Mondo

Congo, urne piene ma basterà?

Il voto in Rdc/ A 46 anni dall'indipendenza e dopo una lunga guerra il paese imbocca la via democratica. Il rischio è che non tutti accettino il verdetto

di Joshua Massarenti

E ora qualcuno in Darfur, Costa d?Avorio o Somalia dovrà seriamente riflettere sull?impresa della Repubblica democratica del Congo. Allorquando tutti si aspettavano frodi massicce e disordini sanguinosi, le prime elezioni libere e democratiche della storia del paese africano si sono svolte in maniera ordinata e senza incidenti. «Un piccolo miracolo», ha dichiarato il numero due della Missione Onu in Rdc, Ross Moutain. Ma di miracolo tout-court dovremmo parlare se si pensa all?enorme clima di tensione alla vigilia elettorale e alle sfide logistiche colossali di un paese senza infrastrutture. Dopo cinque anni di guerra civile (1998-2003) e altri tre di transizione, oltre 25,6 milioni di aventi diritto si sono presentati negli uffici elettorali per eleggere un presidente e 500 parlamentari. Il numero spropositato di candidati ha creato non poca agitazione tra gli elettori, spesso a confronto con schede elettorali grandi come manifesti. Ma tutto è filato liscio. Ora i congolesi e la comunità internazionale sono in attesa dei risultati. L?annuncio definitivo per il primo turno delle presidenziali è previsto per il 31 agosto, dopo di che si tornerà al voto il 29 ottobre per eleggere i deputati provinciali. Il favorito rimane il presidente uscente Joseph Kabila, tallonato dall?ex vice presidente Jean-Pierre Bemba e dall?ex governatore della Banca centrale Pierre Pay Pay. «Tutti temono la reazione dei leader politici all?annuncio dei risultati», ammonisce Yves Laplume, direttore di Radio Okapi. «C?è purtroppo il rischio che alcuni di loro non accettino il verdetto e riprendano le armi». C?è da augurarsi il contrario. (J. M.)


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