Welfare

Con “Trenta denari” l’arte percorre 900 chilometri sulle tracce della memoria

L’artista italo-tedesca Diana Pacelli ha voluto confrontarsi con il tema negletto della delazione durante la Repubblica Sociale Italiana, con un cammino di 40 giorni dal Memoriale di Buchenwald al Campo di Fossoli nel Modenese quali luoghi simbolici di una cittadinanza attiva. «Camminare ci consente di situarci nel presente, di dare spazio al nostro pensiero, di renderlo esperienza incarnata. E nel mio caso auspica a divenire esperienza incarnata di un’identità tesa tra due estremi uniti da un baratro», spiega l'artista

di Laura Solieri

Un progetto di arte performativa che indaga la responsabilità della memoria e il ruolo dell’arte come agente della memoria collettiva. Con “Trenta denari”, attraverso la realizzazione di un cammino di 900 chilometri a piedi dal Memoriale di Buchenwald al Campo di Fossoli nel Modenese, l’artista italo-tedesca Diana Pacelli ha voluto confrontarsi con il tema negletto della delazione durante la Repubblica Sociale Italiana per arricchire di nuovi impulsi la dialettica della narrazione storica. Il cammino, iniziato 40 giorni fa, si concluderà stasera con l’arrivo di Pacelli ai cancelli del Campo di Fossoli a Carpi in cui ha sede il campo di transito dal quale passarono circa cinquemila deportati, la metà dei quali di origine ebraica, tra cui Primo Levi e la famiglia Fiano.

I punti di partenza e arrivo definiscono le linee di interpretazione dell’intero progetto: Buchenwald e Fossoli quali luoghi simbolici di una cittadinanza attiva che si esprime non solo attraverso l’azione politica ma anche artistica e delle potenzialità dell’arte di intessere una narrazione che trascenda l’immediatezza del presente. Da un lato il campo di Buchenwald, in cui esiste ancora il cosiddetto albero di Goethe, e che è stato caratterizzato da un’attiva rete di resistenza; dall’altro il campo di Fossoli, legato il Museo Monumento al Deportato, voluto e realizzato da alcuni dei nomi più famosi del mondo dell’arte italiana e internazionale degli anni Sessanta.

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Il progetto è stato realizzato con il contributo della Fondazione Fossoli, di Freundeskreis der Bauhaus Universität Weimar e.V., Stadt Dachau, Stadt Weimar, Bauhaus-Universität Weimar-Frauenförderfonds, Sparkasse Mittelthüringen. Il lavoro ha visto il supporto logistico di istituzioni comunali, museali, documentaristiche e morali incontrate sul percorso, tra cui il centro studi Max Mannheimerdi di Dachau, la città di Hersbruck e di Monaco, il Monastero francescano di Schwaz, il Taxipalais Kunsthalle di Innsbruck, ANPI Altoadige e Verona, il Museo Mart, e molti altri.

«Camminare ci consente di situarci nel presente, di dare spazio al nostro pensiero, di renderlo esperienza incarnata. E nel mio caso auspica a divenire esperienza incarnata di un’identità tesa tra due estremi uniti da un baratro – racconta l’artista che durante la nostra intervista si trovava ospite presso l’Anpi di Mantova in attesa di riprendere il suo viaggio a piedi – Durante questo mio pellegrinaggio sono stata ospite di numerose realtà, soprattutto religiose, e io che sono laica ho potuto anche grazie a questa esperienza di accoglienza confrontarmi con realtà lontane dal mio quotidiano. Questo mio lavoro – prosegue l’artista – guarda a una narrazione storica consapevole che si faccia atto di responsabilità verso le vittime e verso il presente, nelle numerose sfide che pone alla nostra umanità ed integrità morale. Il materiale fotografico e audiovisivo che ho raccolto durante il percorso sarà elaborato includendo stralci di testimonianze in un racconto multiforme aperto a successive riletture. Ci sono delle macchie morali davvero oscure nel nostro passato, che si possono ripetere e che si stanno ripetendo, basti pensare a come l'Europa agisce sull'immigrazione, alla situazione in Libia… Quante volte abbiamo sentito dire che Auschwitz non tornerà. Magari, non nelle stesse modalità, ma dobbiamo stare attenti alla direzione che sta prendendo e in parte ha già preso la nostra società».

Durante tutto il cammino, l’artista ha indossato, sul retro della testa, una maschera che la raffigura con gli occhi chiusi: tale maschera, sorta di ‘Giano bifronte’, sarà rimossa solo stasera al termine del percorso, alle porte di Fossoli.

«La delazione resta ancora, in grossa parte, argomento derelitto della storia e della memoria italiana – spiega Pacelli – Dopo le sentenze delle Corti Straordinarie d’Assise, le storie di delazione sono state taciute e dimenticate per non rischiare di intaccare il già precario mito degli ‘italiani, brava gente’. Mito che ha consentito all’Italia di uscire dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale come confusa vittima di una sciagurata alleanza stretta con poca convinzione». In questa prospettiva, il polimorfo orizzonte della delazione è stato osservato con un approccio organico e il più possibile scevro da condanne dell’ultima ora, per focalizzare l’attenzione sul reintegro delle componenti oscure dell’animo umano che hanno dato vita a quei traumi storici accuratamente rimossi dalle narrazioni collettive.

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