Welfare
Concertazione? No, metodo Monti
Incontri bilaterali con le parti sociali, Cgil verso l'isolamento
Si ricomincia da capo, sul lavoro, alla ricerca di una improbabile concertazione. Il governo Monti è alle prese con le difficoltà di un dialogo con i sindacati, dopo il no della Cgil a consultazioni separate. La forma in questo caso è davvero sostanza, e infatti i giornali approfondiscono il tema con molta attenzione.
- In rassegna stampa anche:
- YOUSSU N’DOUR
- FIGLIO DISABILE
“Lavoro, tensione Governo-Cgil”, apre così il CORRIERE DELLA SERA. E Giannelli sintetizza con la sua vignetta: un ring di pugilato, in un angolo da solo c’è Monti, dall’altra parte i tre leader di Cgil, Cisl e Uil. Monti dice all’arbitro. “Voglio incontri separati”. I servizi nelle prime pagine. Ma già in prima c’è l’editoriale di Sergio Romano sulla concertazione impossibile: “Rito fuori tempo (e fuori bilancio)”. Scrive Romano: “Il sindacato è una associazione di lavoratori e pensionati. Non rappresenta il Paese, non risponde della sua politica al corpo elettorale. Risponde soltanto a coloro che hanno deciso di associarsi per meglio difendere i loro interessi. Quando chiede la concertazione, il sindacato pretende per i propri soci più poteri di quanti ne abbia un cittadino qualunque, vuole essere una sorta di condomino, un passaggio obbligato, un contropotere, e stravolge i principi fondamentali della democrazia rappresentativa. Il governo può ascoltarlo, consultarlo, studiare le sue proposte, ma non può dimenticare che le responsabilità del potere esecutivo non sono condivisibili e che il suo unico interlocutore istituzionale è il Parlamento, non un’associazione di categoria”. “No Cgil ai negoziati separati. Ma il Governo va avanti” è l’apertura di pagina 2: “L’esecutivo non ha preso posizione ufficialmente ma ha fatto sapere che le modalità operative non cambiano: ci saranno tavoli bilaterali, presso il ministero di Elsa Fornero, per ascoltare le posizioni di ciascun sindacato ma strettamente sui temi del mercato del lavoro e senza divagazioni, per tirare le prime conclusioni entro la fine del mese. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, potrebbe prendere parte alla concertazione, ma solo nella fase finale”. Sullo sfondo la posizione del presidente della Repubblica. Marzio Breda a pagina 3: “L’indicazione del Colle «Ammortizzatori sociali da ripensare subito»”. “Mentre il governo Monti convoca un «tavolo per il lavoro» e le diverse famiglie sindacali e le forze politiche cominciano a posizionarsi in vista di una difficile trattativa – scrive il quirinalista del CORRIERE – Giorgio Napolitano si appella di nuovo alla responsabilità. Lo fa sapendo che, «nella realtà in cambiamento», toccherà a tutti «anche di fare dei sacrifici», come ha anticipato dal Quirinale il 31 dicembre. Evoca l’intesa sui patti aziendali siglata l’estate scorsa dopo quattro anni di divisioni, e la indica come un esempio da non tradire e come una sorta di precondizione per superare l’inquietudine e i sospetti con cui i diversi interlocutori oggi si guardano”. Antonella Baccaro intervista Mario Carraro, industriale del Nordest: «O si cambia o si muore. I sindacati devono capirlo».
