Welfare

Consumer power

di Flaviano Zandonai

Lo zenit della retorica sull’impresa sociale lo si raggiunge perorando la causa del coinvolgimento degli utenti all’interno di queste imprese. Utenti che peraltro appaiono sempre più un pluriverso di soggetti che andrebbe mappato con maggiore attenzione per individuare le giuste strategie di “ingaggio”. Guardando, ad esempio, alle modalità di fruizione dei beni e dei servizi (in forma diretta o come beneficiari indiretti) e naturalmente considerando l’apporto in termini di risorse (dal cliente “nudo e crudo” che paga fronte fattura per il servizio acquistato, all’utente che cofinanzia attraverso un voucher fornito dalla Pubblica Amministrazione, fino alle forme di contribuzione in kind alla produzione del bene attraverso la fornitura “di opere e di servizi”: volontariato, risorse donative, strutturali, ecc.). La questione è così rilevante che in Inghilterra la dirigenza dell’impresa sociale vuole mettere il “consumer power” al centro della propria strategia. Non solo perché in quel paese – come anche nel nostro peraltro – le transazioni di mercato con i privati cittadini generano una quota di risorse crescente per le imprese sociali. Ma anche perché attraverso un rapporto chiaro e trasparente con questi stessi soggetti passa buona parte della reputazione e della legittimazione sostanziale delle imprese sociali. Su quest’ultimo punto giunge a fagiolo un’indagine semplice semplice sulla rappresentazione dell’opinione pubblica inglese sull’impresa sociale. Dati contraddittori, e per questo interessanti: 1) solo 1/3 dei rispondenti dichiara di non sapere cosa sia un’impresa sociale; 2) una stessa percentuale afferma che si tratta di un modello imprenditoriale attento alle ricadute sociali ed ambientali della propria attività; 3) solo una piccola parte (15% circa) confonde l’impresa sociale con un’organizzazione non profit qualsiasi; 4) una volta spiegato a tutti i rispondenti che cos’è un’impresa sociale il 44% si dichiara disponibile a comprare beni e servizi da queste imprese piuttosto che da quelle for profit; 5) in ogni caso una parte significativa – 29% – dichiara di non aver fiducia in un’impresa sociale che gestisce servizi pubblici. In poche parole, l’indagine certifica che attraverso l’intermediazione delle gare d’appalto pubbliche non è possibile realizzare un autentico empowerment dei consumatori nell’impresa sociale. Serve un confronto diretto rispetto a contenuti, qualità e modalità di produzione e fruizione dei beni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA