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CONFLITTI. Quando la cucina etnica disturba il vicino

In aumento i conflitti tra condomini causati dagli odori della gastronomia etnica. Lo segnala l'Anammi, associazione degli amministratori d'immobili

di Redazione

Italiani sempre più intolleranti nei confronti della cucina etnica. Lo sottolinea l’Anammi, l’Associazione nazional-europea degli amministratori d’immobili, che nell’ultimo anno ha visto crescere le segnalazioni di liti tra condòmini legate ai forti odori delle spezie utilizzate dagli immigrati. “Non è un semplice fatto di colore”, avverte Giuseppe Bica, presidente dell’Anammi, “ma un problema assai serio, anche se con risvolti grotteschi”.

Stando ai dati dell’associazione, le liti di condominio legate alle cosiddette ‘immissioni’ sono le più frequenti: il 27% sul totale annuo delle diatribe condominiali. E di recente, secondo la stessa Anammi, gli episodi di questo genere si sono moltiplicati. Di quella stessa percentuale, oggi, la lamentela da cucina etnica, spesso seguita dall’esposto alla pubblica autorità, rappresenta il 16%. “Il caso più classico”, spiega Bica, “è quello del gruppo di condomini che si lamenta per il forte odore di cucina orientale”. L’inquilino responsabile, il più delle volte, si difende così: “Voi avete il soffritto, io il pollo al curry”. Non a caso, l’80% delle liti di stampo etnico-culinario coinvolgono immigrati di origine asiatica (India, Bangladesh e Pakistan), seguiti alla distanza dai cinesi (15%) e da stranieri del Maghreb (in particolare Tunisia e Marocco).

“Il punto”, chiarisce il presidente dell’Anammi, “è chi ha ragione. Secondo l’articolo 844 del Codice Civile, l’immissione non può essere impedita a meno che non superi la normale tollerabilità, rilevata nel contesto di riferimento”. In altre parole l’odore di fritto che arriva dalla rosticceria sotto casa è da evitarsi, non così, invece, un aroma, anche molto forte, di origine gastronomica. “La stessa tollerabilità di un odore è assai difficile da quantificare. Come faccio a definire intollerabile un aroma di cucina, se per giunta non configura un danno per la salute o per il decoro?”. Insomma, osserva Bica, “se si accetta la zaffata di soffritto o di broccoli nell’atrio, perché non quella di pollo al curry?”.

Nell’ottica di favorire la conciliazione in condominio, l’Anammi suggerisce il controllo dell’impianto di aerazione che, se ben funzionante, attutisce gli aromi più forti. “Il che però non blocca del tutto un odore speziato”, riprende Bica. L’amministratore dell’immobile deve tentare in tutti i modi la via del dialogo, anche ricorrendo a qualche stratagemma. “Ad esempio, una cena etnica tra condòmini, un giro nella cucina della famiglia di immigrati, in modo da far capire che in quel posto non succede nulla di strano. E’ un modo per superare la barriera tra due mondi”.

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