LA REPUBBLICA apre con “Articolo 18, il governo ci riprova”. «A pochi giorni dall’avvio del confronto con sindacati e Confindustria, il tema rientra nell’agenda del governo. Anche se forse non ne era mai uscito, scrive Roberto Mania. «Siamo stati chiamati per fare queste cose», ripete Mario Monti in questi giorni: «Dobbiamo farle anche senza l’accordo di tutti. Questo è il nostro compito altrimenti non ci avrebbero chiamati. Tra un anno ce ne andremo. E questa è pure la ragione per cui non possiamo accettare veti». Né da parte della Cgil di Susanna Camusso, né da parte dei partiti. È una questione, sostiene il premier, di credibilità: «difficile presentarsi al tavolo con Sarkozy e Merkel dicendo che sull’articolo 18 (considerato in Europa un’anomalia tutta italiana) non si può far nulla perché i sindacati non lo permettono e una parte del Pd nemmeno», annota Mania. D’altra parte i tempi sono stretti. «Il governo ha deciso di incontrare separatamente le singole organizzazioni. Un’impostazione che ha fatto imbufalire la Camusso la quale vede così chiaramente l’intenzione di non voler aprire alcuna trattativa. Ed è esattamente questo il metodo scelto dall’esecutivo. Non la concertazione triangolare tipica degli anni Novanta spesso inconcludente, bensì lo schema del dialogo sociale europeo: si ascoltano le opinioni di tutte le parti in causa su un tema ben delimitato (in questo caso il mercato del lavoro), ma poi si prendono i provvedimenti senza scambi». Una scelta che non piace troppo nemmeno ai partiti: Bersani propone «un tavolo in forme tali che sia riconosciuto da tutti quelli che vi devono partecipare». Mentre il presidente della Repubblica ha insistito ieri sulla «necessità di ripensare agli ammortizzatori sociali e affrontare i nodi che sono già stati affrontati con l’accordo del 28 giugno scorso tra le confederazioni sindacali che fu un accordo sottoscritto da tutti. Bisogna andare avanti su quella strada». Sempre in tema lavoro, in un’intervista Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria, avverte: lo Stato «è un’azienda in crisi, dunque deve gestire la crisi come farebbe un’impresa privata ricorrendo alla mobilità anche esterna se necessario… Non si può pensare di abolire le Provincie lasciando del tutto immutato il costo del personale». Dunque basta tabù: che i dipendenti pubblici siano licenziabili come quelli privati.
Sembra quasi compiaciuto IL GIORNALE della famiglia Berlusconi nel piazzare al centro della prima pagina un fotomontaggio del (negato) faccia a faccia tra il premier e la leader della Cgil, titolato: “Monti, porta in faccia alla Camusso. Il Premier non cede ai diktat della Cgil”. L’approfondimento a pag. 4, tutta dedicata alla “Riforma del Welfare”, che rincara la dose: “Sberla di Monti alla Camusso: sigle convocate separatamente”. Il muro contro muro sulla questione delle convocazioni (confronto governo-sigle sindacali unite, o tavoli separati sigla per sigla) sembra a un punto irrisolvibile: “La leader Cgil scaricata anche da Cisl e Uil”, sottolinea il sommario dell’articolo. Che, in sintesi, spiega: “Una condizione di metodo che è solo apparentemente una questione di lana caprina. Via Twitter, la Cgil nazionale ha avvertito: «Monti non convochi i sindacati separatamente. Gli incontri separati stile Sacconi rendono solo tutto più complicato e più lungo». In realtà l’ex ministro del Lavoro non c’entra niente. Il timore della Cgil è che emergano le differenze con le altre confederazioni, disposte a confrontarsi con l’esecutivo. Disponibilità confermata ieri. Il metodo, per il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni «è poco importante, anzi può essere utile una consultazione di ciascuno, per orientarsi meglio, ma per fare il patto». L’importante è arrivare al patto anche per il leader della Uil Luigi Angeletti: «Ciò che conta è che il governo ascolti e accolga le nostre proposte»”. Nell’approfondimento di retroscena, il quotidiano fa balenare il dubbio che dietro all’operazione isolamento della Cgil ci sia addirittura lo zampino del presidente della Repubblica: “La strategia di Napolitano spezza l’asse fra Pd e Cgil”. Gli indizi? Eccoli: “Già nel corso del messaggio agli italiani della sera del 31 dicembre, l’inquilino del Quirinale aveva riservato una stoccata ben confezionata ai sindacati, rievocando come «nel passato, in più occasioni, sia stata decisiva per la salvezza e il progresso dell’Italia la capacità dei lavoratori e delle loro organizzazioni di esprimere slancio costruttivo, nel confronto con ogni realtà in via di cambiamento, e anche di fare sacrifici, affermando in tal modo, nello stesso tempo, la loro visione nazionale». E ieri, a Napoli, dove Napolitano si trova per qualche giorno di vacanza, egli è tornato sul tema con i giornalisti: «Ho affermato il concetto che ciascuno deve fare la sua parte. Un concetto molto generale. Poi in concreto quello che riguarda le questioni che interessano in modo particolare le organizzazioni sindacali, si aprirà molto presto la possibilità di incontro e consultazione»”.
