Volontariato

Conf: “Sì a federazione coop, ma con condizioni”

Luigi Marino, presidente di Confcooperative, risponde alle aperture di Legacoop

di Redazione

Giuliano Poletti, numero uno di Legacoop, lancia segnali di alleanza tra le centrali italiane. E trova una sponda nel “collega” Luigi Marino, alla guida di Confcooperative, che si dice d’accordo, ma fissa alcune condizioni per dare slancio al dialogo unitario.

“La strada della federazione unica – scrive il presidente Marino in un comunicato – è un dovere che abbiamo nei confronti del modello cooperativo che coniuga i valori dell?impresa, dell?uomo, della mutualità e della solidarietà”. E poi però precisa : “Ci sono però delle condizioni perché, come si suol dire, vale più la pratica che la grammatica. Occorre smarcarsi dalle tesi riproposte di continuo dalle forze anticooperative, cioè quelle di vischiosità e contiguità tra giunte e coop rosse.  Occorre dialogare senza indossare casacche monocolore con i governi espressi dal paese così come è nel ruolo di ogni associazione datoriale”.

“Tutto ciò – prosegue il leader di Confcooperative – è necessario se vogliamo dar vita a un processo federativo-unitario che non puzzi di moda. Deve essere un processo completamente diverso dal partito democratico. Noi dobbiamo farlo in modo diverso per rivendicare la nostra autonomia, i nostri valori. Basta, quindi, con la distinzione tra coop bianche e rosse. Basta con le distinzioni tra piccole, medie e grandi cooperative com?è nelle convinzioni di taluni economisti che vedrebbero la cooperativa e la mutualità solo nelle piccole dimensioni, mentre trasformerebbero in società lucrative le cooperative di maggiori dimensioni”.
Marino ha poi chiesto al governo di ?impegnarsi in modo pieno e assoluto? a difesa della cooperazione italiana rispetto al ricorso presentato a Bruxelles sulla presunta posizione di vantaggio della cooperazione di consumo. Se Bruxelles accogliesse il ricorso sarebbe il tracollo per la cooperazione italiana, se ne annullerebbe l?unica specificità rimasta lasciando in essere solo i vincoli di una riforma che però è stata realizzata in modo bipartisan da un Parlamento sovrano, mentre a Bruxelles decide solo una tecnocrazia influenzata dalle forti pressioni delle lobbies economico finanziarie con il rischio di compromettere il passato, il presente e il futuro di un settore che incide per oltre il 7% sul Pil e da lavoro a oltre un milione di persone.


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