Welfare

Congo, la pace fuorilegge

Laurent-Desiré Kabila, sta terrorizzando intellettuali e volontari, funzionari Onu e missionari, giornalisti e politici. La più importante associazione locale per i diritti dell’uomo è appena stata s

di Paolo Giovannelli

Diritti umani sempre più a rischio nella Repubblica Democratica del Congo, ex-Zaire. E con essi anche la vita di chi, in condizioni da coprifuoco, opera per ridar vita al Paese. Congolesi o stranieri, intellettuali o volontari delle ong, funzionari Onu o missionari: tutti perseguitati dalla polizia del nuovo uomo forte Laurent-Desiré Kabila. Che è il primo a farsi beffe della ?luminosa democrazia? da lui stesso promessa.
Esempi? Il 3 aprile il ministro della Giustizia, Mwenze Kongolo, ha messo fuorilegge l?Associazione zairese per la difesa dei diritti dell?uomo (Azadho). Fondata nella regione orientale del Kivu, l?Azadho conta intellettuali, professionisti e gente comune già oppositori al dittatore Mobutu Sese Seko, cacciato da Kabila. Ora l?Azadho deve subire le ire anche del ?Liberatore? – l?altisonante appellativo che si dà il nuovo leader – in quanto giudicata poco nazionalistica. Il verdetto non lascia scampo ai suoi membri: «Non obbiettivi, finanziati da Paesi stranieri, rei di non aver fatto sparire dall?acronimo la parola ?zairese?». Da cancellare, insomma.
A Kinshasa, i responsabili del Comitato per i diritti dell?Uomo ?Adesso!? (composto dalle associazioni congolesi di volontariato La voce dei senza voce, Cddh, Lega per i diritti umani, Gruppo Amos, Lega degli elettori e Toghe nere oltre che dall?Azadho) denunciano «l?accanimento del governo nei confronti delle ong di difesa dei diritti umani» (costrette peraltro a ?registrarsi?) accanto al veto ai partiti di svolgere attività politiche e all?arresto o al confino per numerosi politici e direttori di giornali. «Ma noi continueremo», aggiungono, «a ogni costo». Nel frattempo, proprio il presidente della ?Voce dei senza voce? è percosso a sangue, in casa sua, di notte, da un manipolo di soldati.
L?Onu, intanto, ritira i propri investigatori sui crimini di guerra (fra la fine del ?96 e il maggio ?97 sembra siano stati massacrati almeno 180 mila rifugiati hutu ruandesi, durante l?avanzata delle milizie di Kabila verso la capitale Kinshasa) e paragona Kabila a Mobutu. La ragione? Un funzionario Onu sequestrato dalla polizia congolese. Non è un complimento. I ?bravi? di Kabila, però, si superano: prima di Pasqua, assassinano la suora belga Anne Desrumeux. Faceva l?infermiera. le sue consorelle, le ?Soeurs de la Charité de Heule?, fuggono dalla Repubblica democratica del Congo. E il vescovo di Kananga bolla il crimine come palese attacco alla Chiesa.
Afferma il comboniano Alessandro Guarda, missionario veterano dell?ex-Zaire: «Ciò che impressiona è che la vita continua a non aver senso. I militari di Mobutu razziavano tutto, ma ora la polizia si accanisce fisicamente contro chi viene ?denunciato?, diffondendo nel Paese una sete di giustizialismo». I comboniani, una settantina, sono a Isiro, Kisangani e Kinshasa. Lavorano su settori allo sbando, scuola e sanità: a Rungu, con il Coe, gestiscono un ospedale.
I volontari non se la passano meglio dei missionari: nei mesi scorsi, l?americana Care e la britannica Oxfam abbandonano il Kivu. Poca sicurezza. Gli italiani, che fanno ancora la spola con il Congo-Kinshasa, preferiscono non fare dichiarazioni esplicite su Kabila e i suoi metodi. Troppi rischi. Ennio Miccoli, di Cooperazione internazionale (Coopi): «Per i nostri cinque operatori non temiamo particolari problemi. Continuiamo a ristrutturare edifici di pubblica utilità a Bukavu, mentre a Uvira assistiamo 300 bambini ruandesi, burundesi e congolesi che in guerra hanno perso il contatto coi genitori». Gli fa eco Stefano Calabretta, di InterSos nell?ex-Zaire: «Tutto bene. Il nostro personale sta realizzando un ambulatorio per la maternità».
E il dramma degli ?scomparsi?? Il più eccellente è Etienne Tshisekedi, già incarcerato da Mobutu. Diciassette anni di opposizione per nulla: catturato il 12 febbraio dalle truppe di Kabila non si trova più, come molti altri. «Il problema è gravissimo», commenta il direttore di ?Missione Oggi?, il saveriano Meo Elia. «Anche i nostri 70 missionari sono sempre più cauti nel parlare. Per ora, grazie a Dio, non sono stati presi di mira».

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