Per IL MANIFESTO “la concertazione sul lavoro è già sepolta” perché come scrive Francesco Piccioni « visto che il metodo montiano prevede l’illustrazione delle intenzioni del governo (non l’articolato), l’ascolto delle controdeduzioni sindacali e la decisione autonoma finale dell’esecutivo. Nemmeno il dottor Frankenstein riuscirebbe a far marciare di nuovo la concertazione in questo ambiente tecnicamente sterile. Sullo sfondo di questo scenario, Loris Campetti rivolge al presidente Napolitano quattro interrogativi-riflessioni: 1) Come si può chiedere coesione sociale a un operaio che guadagna 500 volte meno dell’amministratore delegato?; 2) Lei chiede di ripartire dall’accordo confederale del 28 giugno 2011 che però è stato contestato dalla Fiom; 3) Il richiamo alla responsabilità di chi lavora dovrebbe forse essere accompagnato da un richiamo ai diritti e alle pratiche democratiche; 4) gli accordi separati non piacciono ma possibile che l’unico modo per evitarli sia l’obbligo di firmare qualsiasi accordo magari lesivo della costituzione?
IL SOLE 24 ORE dedica al tema lavoro la pagina 5. “Monti-Cgil, braccio di ferro sul lavoro”. Di appoggio un pezzo dal titolo “La sfida: sfoltire la babele contrattuale”, affiancato da una tabella che riassume le ben 46 forme di contratto oggi esistenti tra rapporti subordinati, parasubordinati, autonomi, speciali ecc.: «Il gran numero di modalità contrattuali disponibili per le assunzioni nasconde spesso abusi, specie nel mondo della para subordinazione è frequente l’elusione dagli obblighi della subordinazione; a preoccupare di più è il fenomeno dei rapporti di lavoro dipendente, qualificati formalmente come collaborazioni continuative autonome o come lavoro libero-professionale. Giovani professionisti, infermieri, archeologi impegnati nei cantieri edili costretti ad aprire una partita Iva, accollandosi così totalmente il costo dei contributi che altrimenti sarebbe ripartito con la committenza. In precedenza molti di loro avevano un contratto di collaborazione a progetto – l’aliquota è stata aumentata al 27% – ma anche questo, in molti casi, era un sotterfugio per mascherare rapporti di lavoro subordinati. Un modo per risparmiare sul costo del lavoro considerando che tra i circa 800mila collaboratori, mezzo milione ha rapporto esclusivo con un solo committente e guadagna in media 8mila euro l’anno».
