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Confische infinite

Beni sequestrati. Lungaggini burocratiche e mancanza di fondi: il caso Napoli

di Redazione

Una settantina di immobili per un valore superiore ai 3 milioni di euro. Appartamenti e locali che, sottratti alle più note famiglie camorriste grazie alla legge Rognoni-La Torre, dovrebbero ritornare alla comunità di Napoli sotto forma di strutture e servizi sociali. Il condizionale è d?obbligo perché, nonostante il ruolo attivo del Comune, il processo appare ancora lungo e tortuoso. Lo sanno bene le 80 associazioni iscritte all?albo appositamente creato dal Comune, che spesso si trovano a gestire immobili in pessime condizioni strutturali, frutto di anni di abbandono e azioni di vandalismo degli stessi camorristi processati e condannati. E che spesso devono rassegnarsi a tempi lunghissimi prima di vedersi assegnato un locale. Solo nel Comune di Napoli sono quasi il 30% del totale gli immobili parcheggiati per mancanza di fondi disponibili per la ristrutturazione o a causa di pendenze giudiziarie. In tutta Italia si raggiunge quota 3mila casi se si considerano anche i ritardi di consegna dell?Agenzia del Demanio. Il caso dell?Umpis – Cooperativa Il Camper, che dal 2000 collabora con il Comune di Napoli per il supporto ai senza fissa dimora, è un esempio illuminante. Dopo anni di nomadismo, l?associazione potrà contare su un appartamento di 70 metri quadrati, al secondo piano di un edificio in pieno centro. Un immobile confiscato nel 1998 e però assegnato solo nel maggio del 2005, dopo essere stato per anni affittato dalla moglie dello stesso camorrista a extracomunitari costretti a vivere in condizioni disumane. Tra quelle mura nascerà un centro di coordinamento per i senza fissa dimora. Ma ci sarà da aspettare ancora qualche mese: colpa proprio della condizione strutturale dell?immobile, che ha reso necessari lavori sui muri portanti. Consegna congelata, invece, per l?abitazione destinata all?associazione Rinascita Sociale Salam House, dal 1993 impegnata nel campo dell?immigrazione. Poco meno di 60 metri quadrati, in una palazzina a due passi dalla Stazione centrale. Un covo delle Brigate Rosse, confiscato nel 1984 e affidato all?associazione soltanto nell?agosto 2005, dopo anni di abbandono. L?appartamento, destinato a diventare un centro di aggregazione ludica per minori, è ancora nelle mani del Comune, che ha bloccato la consegna per il cedimento improvviso del solaio. Un caso limite? Non proprio. Spesso il pessimo stato dell?immobile ha comportato la stessa modifica del progetto. «Avevamo bisogno di una grossa struttura per l?accoglienza notturna», racconta Graziella Lussu, coordinatrice del servizio pronto intervento per l?Umpis, «ma abbiamo visionato 4 o 5 alternative, tutte in condizioni pietose, per poi orientarci verso un piccolo appartamento da usare come centro di coordinamento. Ridimensionando il progetto originario». Il problema? I fondi, naturalmente. Spiega Ferdinando Balzamo, assessore al Patrimonio del Comune di Napoli: «Per la verità la legge 109/96 parla di un fondo per la gestione degli immobili, ma allo stato attuale non ci è stato ancora comunicato nulla, non si sa nemmeno se è stato costituito. Così spesso dobbiamo gravare sulle stesse associazioni assegnatarie». Oppure attingere direttamente dal bilancio comunale. Anche perché vendere le strutture è impossibile e – in ogni caso – rischioso, poiché, spiega Balzamo, «l?immobile può ritornare al camorrista, coperto da un prestanome in regola». Per fortuna le cose possono essere più semplici: «In diversi casi siamo riusciti a consegnare immobili quasi perfetti, per i quali sono bastati banalissimi lavori», aggiunge Balzamo. È il caso, per esempio, di tre appartamenti e un locale nel quartiere Fuorigrotta, che il Comune ha utilizzato come centro del Servizio contrasto nuove povertà e rete delle emergenze sociali. Oltre 300 metri quadrati, un tempo regno di Pupetta Maresca, famosa per avere ucciso davanti alla stazione di Napoli Antonio Esposito, killer del marito. In questo caso i locali sono arrivati in ottimo stato, ma ci sono voluti 20 anni per arrivare al risultato, visto che la confisca risale al 1984. La Maresca, infatti, ha resistito ad oltranza allo sgombero, con ogni mezzo legale. Lo stesso fanno altri camorristi (ma anche rispettabilissimi cittadini in affitto), per esempio impugnando i provvedimenti di confisca davanti al Tar. I ritardi, per di più, sono già a monte del procedimento, nella fase di consegna da parte del Demanio. In media una decina di anni, con punte di 20, come nel caso di Fuorigrotta. Colpa delle lungaggini dei processi a carico dei camorristi e di quelle burocratiche nell?iter di richiesta del parere a Comuni e prefetti. Roberto De Masi, assessore alla Politiche sociali del Comune di Napoli, prova a dare la sua spiegazione: «Manca un vero coordinamento tra Demanio, Prefettura e autorità giudiziaria. Credo che la soluzione possa essere l?istituzione di una conferenza di servizio tra tutti i soggetti coinvolti. Una o due sedute al massimo in cui ci si mette d?accordo su esigenze, offerte e soluzione di eventuali problemi. Così potremmo risparmiare inutili perdite di tempo. Quindi ben venga la recente proposta di istituire una speciale agenzia distaccata dal Demanio che possa coordinare tutto il processo; l?importante è che ci sia l?impegno da parte di tutti per responsabilizzare le amministrazioni nel ridare alla comunità ciò che la malavita le ha sottratto». di Luca Zanfei La norma Terzo settore: diritti e doveri La legge 675/67 e soprattutto la 106/96 regolano la funzione e il ruolo di tutti i soggetti coinvolti nel processo di destinazione dei beni confiscati alla mafia. Il terzo settore interviene solo a conclusione di tale processo. L?ufficio Politiche sociali di ogni Comune istituisce un bando di concorso finalizzato alla creazione di un apposito albo, una graduatoria che premia tutti gli organismi che hanno collaborato, a stretto contatto con il Comune, nell?ambito degli interventi a supporto di minori, tossicodipendenti, anziani, immigrati e senza fissa dimora. Le associazioni devono presentare un progetto che coinvolga attivamente il territorio. Potranno quindi scegliere tra gli immobili offerti dal Comune e provvedere di tasca propria all?eventuale ristrutturazione e alla successiva manutenzione. L?assessorato alle Politiche sociali verifica annualmente la reale efficacia del progetto. In caso di insuccesso, l?associazione è obbligata a restituire il bene al Comune.


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