta perciò che la dimensione spontanea e creativa del volontariato sia rintracciabile nella ?verità? del riconoscersi persone che, pur con diverse vicende e opportunità, sentono la fratellanza nell?esistenza umana, qui e oggi, nel rischio di accettarsi reciprocamente.
Secondo interrogativo: come può un?organizzazione, strutturata, coerente con la propria missione, con mille dinamiche di tipo gestionale, economico, procedurale, essere attraversata dall?amore, dalla confidenza, dalla fede, dall?intangibile di ?ciò che vale?? Come le organizzazioni fanno crescere, nell?alchimia dei sentimenti e tra le persone, condivisione, gesti concreti, dimensioni riconoscibili di esistenze che si sorreggono e si trasmettono vitalità in equilibrio positivo? Conosco organizzazioni, alcune apparentemente pesanti, altre leggere, che hanno il respiro dell?essenzialità nella ricerca dei modi e degli atteggiamenti per affrontare i problemi veri delle persone. E allora mi dico: far bene il bene, comincia da qui, dal sentire su di noi, come persone e come organizzazioni, i problemi reali dell?esistenza, dal fare cose che sentiamo giuste, anche leggendo le varie strumentalità esistenti ed affrontandole.
Un ultimo interrogativo: la responsabilità delle istituzioni e della politica si è mai davvero misurata con l?utilità dell?approccio volontaristico per migliorare la comunità Paese, per rendere meno opportunistico, più eticamente responsabile, un popolo come quello italiano sostanzialmente cinico, anche per le vicende della storia? La risposta da parte mia è no, purtroppo senza attenuati per alcuna parte politica. L?Italia è rappresentata più dal cinismo della politica che utilizza parole e culture come volontariato, solidarietà e sussidiarietà che non dallo spirito volontaristico e dalle tante iniziative che facciamo; è rappresentata da chi per anni ha sostenuto che si dovesse dar valore al privato cittadino, al territorio, ecc. ecc., e oggi, ad esempio, vuol restituire agli enti pubblici il controllo delle fondazioni, che dovrebbero finanziare proprio le attività sociali dei cittadini, volontari ed autorganizzati. Quindi fare bene il bene è ancora necessario, ma lo è forse di più riprendere a diffondere la nostra cultura nella consapevolezza dell?interesse generale, almeno per limitare, se non sconfiggere la deriva opportunistica e cinica della comunità Paese.
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