L’articolo di AVVENIRE è tutto un ricorrersi di “forma” e “sostanza”, per raccontare la protesta solitaria della Cgil contro gli incontri separati e il “metodo Sacconi”, mentre Cisl, Uil e Ugl più che al metodo e al passato guardano e invitano a guardare al contenuto. In appoggio, l’analisi delle ricette per riformare il mercato del lavoro, dal contratto unico di Ichino a quello di Damiano, passando per Boeri, mercato in cui oggi esistono – li ha contati la Cgil – 46 modalità contrattuali ma su 100 nuove assunzioni solo 18 sono a tempo indeterminato. Pare che Palazzo Chigi stia in realtà lavorando sull’ipotesi di contratto prevalente, che prevede un lungo periodo di prova (tre anni) accanto a cui si prevederebbero solo altri due tipo di contratto, l’apprendistato e il contratto stagionale, con l’eliminazione di co.co.co e altri rapporti che tendono a mascherare rapporti di lavoro di tipo subordinato. A spiegare bene l’idea è Pierpaolo Baretta (Pd), ex numero due della Cisl: prevista, nella sua proposta, anche l’unificazione dei contributi al 30%, abbassando quindi il costo del lavoro dei subordinati e alzando quello dei cococo.
“Fase due, ecco i piani di Monti” è il titolo-pastone della STAMPA di oggi. Al tema della concertazione in particolare il quotidiano torinese dedica la pagina (“Concertazione, nuovo scontro Cgil-governo”) e nella versione on line il commento di Marcello Sorgi: “Il professore non torna alla concertazione”: «…malgrado le pressioni opposte soprattutto della Cgil, Palazzo Chigi ha chiarito che, per discutere di questo, non ci sarà il solito tavolone governo-sindacati, ma solo una serie di incontri bilaterali di Fornero e Passera con le diverse sigle. Chiaro il senso delle due mosse: il presidente del Consiglio non intende tornare alla classica concertazione, un po’ perché considera esaurita quella fase e un po’ perché la direzione in cui si sta muovendo è quella indicata da Bruxelles (riforme del mercato del lavoro con l’obiettivo di maggiore flessibilità e non esclusivamente di aumento delle garanzie), diversa da ciò che vorrebbero i sindacati. Rispetto ai quali l’offerta del governo rimane di condividere, discutere e in qualche caso anche modificare, le proposte che il governo sta mettendo a punto. Ma non di concordarle preventivamente, come accadeva ai tempi della concertazione».
E inoltre sui giornali di oggi:
YOUSSOU N’DOUR
IL MANIFESTO – Quarta di copertina dedicata alla candidatura del cantante senegalese alle elezioni per diventare presidente della repubblica del Senegal. Il ritratto dalla penna di Marco Boccito che va oltre e considera: «siamo di fronte all’ennesimo artista che si prende sulle spalle una simile responsabilità. Il problema è che troppo spesso dopo un sogno di questa portato ci si sveglia sudati, con la bocca impastata e la luna storta perché il sogno è rimasto tale. Bisognerebbe chiedere , fra qualche tempo, agli haitiani che nell’aprile scorso hanno eletto presidente il divo Michel Martelly. L’ex calciatore George Weah al ballottaggio per le presidenziali in Liberia si è dovuto arrendere alla vittoria dell’altro candidato».
FIGLIO DISABILE
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 23: «Il tuo cervello è una Zigulì» Il libro choc sul figlio disabile”, pezzo di Elvira Serra dedicato al libro, appena uscito per Mondadori, di Massimiliano Verga, docente di sociologia alla Bicocca, e padre di tre bambini, dei quali uno con grave disabilità (cieco e insufficiente mentale). “Tutta la lacerazione del cuore paterno si legge nelle pagine finali del libro, dedicate a Jacopo e Cosimo: «È inutile dirvi che devo pensare innanzitutto a Moreno, per il “dopo”. Quelle quattro noccioline che avrò messo da parte, dovrò metterle nelle sue tasche, perché lui non potrà raccoglierne altre. Voi sì». E ancora, il testamento: «Per me voi siete liberi. Non vi passerò per forza le responsabilità che non siete tenuti ad assumervi… Quando sarò costretto a fermarmi, se sarà ancora al mio fianco, Moreno dovrà prendere la mano di qualcun altro per proseguire. Se non sarà la vostra, vi chiedo soltanto di trovarne un’altra»”.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.