Sostenibilità

Con la responsabilità si può risparmiare fino al 3% di Pil

È la tesi di SprecoZero, il convegno organizzato da Legambiente, Last Minute Market e Consorzio Libera Terra, che sottolinea come solo nel comparto alimentare lo sperpero vale in Italia il 2,3% del prodotto interno lordo

di Lorenzo Alvaro

Riducendo il cibo che viene buttato in pattumiera, eliminando consumi e comportamenti dannosi dal punto di vista ambientale si riuscirebbero a risparmiare fino a tre punti di Pil. Solo lo spreco alimentare vale nel nostro Paese il 2,3% del Pil, dieci volte la percentuale che lo Stato impiega per lo sviluppo del turismo o per finanziare i beni culturali. Ogni famiglia getta infatti nella spazzatura 1.600 euro l'anno di cibo andato a male o semplicemente non utilizzato. Sono queste alcune delle cifre che emergono dal convegno “SprecoZero. Energia, acqua, cibo, materiali: ecco la spending review ecologica”, organizzato, nell'ambito della manifestazione ZeroEmission, da Fiera di Roma e Last Minute Market con la collaborazione di Legambiente e Consorzio Libera Terra.

Altri 600 euro, invece, se ne vanno via in consumi inutili e ambientalmente dannosi che si potrebbero facilmente eliminare: bottiglie di acqua minerale, sacchetti usa e getta, energia per lampadine inadatte, guida troppo sportiva. La partita di questi sprechi casalinghi vale da sola l'1% del Pil. E questi sono solo i risparmi che si potrebbero avviare con la corretta informazione e sensibilizzazione partendo dalle famiglie italiane, mentre i veri e propri risparmi economici potrebbero provenire da una seria waste review del settore imprenditoriale e amministrativo.

Secondo Andrea Segrè , la vera spending review dovrebbe fondarsi su una waste review: una revisione degli sprechi, un nuovo approccio ecologico e sostenibile ai criteri di spesa e risparmio nazionali. Combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenze, spiega Segrè, «deve essere una priorità economica, ecologica e sociale per la politica, le istituzioni, le amministrazioni locali, le imprese e la società civile». Ogni spreco, dichiara l'economista, «si porta dietro altri sprechi e ogni azione di risparmio si porta dietro altri risparmi. Ad esempio, lo spreco di cibo e di energia spesso comporta un grande impiego di acqua. Nel 2010 abbiamo buttato via 12,6 miliardi di metri cubi d'acqua, impiegati nella produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi». La grande distribuzione organizzata spreca circa 1 miliardo di euro ogni anno in cibo che si butta, una cifra che potrebbe servire a sfamare almeno 600 mila persone.
(In edicola, da domani, sul prossimo numero di Vita ci sarà un articolo, da non perdere, di Sara De Carli proprio dal titolo “Andrea Sagrè, il professore delle ricette a spreco zero”)

Andrea Segrè, ideatore di Last Minute Market e preside della facoltà di Agraria dell'Università di Bologna

Tra le mura domestiche si getta il 42% del cibo complessivamente sprecato. Ciascun alimento comporta sprechi “a cascata”, soprattutto delle risorse naturali (in primo luogo acqua) utilizzate lungo tutta la filiera, dalla materia prima al rifiuto. Rossella Muroni, direttore di Legambiente, presentando i dati sul risparmio delle famiglie, afferma che «ragionando sui piccoli sprechi quotidiani e sui nostri stili di vita è possibile intervenire, cambiando leggermente le nostre abitudini, in modo da risparmiare soldi pesando meno sull'ambiente».

Affrontare retaggi culturali radicati sul territorio, combattere l'illegalità e sviluppare nuove sinergie locali è invece fondamentale per combattere lo “spreco di legalità”, come lo definisce Enrico Fontana, presidente del Consorzio Libera Terra Mediterraneo, «sono diverse centinaia le associazioni e le cooperative sociali che grazie ai beni confiscati alle mafie svolgono le loro attività, come prevede la legge 109 del 1996. Il resto è nel limbo, spesso soggetto a fenomeni di degrado e di abbandono, a “spreco di legalità”».


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