Sostenibilità

Conclusa la Convenzione Onu sulla biodiversit

Greenpeace: "Senza lo stanziamento di fondi e senza prendere un impegno concreto da parte dei governi nazionali, rischia di essere un castello di carta"

di Benedetta Verrini

Si è conclusa oggi la Convenzione Onu sulla protezione della biodiversità (Cbd) di Kuala Lumpur. “Il futuro di molte specie animali e vegetali è ancora fortemente in bilico” dichiara Greenpeace in un comunicato stampa, spiegando che sono 180 i paesi che hanno sottoscritto un accordo per un piano di azione globale a protezione di queste specie, che comprende anche i diritti delle popolazioni indigene. “Purtroppo, però, nessun impegno concreto è stato preso né fondi sono stati stanziati per avviare sin da subito questo progetto” avverte l’organizzazione. “Senza lo stanziamento di fondi e senza prendere un impegno concreto da parte dei governi nazionali, la Convenzione sulla Biodiversità rischia di diventare un castello di carta”. “Il piano di creare un network globale per proteggere le aree a rischio è lodevole, e potrebbe consentire ai singoli governi di dotarsi di strumenti in grado di fermare la scomparsa di specie animali, la distruzione delle foreste e l’esaurimento dei nostri oceani”, ha dichiarato Martin Kaiser di Greenpeace. “Ma se i governi nazionali non prendono seriamente questa questione sostenendo lo sforzo economico necessario, è come avere la cassetta degli attrezzi e rifiutarsi di aprirla”. Secondo Greenpeace l’accordo preso alla Cbd rischia di non avere alcun valore senza un impegno a livello nazionale dei singoli paesi. Per la prima volta i governi si sono accordati sulla creazione di un network globale di aree protette sulla terraferma dal 2010, e per gli oceani dal 2012: si tratterebbe di un progetto senza precedenti per fermare l’estinzione di specie e habitat millenari che continua senza sosta ancora oggi. Benché la Convenzione non abbia raggiunto risultati significativi sui diritti delle popolazioni indigene, i governi si sono trovati tutti d’accordo sulla necessità che i popoli indigeni e le comunità locali abbiano un ruolo fondamentale nelle decisioni che riguardano le aree da loro popolate. Un altro aspetto positivo è che i paesi ricchi dovranno destinare parte dei propri aiuti ai paesi in via di sviluppo a usi che rispettino la conservazione della biodiversità. E infine, per la prima volta, il 40% della superficie terrestre, gli oceani con le loro montagne sottomarine e le scogliere abissali faranno finalmente parte della strategia per la conservazione della biodiversità. Durante i lavori della CBD, Greenpeace ha denunciato la distruzione delle foreste primarie in Patagonia e nelle regioni asiatiche del pacifico. Entrambi le navi di Greenpeace, la Rainbow Warrior e l’Artic Sunrise, hanno documentato la distruzione di alcune delle più importanti aree forestali del mondo.


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