Sanremo 2025

Con Lucio Corsi approda all’Ariston la forza della fragilità

Il cantautore toscano ha portato al Festival un pezzo che parla di quanto possiamo essere diversi da quello che pensavamo di volere per il nostro futuro, tra «lottatori di sumo» e «gazze ladre». E ci fa pensare che, alla fine, può andar bene anche essere «solo Lucio»

di Veronica Rossi

Lucio Corsi a Sanremo

«Volevo essere un duro, invece non sono nessuno». Il cantautore toscano Lucio Corsi, con la sua fisicità minuta e il viso che ricorda quello di un Pierrot triste, porta sul palco dell’Ariston la fragilità. E lo fa con una canzone che ha un testo delicato e poetico, che tocca le corde dell’anima. E che parla soprattutto alle nuove generazioni, sottoposte a continue pressioni su quello che dovrebbero essere, nel mondo digitale come in quello reale.

«La canzone mi ha emozionata molto», confessa Dafne Guida, presidente e direttrice generale della cooperativa Stripes, «soprattutto perché lavoriamo coi ragazzi e coi giovani adulti sull’orientamento al lavoro. È importante saper leggere le note di disillusione che sono presenti nel loro raccontarsi. Io credo che questo testo, in maniera molto delicata, ci abbia restituito proprio questa dimensione, la disillusione del diventare grandi». Quando ci si affaccia all’età adulta, infatti, bisogna affrontare delle incertezze; ci si rende conto che la vita a volte ci porta in direzioni diverse rispetto a quelle che pensavamo che avremmo preso.

Non bisogna fuggire dalle proprie paure

«La frase che mi è piaciuta di più è quella che chiude la canzone», continua Guida, «l’invito a non fuggire dalla paura». La sua cooperativa lavora moltissimo con i giovani adulti, in progetti che si occupano di hikikomori o di neet. «Sarebbe bello creare una nuova categoria», dice la presidente, «quella di chi insegue i suoi sogni, anche artistici. La storia di questo cantautore mi ha colpito molto: viveva nel grossetano, poi è andato a Milano perché l’ha identificata come luogo in cui realizzare i propri desideri. La canzone secondo me è proprio l’esordio di questa ricerca dei sogni». La società, a volte, crea delle aspettative su quello che una persona dovrebbe essere e come si dovrebbe sentire, che spesso non trovano un riscontro nella quotidianità. Soprattutto nell’era dei social, in cui sembra che tutti debbano avere un’immagine e una storia “instagrammabile”. «L’aspettativa del mondo è che io sia un duro», commenta Guida, «ma in realtà mi devo arrangiare con quello che ho. E, alla fine, tutto sommato, trovo una mia strada che mi sento meglio addosso, perché è più mia, più autentica. Il vero anticonformismo forse è non fingere una sicurezza che in realtà non si ha».

La fragilità può essere una ricchezza

«Seguo da diverso tempo Lucio Corsi e sono contento che possa raggiungere il successo che merita», dice l’educatore Fabio Ruta. «Come altre sue canzoni, questa mischia elementi di autobiografia con la fantasia, che forse ci aiuta a superare le difficoltà. Penso che il testo ci inviti a valorizzare quello che ciascuno in fondo è, le sue capacità e le sue attitudini, che non sono necessariamente quelle che la società ci richiede, come l’essere rampanti e inseguire il successo a tutti i costi». Adeguarsi a un modello imposto, “acchiappa like”, non valorizza la creatività e l’individualità. «Oggi vediamo molto spesso fenomeni di bullismo e violenza», continua l’educatore, «anche in alcuni brani che vanno di moda, che trasmettono l’importanza di esibire armi da fuoco, soldi o macchine veloci».

Lucio Corsi, invece, riporta in musica la poesia della vita quotidiana, la natura e la bellezza; una sorta di reverie, che parla di temi seri attraverso l’ironia e immagini da sogno, come i girasoli con gli occhiali o la luna senza buchi. «In molti, adolescenti e non, si riconosceranno nelle parole di questo cantautore», conclude Ruta, «che ci fanno vedere come la fragilità possa essere quella feritoia che ci permette di essere sensibili e di cogliere elementi diversi dall’immagine del bullo. Lo trasmette non solo con le parole, che spesso ricordano la poetica di Gianni Rodari, ma anche con la musica ricca di riferimenti artistici, da cantautori come Ivan Graziani al glam rock degli anni Settanta ».

In apertura, foto di Marco Alpozzi/La Presse

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