La celebre frase di Nanni Moretti, nel film Bianca, ben si addice a commento dell’idea di realizzare un reality (Mission), ambientato nel mondo dei profughi e delle cosiddette ong che se ne occupano. Nel film Moretti faceva riferimento al fatto che qualcuno non avesse ancora assaggiato la Sacher torte. Nel caso di Mission invece la frase è rivolta al fatto che la RAI insieme a Unhcr (e qui stiamo parlando delle Nazioni Unite e non di una semplice associazione….) e Intersos che collaborano a questa importante e innovativa produzione televisiva ci sta proponendo l’ennesimo “pastone” fatto di buonismo, vip, glamour, solidarietà, carità, polemica, risultando per questo sicuramente indigesto.
Infatti ancora prima di assaggiarlo il mondo della cooperazione allo sviluppo (quello fatto di cooperanti, operatori e organizzazioni della società civile) e il mondo della comunicazione sociale e del fundraising ha chiaramente rimandato indietro la pietanza pregando i cuochi di farla finita.
Molto è stato già detto da Giulio Sensi, (e molto bene!) da Info-cooperazione , dai vari social network e blog che si occupano di fundraising (qui e qui) e da Vita.it anche se nessuna voce ufficiale si è sollevata (coordinamenti delle ONG, associazioni professionali, forum terzo settore e altri) il che dovrebbe far pensare seriamente alla debolezza del nostro “secondo livello”. E non aggiungerò commenti di carattere etico. Infatti ognuno ha la sua etica e può andare bene così. Fatto salvo notare che quella di queste due Ong pare abbastanza in contrasto con l’etica comune che accompagna l’impegno nel campo della cooperazione internazionale.
Mi limiterò a dire i miei perchè, con questa trasmissione, ci stiamo facendo del male.
1 – Si dice (Laura Lucci) che la trasmissione aiuterà la gente a prendere coscienza del problema dei profughi e che quindi sarà comunque utile. Traduco: visto che non siamo capaci di sensibilizzare la gente sui problemi dei profughi, e visto che il “popolino” è un po’ cretino e ignorante e guarda solo i reality (falso), noi siamo costretti ad usare questo mezzo. Quindi è giustificata questa nostra esposizione mediatica perchè la gente altrimenti non capisce. Questa è una sequela di falsità. La gente è molto sensibilizzata sul problema dei profughi e più in generale su quella delle cause dei paesi a minore tasso di sviluppo. La gente non è cretina e non sta solo davanti ai reality e forse si aspetta che certi contenuti non passino attraverso queste trasmissioni (la visione che il terzo settore ha del “popolino” è molto retrograda….). Inoltre, come diceva MacLuhan: il mezzo è il messaggio. Per cui se scegli o usi il mezzo sbagliato hai scelto il messaggio sbagliato. In questo caso è troppo semplice dire che il fine giustifica i mezzi.
2 – Per cui la trasmissione invece di favorire il passaggio da una generica sensibilità a favore della causa a politiche sociali e pubbliche che si occupino dei diritti di persone che non possono vivere in condizioni di sicurezza nei loro paesi, ricaccerà tali cause sociali nel terreno della carità, del pietismo e della solidarietà di facciata (fatta di milioni di I like e di inutili gesti retorici di indignazione). Con la conseguenza che i donatori e gli attivisti, che ripongono nel terzo settore la speranza che veramente si possa cambiare il mondo, si allontaneranno da noi in quanto delusi della totale inefficacia e dell’autoreferenzialità di tali campagne.
3 – Si produrrà una ulteriore frattura tra il mondo dei destinatari dei nostri aiuti e il nostro vecchio mondo occidentale. E’ abbastanza evidente che in tutto il mondo le nuove leadership dei paesi in via di sviluppo, soprattutto africani, guarda con sfavore e con sgomento a questo modo becero di rappresentare i loro paesi accusandoci di perpretare una immagine e una spiegazione dei fatti che nulla ha a che vedere con la realtà (quella vera) e che è funzionale a relegare questi paesi in una perenne condizione di sudditanza e di non sviluppo, il che giustifica gli aiuti umanitari e quindi il ruolo dei gestori degli aiuti umanitari. Se lo dicessi io, sarebbe l’anatema di un vecchio moralista. Se lo dicono loro, credo che la cosa vada presa molto sul serio. Le non profit non sono gli unici gestori della informazione su questi paesi. Consiglio a tutti di fare un giro sul blog del mio amico Daniele Mezzana che da anni si occupa dell’immagine dell’Africa e che contiene rimandi a opinioni qualificate e fatti che aiuterebbero non poco i comunicatori delle ONG a rifarsi una mappa mentale e concettuale più onesta e adeguata di quella che si può produrre nelle agenzie di comunicazione e pubblicità). Grazie al cielo i giovani africani parlano direttamente alle società civili sui media, sui blog, sui network. Per cui i donatori possono sentire finalmente un altro punto di vista.
4 – La Rai, servizio pubblico per definizione, invece di giocare in modo positivo sulla informazione sociale decide di interpretare il ruolo di una tipica TV privata. Ma non una grande TV! Ma una piccola TV provinciale e di bassa lega che punta allo share e l’audience con il riciclo di personaggi cosiddetti VIP da infilare in tutte le cose della nostra vita: da preparare i pranzi, a lavorare, a interessarci del mondo e della cultura, ecc… Un grande gioco al ribasso; mentre noi (popolo bue) chiediamo a gran voce qualità. Se soggetti come il segretariato sociale RAI (al quale è il caso di ricordarlo fanno riferimento rappresentanti del non profit che dovrebbero garantire il nostro punto di vista); il consiglio di amministrazione, le varie commissioni parlamentari, non sono in grado di attuare politiche di qualità della comuncazione sociale e di evitare la deriva delle produzioni televisive come Mission, allora è il caso che chiudano e la smettano di farci del male. Peraltro, l’idea che questa trasmissione venga realizzata con i miei soldi di cittadino contribuente, mi fa un po’ imbufalire e venire voglia di non pagare il canone….
I risultati di questa operazione? Spero di sbagliarmi, ma non credo: calo delle donazioni e ulteriore fuga dei donatori, indebolimento delle politiche italiane di cooperazione allo sviluppo e di tutela dei diritti umani, ulteriore spaccatura nel mondo delle ong e tra queste e il popolo dei cooperanti e dei volontari, diffusione di una immagine negativa del fundraising e del campaigning, perdita di contatto con le leadership dei paesi in via di sviluppo. In sintesi: un forte deperimento delle mission e delle cause sociali proposte dalle ong e dal non profit.
I danni prodotti da questo reality ahimé li pagheranno tutte le organizzazioni non profit e in particolare quelle che si occupano dell’aiuto umanitario e della cooperazione allo sviluppo che sarà sempre di più ritenuta una nicchia inutile, buona solo a realizzare alcune kermesse di solidarietà che rappresentano una “discarica” dei cattivi pensieri e dei sensi di colpa, dove cioè cancellare il problema ai nostri occhi. La gente, la società civile, i donatori vogliono politiche risolutive e non vogliono più retorica e comunciazione sensazionale. E noi organizzazioni non profit dovremmo favorire questo processo invece di riproporre una immagine e una rappresentazione dei problemi funzionale solo a mantenere la nostra sopravvivenza e il nostro ruolo di gestori della solidarietà.
Forse è il caso di correggere il titolo del post: Continuate così. Fateci del male.
@massimocoencagli – @fundraisingroma
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