Volontariato

Consumo responsabile: Iref, dal 2002 è cresciuto del 7%

Lo rivela una ricerca l'Istituto di ricerche educative e formative delle Acli

di Francesco Agresti

Cresce il numero degli italiani che adottano comportamenti di consumo responsabile: + 7,5% dal 2002 ad oggi, nonostante la difficile situazione economica del nostro Paese e la conseguente, grave, crisi dei consumi. Il consumo cosiddetto ?etico? è praticato da più di un cittadino su tre (36%), mentre un terzo della popolazione (33%) non è interessato a questo fenomeno e un altro terzo (31%) non lo conosce affatto.

Sono i primi dati presentati in conferenza stampa dall?Iref, l?Istituto di ricerche educative e formative delle Acli, contenuti nelle anticipazioni della ricerca «Scegliere il ?bene?», indagine sul consumo responsabile commissionata dalla Fondazione Cariplo e condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 1000 cittadini in età maggiorenne, stratificati secondo le principali variabili socio-anagrafiche. La ricerca si presenta come un approfondimento, a distanza di tre anni, della prima ricognizione esplorativa di questo fenomeno compiuta dall?Iref nel corso del 2002 e pubblicata l?anno successivo nel VIII rapporto sull?Associazionismo Sociale.

I consumatori responsabili sono, in primo luogo, fruitori del commercio equo e solidale (56%). A seguire, in netta crescita rispetto al 2002, coloro che adottano stili di vita sobri (?basati sulla sobrietà del consumo?), che ormai coinvolgono un italiano su due (51%), a dimostrazione di una maggiore consapevolezza delle conseguenze negative di una crescita illimitata dei consumi, in particolare nei confronti dell?ambiente. Cala, invece, di 10 punti percentuali, la pratica del ?boicottaggio? o ?consumo critico? propriamente detto (29%), inteso come selezione dei beni in base ai comportamenti delle imprese produttrici e alle caratteristiche del prodotto. Residuali appaiono le altre forme possibili di consumo responsabile, come il ricorso agli strumenti di finanza etica (2%).

La principale motivazione che induce i cittadini ad adottare comportamenti di consumo responsabile è da ricondurre alla convinzione che ?il consumo ed il risparmio debbono avere un fine sociale? (45%). Ciò indica che le pratiche di consumo ? diffuse soprattutto tra le classi centrali d?età (dai 25 ai 54 anni: quasi il 70%) e localizzate in particolare nel Nord-Ovest del Paese (37%), tra la popolazione più istruita e con reddito medio-alto ? si arricchiscono progressivamente di significati che vanno oltre le categorie economiche del valore d?uso e del valore di scambio degli oggetti. Un?attenzione alla qualità sociale del bene che sembra essere entrata ormai nel dna del consumatore italiano, tanto da non farlo recedere nelle sue abitudini d?acquisto neanche di fronte alle difficoltà derivanti dalla crisi economica in atto nel nostro Paese.

Ma qual è, più in generale, l?atteggiamento dei cittadini italiani verso il consumo in senso lato? Partendo dal campione analizzato, la ricerca dell?Iref individua e propone tre modelli o stili di consumo, tre diverse tipologie di consumatori: i ?tradizionalisti?, i ?narcisisti? e i consumatori ?etici?. La prima tipologia è la più numerosa (47% del campione). I consumatori tradizionalisti sono estremamente concreti: il consumo è per loro essenzialmente ?un modo per procurarsi il necessario?, per soddisfare i bisogni primari di auto-sostentamento, senza cercare in esso altri tipi di motivazioni o gratificazioni. Prezzo, robustezza e facilità d?uso sono gli aspetti del prodotto privilegiati per orientare l?acquisto. Manifesto l?atteggiamento parsimonioso e ?anti-spreco?: gli oggetti già posseduti vanno utilizzati ? o riparati ? anche qualora si disponga del reddito sufficiente per comprarne di nuovi, guardandosi bene dalla pubblicità che, sostanzialmente, ?inganna i consumatori?. Il consumo responsabile è pressoché sconosciuto da questa categoria di consumatori, che comunque non credono nella dimensione sociale del consumo, preoccupati come sono di non riuscire a risparmiare. Preoccupazione più che giustificata da un reddito tendenzialmente basso, ma anche motivata da un?etica del risparmio legata soprattutto all?età: i consumatori tradizionalisti sono infatti per lo più anziani, pensionati, nati e cresciuti durante e immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, che hanno vissuto le privazioni indotte dalla guerra e hanno sviluppato uno spiccato senso della misura e della moderazione nei consumi.

Il secondo stile di consumo è individuabile, secondo l?Iref, nella tipologia dei consumatori ?narcisisti? (37% del campione). Sono coloro che utilizzano i beni soprattutto come strumenti per costruire la propria immagine e trasmetterla agli altri. Per loro il consumo è ?un mezzo per vivere in modo agiato? e, insieme, ?un modo per far vedere la propria posizione sociale?. La marca del prodotto e la sua qualità estetica sono i criteri che orientano l?acquisto, mentre l?unica preoccupazione dichiarata è quella di ?non riuscire a mantenere il (proprio) livello di consumi?. Non stupisce, visto il quadro, il disinteresse dei ?narcisisti? per le pratiche di consumo responsabile (45% contro il 33% del campione).

Il terzo gruppo, infine, è costituito dai consumatori ?etici? (il 16% del campione). Sono lo zoccolo duro di quel 36% di popolazione che adotta pratiche di consumo responsabile. Per loro, infatti, quei comportamenti non sono mai occasionali ma abituali, praticamente esclusivi: una vera e propria controcultura del consumo. Le scelte di acquisto dei consumatori etici derivano da una complessa operazione di valutazione della proprietà e della provenienza del bene: per questo gli intervistati considerano essenziale disporre delle informazioni che consentano di realizzare gli acquisti nel rispetto delle proprie convinzioni, evitando in tal modo di sostenere economicamente un?impresa di cui non si condividono le strategie aziendali o governi antidemocratici.
Per raccogliere queste informazioni utili, il consumatore etico fa ricorso abbondante ai canali offerti dalle nuove tecnologie, Internet soprattutto, nutrendo un?aperta diffidenza verso la pubblicità commerciale, ma anche nei confronti del mercato e delle principali istituzioni economiche
Di fronte ad un mondo della produzione percepito come fonte di problemi ambientali e sociali, la risposta attiva dei consumatori etici consiste nell?adozione dei comportamenti di consumo responsabile; il contenimento degli acquisti (53,9% contro il 18,2% del campione), il consumo critico (49,3% contro il 10,4%), l?acquisto dei prodotti del commercio equo (69,5% contro il 19,9%), e la partecipazione a forme di boicottaggio di un?impresa (50,6% contro il 9,4%), sono stili alternativi di consumo particolarmente diffusi in questo gruppo.
A questo stile di consumo fortemente influenzato dalle istanze etiche, corrisponde, più in generale, uno stile di vita caratterizzato da un forte attivismo civico, che emerge in particolare dal confronto con le altre tipologie di consumatori. Dalla lettura frequente dei quotidiani all?interesse per la politica, che diventa partecipazione attiva soprattutto nelle forme ?alternative? della mobilitazione – manifestazioni di piazza, scioperi autorizzati, ?girotondi? ? e dell?adesione al mondo del non profit (promozione sociale, volontariato, donazioni, collette alimentari). Una nuova immagine del militante politico (l?impegnato post-global) sembra dunque profilarsi da quest?analisi: un cittadino per il quale i comportamenti di consumo responsabile si configurano solo come la variante, sul fronte dei consumi, di un impegno civico intenso e polivalente.

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