Welfare

Con la solidarietà diventeremo ricchi

La globalizzazione vista da Nordest. Intervista ad Angelo Ferro, industriale da 180 miliardi di fatturato e presidente di una casa per anziani modello.

di Francesco Maggio

Angelo Ferro, padovano, classe 1937, è tante cose contemporaneamente. Docente universitario in politica economica internazionale ed economia industriale all?ateneo di Verona. Imprenditore, con la Pavan, produttrice di macchine per la lavorazione della pasta (180 miliardi di lire di fatturato annuo, 550 dipendenti, 80% della produzione esportata). Presidente della Fondazione Oic-Opera Immacolata concezione, ente privato che gestisce 2100 posti alloggi per anziani (fatturando 78 miliardi annui) in diverse città venete: Padova, Thiene, Asiago, Mussano, Carmignano sul Brenta, Oderzo. Responsabile dell?area formazione dell?associazione industriali di Padova. Egli, però, è soprattutto un uomo di fede. Un fervente credente. Appeno arrivo nel suo bellissimo studio, nel cuore della città del Santo, mi mostra la cappella privata che si è fatto costruire all?interno. Ed una reliquia davvero unica: un frammento di legno della Croce di Gesù Cristo che i suoi avi si tramandano di generazione in generazione. «È tutto lassù che si decide», mi dice accogliendomi, «e noi non dobbiamo far altro che interpretare il messaggio d?amore per il prossimo che ci giunge. Per questo, mai arrendersi di fronte alle avversità, mai abbandonarsi allo sconforto. Al contrario, vivere sempre con tensione, immaginare soluzioni anche quando sembra che non se ne trovino, non aver paura di osare». Vita: È da questo impeto che nasce, per esempio, l?idea di qualche mese fa di finanziare la ristrutturazione di una residenza della Fondazione OIC con uno strumento assolutamente inedito, almeno per l?Italia, come l?emissione di bond etici da parte dell?Ambroveneto? Angelo Ferro: Proprio così. Avevamo un urgente bisogno di ampliare la struttura di Thiene affinché possa arrivare, entro breve, ad accogliere fino a 310 anziani. Ci siamo detti in fondazione: perché non proviamo a percorrere una strada nuova per raccogliere i finanziamenti necessari? Perché non cogliamo questa occasione per lanciare un messaggio forte, che finanza e solidarietà possono convivere senza problemi? Vita: E com?è andata? Ferro: Benissimo. Tutte le obbligazioni sono state collocate. A chi poi ha sottoscritto titoli per almeno 100 milioni, noi garantiamo un posto nella residenza in caso di necessità. Vita: Gli ethical bond secondo lei faranno scuola in Italia? Ferro: Me lo auguro. Noi dobbiamo moltiplicare per centomila queste iniziative. E non solo per ristrutturare residenze per anziani, ma anche per costruire musei, impianti sportivi, scuole. Ma affinché ciò sia possibile c?è bisogno che anche lo Stato faccia fino in fondo la sua parte, per esempio innalzando il livello di deducibilità fiscale delle donazioni dal 2% ad almeno il 6%. Vita: Come valuta il boom dei fondi etici? Ferro: Molto positivamente. Finalmente si comincia a ragionare in termini di mercato e si comprende che investire in aziende socialmente responsabili non va affatto a detrimento dei rendimenti. Il mercato rappresenta il momento conclusivo di un processo di responsabilità delle scelte. Non va quindi demonizzato. Noi però dobbiamo educare al mercato, innestarvi elementi valoriali forti. Vita: Come si fa? Ferro: Attraverso la testimonianza, con il comportamento di una vita. Non si insegna niente, ci si comporta in un certo modo e basta. Oggi nella società del fare è solo l?esempio che conta, compresi gli errori. E fare vuol dire osare, soprattutto oggi che le tecnologie consentono cose impensabili. Vita: Si spieghi meglio. Ferro: Pensiamo ai disabili e ad internet. Quando lei riceve una e-mail, non sa se le è stata inviata da un handicappato o da un normodotato. Le tecnologie della rete, hanno quindi parificato le situazioni, le hanno normalizzate. A questo punto diviene indispensabile costruire una politica tale per cui la persona disabile che vuole inserirsi nella vita professionale possa trovare un ambiente che gli consenta di formarsi per raggiungere questi traguardi. Per questo abbiamo realizzato, insieme al ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco e all?Inail, un progetto di formazione per i disabili che prevede nove mesi di lezioni in aula, due di stage presso un?azienda e, infine, la pressoché certa assunzione nelle imprese. Inoltre, un simile progetto ha il pregio di allontanare i disabili dalle famiglie. Se egli sta tra le mura di casa, rimane troppo protetto al punto che non riesce a sviluppare la propria autonomia. L?eccesso d?amore lo chiude. Bisogna invece lasciarlo libero di mettersi alla prova. Ben vengano quindi le nuove tecnologie e la globalizzazione dei saperi e delle merci. Vita: Eppure proprio sulla globalizzazione, soprattutto negli ultimi tempi, si registrano opinioni piuttosto critiche. Basti pensare al cosiddetto ?popolo di Seattle?… Ferro: Bisogna vedere da chi e come vengono formulate queste critiche. Se uno pensa che globalizzazione voglia dire rinunciare alle proprie radici e appiattirsi, sbaglia di grosso. La globalizzazione è la massimizzazione delle opportunità di scambio. Ma per esserci scambio c?è bisogno che ci siano differenze. Pensare che la globalizzazione finirà con l?appiattire tutto è un grosso errore concettuale. Le imprese vincenti sono quelle che hanno un forte radicamento territoriale e quindi possono esprimere i loro prodotti tipici, i loro valori, le loro peculiarità. Si pensi al turismo: questo cos?è se non la condivisione di uno stesso territorio? Vent?anni fa la parola d?ordine nel mondo imprenditoriale era combattere un concorrente per distruggerlo. Oggi invece la concorrenza serve perché integra, crea interdipendenza, permette di segmentare. È quindi una forma di solidarietà che però va alimentata. Vita: Mi fa un esempio concreto di come la solidarietà, nella sua attività di imprenditore, si sia rivelata un fattore strategico vincente? Ferro: Nel 1992 sono andato per la prima volta in Russia. La mia azienda vi aveva vinto una gara d?appalto, poi però non c?erano stati pagati gli impianti. Decisi allora di recarmi in quel Paese per andare a vedere personalmente come stessero le cose, per capirlo meglio. In quei giorni mi si presentò un imprenditore che veniva dalla Siberia e che voleva acquistare alcuni miei macchinari dal costo complessivo di 300 mila dollari. Ne aveva però a disposizione solo 120 mila. Mi propose di venderglieli lo stesso. Una volta avviata la produzione, mi avrebbe pagato il resto. Che fare? Fidarmi o meno? Decisi di farlo. Accettai la proposta e gli diedi fiducia. Gli impianti in seguito mi furono ripagati, oggi sono diventato leader in quel Paese e le esportazioni crescono anno dopo anno. Cos?è questa se non solidarietà che si rivela un fattore competitivo per le imprese nell?era della globalizzazione? Vita: Trova che su questo punto siano sintonizzati anche gran parte dei suoi colleghi imprenditori? Ferro: Certo, quando ragioniamo insieme, possono emergere dei distinguo. Sarebbe impensabile il contrario. Ma nel complesso vi è diffusa consapevolezza che la solidarietà è la strada da percorrere. Con la globalizzazione, tutto è di continuo in discussione. E ciò ti spinge ad aver bisogno degli altri.


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