Mondo

Congo: missione di pace della società civile

Duecentocinquanta europei pronti a partire per un'azione di pace nella Republica democratica del Congo

di Emanuela Citterio

Si stanno preparando a partire per l’Africa in questi giorni, i partecipanti dell’azione di pace “Anch’io a Kisangani”, che si terrà dal 22 al 27 maggio. Destinazione: Repubblica democraticea del Congo. Scopo: dare una testimonianza di pace in un Paese che sta cercando di uscire da anni di guerra combattuta al suo interno da gruppi di potere e altri Stati per accaparrarsi le risorse di uno dei Paesi potenzialmente più ricchi del continente.
Sono professionisti, studenti, casalinghe, missionari, consulenti informatici, disoccupati, pubblicitari, agricoltori. In tutto 250 persone, quasi tutte di nazionalità italiana, provenienti da 55 città. Ad accompagnarli ci sarà anche Mons. Luigi Bettazzi, già Vescovo di Ivrea e presidente di Pax Christi. L’iniziativa è sostenuta da un cartello di associazioni (Beati i Costruttori di Pace, Break the Silence, Chiama l’Africa, Agesci, Emmaus, Gavci, Pax Christi, Missionari/e Comboniani, Dehoniani, Saveriani, Consolata, Pime).
Durante la permanenza nella Repubblica democratica del Congo, sono previsti incontri con rappresentanti della società civile locale, per sostenere ogni sforzo di chi lavora per la pace.
A livello istituzionale, il dialogo intracongolese – che si era aperto a Sun City (Sudafrica) il 25 febbraio – si è concluso infatti venerdì scorso solo con un accordo parziale tra il governo di Kinshasa e il Movimento di Liberazione del Congo, nel quale sperava tutta la popolazione. I 350 delegati di tutte le principali fazioni e della società civile hanno lavorato per 45 giorni, ma non sono riusciti, nonostante l’impegno del presidente Sudafricano Thabo Mbeki e del mediatore ufficiale Ketumile Masire, a mettere d’accordo tutti e tre i tre belligeranti principali: il governo di Kinshasa, il Mlc) e la Coalizione democratica congolese (Rcd-Goma).
“Appena conclusi i lavori sono invece continuate le ostilità in alcune aree nel Nord-est del paese” fanno sapere gli organizzatori di “Anch’io a Kisangani “mentre aggressioni alla popolazione continuano nel sud Kivu. Il clima, già di grande insicurezza per la popolazione, potrebbe quindi diventare quello del “tutti contro tutti” e fra alcuni osservatori c’è già il timore che si possa giungere anche a una fase più cruenta della guerra, iniziata il 2 agosto ’98, appena 14 mesi dopo la conclusione della prima guerra che portò al potere a Kinshasa Laurent Désiré Kabila”.
Una guerra, quella in atto adesso, che coinvolge ben 6 stati africani (Rep.Dem.Congo, Rwanda, Burundi, Uganda, Angola, Zimbabwe), e che, secondo  stime dell’organismo statunitense International Rescue Committee, dall’agosto ’98 all’aprile 2001 ha causato nell’Est della R.D.Congo due milioni e mezzo di morti. Il massacro delle popolazioni civili è legato, da qualsiasi parte si osservi questo conflitto, al  controllo e allo sfruttamento, in un clima da Far West, delle ingenti risorse (diamanti, oro, coltan, legname) di un’area ricca di materie prime ma la cui popolazione è paradossalmente e incredibilmente povera.
“Molte persone in Congo, tuttavia, senza che l’Occidente se ne accorga, da tempo lavorano per la pace” sice il comunicato delle associazioni italiane “la società civile congolese, pur stremata, continua ad impegnarsi nella ricerca di soluzioni politiche anziché militari e ha condotto campagne di mobilitazione nel paese e presso la comunità internazionale. L’ultima, il 29 marzo, ha visto le donne del Katanga, e di Lubumbashi in particolare, impegnate in una marcia silenziosa nel corso della quale hanno lanciato un messaggio per chiedere all’Onu di vegliare sull’attuazione delle risoluzioni prese, e a tutte le parti “di pensare alla sofferenza dei loro fratelli e alla ingiusta morte loro inflitta”. 

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