Premessa: non sono stato eletto in consiglio comunale. Lo avevo messo in preventivo, come è giusto. Perché la domanda iniziale, quando ti metti in discussione e accetti di candidarti, per di più a Milano, per di più in una lista civica, è: «Chi me lo fa fare?». Me lo ha fatto fare una piccola antica febbre, quella della partecipazione a un progetto, la convinzione che in qualche modo, senza un tornaconto davvero rilevante, avrei potuto portare il mio contributo a una competizione civile, per migliorare la vita a Milano, città che ho scelto da tanto tempo, e che vorrei un po’ più equa e sostenibile. Ma andiamo con ordine.
Giugno 2010 Mi telefona Cinzia Sasso, collega di Repubblica e, soprattutto, amica di gioventù. Quando insieme abbiamo provato, nel Veneto, l’ebbrezza della nuova informazione dei quotidiani locali. Bene, mi chiama mentre sono disteso all’ombra, in una domenica caldissima, vicino al lago di Garda, e mi dice: «Franco, il mio compagno, Giuliano Pisapia, ha deciso di candidarsi per le primarie, a Milano. Ti va di esserci al debutto, al Teatro Litta, e di darci il tuo impegno?». La ascolto, penso a Pisapia, ricordo i suoi lineamenti gentili, quei toni semplici e pacati. Ovvia la risposta: «Certo Cinzia, perché no? Quando?».
14 novembre 2010 Pisapia vince le primarie. Io avevo scelto di essere con lui, pur stimando Stefano Boeri e Valerio Onida. Mi hanno chiesto, nelle settimane precedenti, di condurre qualche incontro con i cittadini interessati a questo voto. Mi sono sorpreso nell’incontrare una partecipazione d’altri tempi. Gente bella, motivata, in parte arrabbiata, ma non troppo: giusto quel tanto che serve per decidere di approfondire, discutendo animatamente, temi strani, di questi tempi, come ad esempio la “coesione sociale”? Hanno votato in 77mila. Poi parte l’Officina. E si lavora, tutti insieme, al programma. Quasi incredibile.
5 febbraio 2011 Milano, Palasharp, gente che non riesce a entrare. Tutti col naso all’insù ad ascoltare Saviano, Eco e Zagrebelski. In migliaia a chiedere le dimissioni di Berlusconi. Pisapia è in prima fila, parla per ultimo, cerca di rimanere ancorato a Milano, al suo progetto per la città. Ormai è fatta, sono coinvolto.
28 febbraio 2011 Teatro Dal Verme. Mi emoziono. Mi hanno chiesto di parlare nella serata che lancia ufficialmente la campagna elettorale di Giuliano Pisapia. Parlo appena prima di Boeri. Racconto la mia esperienza di candidato a rotelle di dieci anni prima, per le Regionali perse da Martinazzoli. Mi applaudono a lungo. Una serata magica.
8 maggio 2011 Nichi Vendola all’Arco della Pace. Siamo in piena campagna elettorale, ormai sono candidato nella lista “Milano Civica per Pisapia”. Sono un po’ prevenuto: Vendola mi pare che a volte esageri con la “narrazione”. Ma stavolta mi stende: «Sono rimasto colpito dalla bellezza, vera, di un paraplegico?» dice dal palco, contestando i canoni della bellezza di plastica dell’era berlusconiana. Mamma mia: il primo che parla di disabilità in senso estetico, apprezzandola. Mi preoccupo un po’, ma incasso un’emozione forte. Pisapia fa la sua bella figura, con semplicità.
13 maggio 2011 Piazza Duomo. Sono lì, in prima fila, sotto il palco. Canta Vecchioni, interista come me. Ma soprattutto parla e si infiamma Benedetta Tobagi, schierandosi, lei, figlia di vittima del terrorismo, a fianco di Giuliano Pisapia, il “pericoloso estremista”. Mi viene la pelle d’oca. Mi sento bene. Sono entrambi amici, mi fido. Dietro le transenne in quarantamila, ne sento le vibrazioni, anche se vedrò le foto solo qualche ora dopo. Indimenticabile. So che vinceremo. So che finalmente mi sentirò cittadino milanese.
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