Politica
Conciliazione vita-lavoro: corsa contro il tempo per non perdere i 38 milioni del Jobs Act
Il Ministero del Lavoro ha finalmente istituito la Cabina di Regia prevista dal Jobs Act, che deve definire modelli di intervento a supporto della contrattazione di secondo livello sulla conciliazione tra vita professionale e vita privata. È il passo necessario per poter utilizzare i 38 milioni del fondo sperimentale stanziati per il 2016. I sindacati hanno proposto nove aree di intervento.
Conciliazione tra vita professionale e vita privata, si riparte. Il Ministero del Lavoro ha finalmente istituito la Cabina di Regia interistituzionale prevista dall'art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 2015, a cui spetta il compito di definire «modelli, azioni e modalità di intervento a supporto della contrattazione di secondo livello in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata».
L’avvio della cabina di regia e la definizione dei «modelli finalizzati a favorire la stipula di contratti collettivi aziendali», con la pubblicazione di linee guida previste dal decreto, sono i passi preliminari per poter accedere al fondo sperimentale triennale previsto, che stanzia 38 milioni per il 2018 e cifre grossomodo simili per i due anni successivi. Il fatto è che, visto il calendario, i 38 milioni del 2016 rischiavano ormai di andare persi. «Apprezziamo la volontà del Ministero di non perdere lo stanziamento previsto per il 2016. Abbiamo avanzato delle proposte, congiuntamente con i colleghi di CGIL e UIL, che suggeriscono di prevedere modalità di accesso semplici e dirette, analoghe a quelle previste per la detassazione del salario di produttività», spiega Silvia Stefanovichj, responsabile di disabilità e work life balance per Cisl.
Già, perché quello che la legge 53 ci ha insegnato (con l’articolo 9 si è data per alcuni anni una diversa risposta alla questione della conciliazione, ma le misure previste da quell’articolo dopo il 2009 non sono state rifinanziate) è proprio che la complessità procedurale è un problema: l’azienda doveva presentare un progetto, attendere di sapere se fosse approvato e poi realizzarlo, se si immaginano le esigenze legate a una lavoratrice in maternità, quasi quasi nel tempo della procedura l’esigenza veniva meno. «Per questo abbiamo chiesto procedure semplici e che l’azienda sappia subito se ha diritto o meno all’incentivo», continua Stefanovichj.
Sono nove le aree individuate dai sindacati, incrociando strumenti e target di lavoratori (vedi tabella sotto): i lavoratori con figli minori, quelli con un familiare con disabilità, non autosufficiente o con grave patologia, i lavoratori stessi con disabilità o patologie.
La proposta è che l’incentivo venga riconosciuto alle imprese che abbiano definito almeno due istituti in due diverse aree di afferenza, fra le nove proposte. «Essendo a novembre, per il 2016 puntiamo a riconoscere e valorizzare l’esistente, mentre sul 2017 ci potrà essere una migliore definizione promuovendo anche istituti più innovativi, sulla base delle verifiche e dei risultati di questa prima esperienza. L’idea è che questo possa essere un volano per incentivare la contrattazione collettiva che si occupa di questi temi, nel 2017 dovremo per esempio chiederci come lo smart working e l’industria 4.0 accolgono la sfida della conciliazione?», spiega Stefanovichj.
Una novità è aver proposto fra i target della conciliazione anche i lavoratori con disabilità e/o patologie: non solo quindi tutelare le esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno un carico di cura verso figli e parenti, ma anche l’esigenza di una cura di sé. «Indirizzare questi incentivi anche a soggetti con disabilità sarebbe coerente con il Programma d’azione sulla disabilità, che chiede di sostenere la contrattazione collettiva di secondo livello».
Foto Remi Valle / Unsplash
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