Cultura

Congo. “Perché resto qui”. Parla il missionario rapito

La lettera del religioso siciliano che è rimasto per cinque giorni prigioniero dei ribelli in Congo

di Redazione

Ecco il testo della lettera di padre Francesco Laudani, missionario in Congo, rapito dai ribelli e poi rilasciato Amici carissimi, viviamo dentro una guerra, siamo “sul fronte”, la gente all’arrivo di nuovi militari si rifugia e porta le sue poche- essenziali masserizie in foresta, eppure hanno il coraggio di presentarsi come “liberatori”. Un pugno di ragazzi-banditi, fannulloni, racimolati chissà dove, dotati di un fucile, non pagati, drogati, vengono scaraventati sul luogo di combattimento. Dal momento in cui hanno poggiato il piede a terra hanno cominciato la loro corsa, rovinosa come un uragano, per ritornare “fuggendo” a piedi, per centinaia di Km, da dove erano partiti. Questo si vive oggi nella Repubblica democratica del Congo, attraverso la line Kisangani – Wamba – Isiro – Mungbere -Watsa, l’Est del paese. Si aggiunge a Bunia la carneficina tra due tribù (Hema – Lendu), Come se già non bastasse quello che bolle in pentola. Più a Sud, a Goma, ci si mette anche l’eruzione del vulcano che inghiotte le città. Eppure si parla di “dialogo” per la fine di questo mese di Febbraio, si riparla di “Simposio della Pace: Anch’io a Butembo’ ” per arricchire di bla bla bla i giornali e le TV mondiali. Intanto salta la scuola, si aggrava la miseria e lo stretto necessario per la gente, si sprofonda sempre più in basso. C’è sotto una politica che schiaccia come un compressore tutto il Congo: “Il Congo dev’essere diviso – smembrato, che lo vogliano o no i congolesi” E cosa strana, proprio i capi dei diversi partiti armati “per un NUOVO Congo” sono tutti caduti in trappola. Nessuno di loro cerca il bene della popolazione congolese, ma ciascuno mira ad accapararsi il “potere” e le ricchezze (specie del sottosuolo: oro, diamanti) trasferite “altrove” o impiegate in armi, mentre il popolo giace senza comunicazioni (non ci sono strade), senza ospedali e medicine, senza scuola,senza ideali. Questa la cosa più grave: prima sotto Mobutu, dal 1996 ad oggi sotto due guerre, le nuove generazioni “assimilano quello che vedono” senza rendersene conto, e così abbiamo dei giovani “avvelenati” senza possibilità domani di un avvenire migliore per il Paese. Dei militari “fuggiaschi” hanno lasciato a Mungbere un morto “nudo”, per rubargli il vestito nuovo che indossava mentre lo portavano a sepoltura! Capanne bruciate perchè non hanno trovato niente dentro. A M’bere una settimana di “passaggio” per “una ripulita a scelta” in ogni stanza della missione, botteghe svuotate, e altre cose che capitano in questi frangenti ma che “non si possono dire”! Mi trovavo dal 7 Dicembre in visita agli accampamenti pigmei di Nduye-Mambasa: impossibile ritornare a Wamba per metà Gennaio. La strada è bloccata dai militari in fuga. Una delle macchine rubate l’hanno ingaggiata sulla strada di Nduye, che noi facciamo solo in moto! Hanno dovuto costringere la gente trovata per riparare i ponti: 140 Km in 5 giorni. Passata la bufera, per fortuna abbiamo recuperata la macchina, ormai un rottame, per riportarla, attraverso l’unica strada possibile, di nuovo a M’bere: in tre giorni di fatiche. Lungo la strada non c’era più anima viva, solo su gli alberi gli scimmioni che neppure scappavano. Anche la mia Land-Rover è stata rubata, ma ci sono andato più fortunato: è stata recuperata in buono stato (soltanto 3.000 Km in più) dal fratello di M’bere che ha dovuto accompagnare i militari verso il nord-est, ad Aru. Grazie a Dio. Mi chiederete: ma cosa ci state a fare ancora? E’ quì la ragione profonda della nostra presenza.Il fatto di essere con la gente, di richiamare i pigmei a ritornare ai villaggi per continuare la scuola per i loro bambini, ricominciare le attività. come se nulla fosse successo; questo fa rinascere la “Speranza” Questa testimonianza-impegno è il “controveleno” ai falsi ideali che “bevono” i ragazzi, nella situazione che vivono! Certe ORG. si ritirano a motivo dell’insicurezza, o ritirano gli aiuti a rischio dello spreco! noi invece stiamo facendo mattoni, per preparare 4 aule e un piccolo locale per accogliere i bambini pigmei a Nduye, date le distanze, per fare così frequentare loro la scuola. A Epulu vogliamo mettere il tetto di lamiera a quattro classi elementari che i genitori pigmei stanno costruendo: dopo Pasqua cominceremo i corsi per circa 200 bambini pigmei non scolarizzati. Proprio qui intanto arrivano mille militari per il contrattacco. Quali illusioni! Quale crudeltà di chi dirige questi “imbrogli”, che la povera gente paga sulla propria pelle. A quando una vera “LIBERAZIONE” duratura che riporti il Congo “in piedi” come dice l’inno nazionale, costruire la Pace nella dignità e nel rispetto, nella giustizia e nel perdono-riconciliazione? Non stancatevi, cari amici, e non siate pessimisti aspettando di vedere i risultati dei vostri sacrifici. grazie per tutto quello che continuate a fare per i nostri fratelli pigmei. Noi siamo ancora qui perche crediamo in Colui che può darci la Pace e la Liberazione vera; e questa vogliamo costruire con la nostra presenza e la nostra opera in mezzo a chi soffre; per voi sarà lo stesso nel vostro ambiente; diamoci sotto! Siamo operatori di Speranza e di Pace. Vostro aff.mo Padre Francesco, 5 gennaio 2003


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