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Consiglio Nazionale per la cooperazione allo sviluppo: il J’accuse di Nino Sergi
Un'agenda vuota, un dibattito fuori luogo, e l'attesa di un viceministro che non arriva mai. La seconda riunione del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs) che si è tenuta presso la Farnesina lo scorso mercoledì 9 dicembre lascia molto perplesso il fondatore dell'ONG Intersos, Nino Sergi. Un sentimento condiviso da molte ONG.
di Nino Sergi
Il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Cncs) si è riunito presso la Farnesina lo scorso mercoledì 9 dicembre su convocazione del viceministro della cooperazione allo sviluppo che l’ha presieduto, coadiuvato dal direttore generale della Dgcs e dalla direttrice della nuova Agenzia, appena nominata. Il viceministro ha attentamente ascoltato gli articolati pareri espressi dai consiglieri sui vari punti all’ordine del giorno, intervenendo nel ricco e coinvolgente dibattito, e ha quindi disposto che il verbale della seduta sia inviato alle Commissioni parlamentari competenti.
Quanto si è fin qui letto è solo frutto della fantasia, del forte desiderio di vedere attuato quel nuovo modo di concepire la cooperazione allo sviluppo e le relative modalità attuative che tutti – ampia società civile, attori della cooperazione allo sviluppo, politici e parlamentari – hanno per anni approfondito fino a trovare quel massimo consenso che è stato tradotto nei 34 articoli della legge 125/2014 che segnano un chiaro spartiacque rispetto al passato.
Il Cncs è stato sì convocato, ma senza previa documentazione, tranne un breve appunto circolato giorni prima che riprendeva i suggerimenti sulla sua articolazione in gruppi di lavoro.
Nino Sergi, Fondatore di Intersos
Stando alle varie testimonianze raccolte, la realtà è stata ben diversa. Il Cncs è stato sì convocato, ma senza previa documentazione, tranne un breve appunto circolato giorni prima che riprendeva i suggerimenti sulla sua articolazione in gruppi di lavoro. Eppure l’ordine del giorno prevedeva temi non da poco: l’informativa sullo stato della riforma e un dibattito sul tema migrazioni e sviluppo, oltre alla delibera istitutiva dei gruppi di lavoro. Nelle tre ore di riunione, sembrate interminabili, si sono susseguite relazioni sul tema delle migrazioni (con lievi e quasi impercettibili cenni al nesso migrazioni-sviluppo) con i consiglieri obbligati ad ascoltare come fossero in un seminario per principianti. Impossibile anche affrontare gli altri punti, se non di sfuggita e quindi senza alcun approfondimento a chiusura della riunione: i gruppi di lavoro sono istituiti ma viene rimandata la necessaria discussione sul loro funzionamento; l’istituzione dell’Agenzia sta procedendo ed è già pronta la bozza dei decreti che sarà presentata alla valutazione della direttrice.
Il ministro Gentiloni ha lasciato subito la sala, dopo i pochi minuti di apertura dei lavori nei quali ha evidenziato cose abbastanza note al Cncs: il rilancio del ruolo strategico della cooperazione allo sviluppo, con un aumento delle risorse di 125 milioni nel 2016, di 240 nel 2017 e di 360 per il 2018; il completamento della riforma che proietterà la cooperazione verso il futuro; la nomina di Laura Frigenti quale direttrice dell’Agenzia, dopo una trasparente e attenta procedura di selezione; l’impegno italiano di 10 milioni per il fondo fiduciario europeo finalizzato ad affrontare le cause delle migrazioni in Africa. La gestione della riunione è così toccata al sottosegretario Della Vedova, persona valida e competente in tanti campi, tranne che in cooperazione allo sviluppo, come onestamente ammette.
Quanto al viceministro, si sono sentite solo autorevoli ripetizioni di quanto da ben cinque mesi si va autorevolmente dicendo: “presto sarà nominato”. In barba al legislatore che l’ha voluto come primo attore nell’attuazione della riforma.
I consiglieri si sono dimostrati persone per bene: hanno ascoltato con pazienza, anche se un po’ sbalorditi per l’inatteso seminario, probabilmente rimandando azioni eclatanti alla prossima riunione di questo genere, se mai dovesse ripetersi.
E’ da ricordare che i cinquanta componenti del Cncs rappresentano i principali soggetti pubblici e privati, profit e non profit, della cooperazione internazionale allo sviluppo, ivi inclusi la presidenza del Consiglio dei ministri e i dieci ministeri maggiormente coinvolti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le principali reti di organizzazioni della società civile di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario, le università, il volontariato.
Essi sono chiamati (artt. 12 e 16, Legge 125/2014) ad “esprimere pareri sulle materie attinenti la cooperazione allo sviluppo ed in particolare sulla coerenza delle scelte politiche, sulle strategie, sulle linee di indirizzo, sulla programmazione, sulle forme di intervento, sulla loro efficacia, sulla valutazione”, oltre che “sullo schema del documento triennale di programmazione e di indirizzo” e (Art. 3, DM 1102/714bis, 28.11.2014) ad esprimere “raccomandazioni” sulle stesse materie.
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