Volontariato

Congo: la povertà uccide più della guerra

Un'indagine di Medici Senza Frontiere rivela che in tre aree su cinque la mortalità raggiunge livelli da "catastrofe umanitaria".

di Chiara Brusini

La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire, ha vissuto una tremenda guerra civile durata cinque anni ed ufficialmente conclusasi (molte ancora le ‘code’, che solo oggi hanno provocato la morte di 27 miliziani nell’Ituri) nel luglio del 2003, dopo aver causato circa quattro milioni di morti. Ma una drammatica indagine svolta sul campo da Medici senza Frontiere (Msf) rivela che la poverta’ uccide piu’ della stessa guerra. I dati emergono da uno studio effettuato in cinque aree del Congo, situate in quattro diverse regioni. In tre di esse sempre Msf aveva svolto indagini analoghe nel 2001, in pieno conflitto. Ebbene, il risultato e’ che per quanto riguarda gli indicatori sanitari la situazione odierna, ad oltre due anni dalla fine ufficiale della guerra, e’ peggiorata, e non solo nelle zone dove ancora si combatte, mentre il tasso di mortalita’ viene definito ”catastrofico”. La grande maggioranza delle vittime soffrono e muoiono di malattie infettive come malaria, infezioni respiratorie e diarree. Tutte patologie evitabili, ma che richiedono cure. Ed e’ questo il punto: le cure. Di fatto, non raggiungono neanche un malato su due: secondo il rapporto tra il 45 ed il 67 per cento delle persone intervistate non ha accesso ad alcuna assistenza medica di base. Non solo per assoluta mancanza di strutture e strumenti (il sistema sanitario e’ completamente al collasso, manca anche l’assolutamente indispensabile), ma anche perche’ per curarsi, se viene trovato un posto utile in cui farlo – anche le distanze sono enormi, ed i mezzi di trasporto di fatto inesistenti – i pazienti debbono pagare, seppur poco. Ma anche quel poco non puo’ essere affrontato da una popolazione che in larga misura deve sopravvivere con circa 30 centesimi di dollaro al giorno. ”Anche un ticket estremamente basso – spiega Meinie Nicolai, direttrice delle operazioni di Msf per i Grandi Laghi – costituisce una barriera insormontabile”. Per cui si muore, come mosche: ed ecco il catastrofico tasso di mortalita’. Le cifre sono impressionanti. Secondo i parametri medici, il tasso di mortalita’ detto ‘crudo’ per la popolazione stabile in un paese in via di sviluppo e’ di 0,5 per 10.000 persone al giorno, 0,3 nei paesi industrializzati. Se la percentuale supera l’uno per cento, sempre su 10.000 al giorno, si parla di stato di emergenza, sopra il due la valutazione e’ ”catastrofe umanitaria”. Ebbene, questi i risultati in tre delle aree indagate da Msf: nell’Inongo (regione del Bandundu) il tasso di mortalita’ quotidiana sempre su 10.000 persone e’ di 2,2; nel Basankusu (regione Equatore) di 2,3; nel Lubutu (area di Maniema) di 3,4. Disperato grido di allarme, dunque, per una situazione disperata. Mentre il governo unitario di transizione nazionale non è mai del tutto decollato, e spesso scricchiola paurosamente, ampie zone del Paese (non a caso le piu’ ricche di materie prime, in particolare il nord Est) sono ancora ben lungi dall’essere pacificate. Malgrado la massiccia presenza dei caschi blu dell’Onu: quella del Congo e’ la piu’ grande missione delle Nazioni Unite, con 16.700 peacekeepers. Che pero’ paiono incidere ben poco.


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