Non profit
Con la forza delle opere
Monsignor Angelo Bazzari: 3.500 dipendenti, tanti centri in tuttItalia, allavanguardia nella riabilitazione. è tra le poche grandi opere cattoliche che non sente la crisi. Anzi cresce.
Chi lo direbbe che questo tranquillo sacerdote, dal volto antico e dalla parlata riflessiva, nella realtà interloquisca con la Nasa, oppure vari portali estremamente innovativi per mettere in comune, a livello europeo, tutti i know how in tema di ausili. Oppure preveda la cerimonia per l?apertura a Roma di una nuova struttura, la venticinquesima della sua galassia. L?agenda di monsignor Angelo Bazzari, dal 1993 presidente della Fondazione don Gnocchi, è fitta di appuntamenti importanti, ma tutti uniti da un filo conduttore sempre ben riconoscibile: la dedizione ai suoi utenti.
Bazzari, infatti, ha il pregio raro di essere un uomo d?azione che però sa ancora pensare. Per cui è difficile che ogni sua decisione non sia frutto di una riflessione ben ponderata, messa a punto con il suo motivatissimo staff. è un uomo che si muove con attenzione d?altri tempi nei confronti delle persone (e le persone che arrivano alla don Gnocchi, sono persone davvero speciali nei loro bisogni), ma non distoglie mai lo sguardo da ciò che attorno cambia o si rinnova. Insomma, è uno di quelli che il bene vogliono farlo davvero per bene.
Vita: Monsignore, difficile fare il bene in questo clima di smobilitazione del welfare?
Angelo Bazzari: Non sono un pessimista. Del resto ritengo che un cristiano non possa esserlo: sarebbe come pensare che l?ultima parola sia nostra e non di un Altro. Sul welfare, certamente siamo a un passaggio storico, carico di incertezze ma anche di opportunità. L?importante è mettersi davanti ai cambiamenti in atto e cercare di capirne il senso e se possibile guidarli.
Vita: Ma il continuo arretramento del pubblico a favore del privato non la preoccupa?
Bazzari: Le ripeto, preferisco guardare la realtà dalla faccia delle opportunità. Lo statalismo assistenziale ormai era svuotato da dentro, aveva perso ogni carica positiva. Il cambiamento era un po? nelle cose. Certo, poi il cambiamento promesso da quelli che ?il privato è bello?, si è rivelato molto meno cambiamento di quanto ventilato. Dove si è virato verso un liberalismo esagerato, alla fine si sono riprodotti, al contrario, gli stessi difetti dello statalismo.
Vita: Quali difetti?
Bazzari: Il principale è quello di aver inaugurato un?era dove il mondo viene diviso in perdenti e vincenti. Dove i vincenti sono sempre meno e sempre più vincenti, e dove i perdenti ingrossano le fila con l?ingresso di tanti provenienti dalla ex classe media. è un mondo diviso drasticamente tra chi può permettersi di curarsi e di guarire e chi invece è costretto ad alzare bandiera bianca. Oggi siamo assediati da continue lamentele sulla scarsa disponibilità di risorse. Invece il problema vero è un altro: è l?impiego di risorse non bene armonizzate. Oppure è la strategia del cerotto: si annunciano misure una tantum per tamponare un problema e ci si illude che la valenza simbolica di quel provvedimento risolva magicamente il problema.
Vita: Per esempio?
Bazzari: Per esempio i recenti provvedimenti a favore del secondo figlio. è un contributo a pioggia alle famiglie che non sposta di una virgola il problema complessivo. Non c?è capacità di strategia, purtroppo.
Vita: Per essere un rimprovero mosso da un sacerdote non c?è male?
Bazzari: Beh, ma anche la Chiesa ha qualche mea culpa da fare. Pensi alla proclamazione dell?attenzione per gli ultimi. Si è tradotta il più delle volte in comportamenti pietistici, senza mai dimostrare capacità di coniugare carità e giustizia. E poi ci si è accontentati del bricolage. A dispetto dei tanti organismi che sono proliferati, c?è stata una mancanza di regia. Abbiamo ascoltato tante belle proclamazioni d?intenti e poi, scava scava, si trovano alleanze per interessi con tanti saluti alle radici evangeliche.
Vita: Forse sono mancate le figure dei grandi santi?
Bazzari: Ma quelli ce li abbiamo. Pensi a don Gnocchi: ci ha dato i criteri per continuare la sua opera, in modo che sia in grado di reggere alle sfide della modernità. Il problema è che su figure come queste spesso cala un silenzio sospetto interno ed esterno. A meno che non le si riduca ad icone.
Vita: Ma intanto il contesto è profondamente cambiato. Milano, la città di don Gnocchi, per la prima volta nel 2003 ha avuto più matrimoni laici che religiosi. Il timore della secolarizzazione può essere una spiegazione?
Bazzari: No. Non è cosa che mi spaventi, perché la regia è nelle mani di Dio e magari c?è in atto una provvidenzialità che noi non siamo in grado di riconoscere. Ho sempre in mente la raccomandazione del nostro fondatore: stare in questo mondo turbolento avendo l?intelligenza di fare le mediazioni necessarie. Invece cosa succede? Che il calo dei numeri si traduce in un affanno di iniziative. Che si resta come paralizzati davanti allo spettro delle vocazioni in caduta. E intanto ci si dimentica delle opere, che sono la vera modalità di presenza della Chiesa davanti ai bisogni degli uomini. E, quindi, vero terreno su cui le vocazioni possono attecchire. Perché le opere fanno la credibilità della Chiesa.
Vita: Le opere come strumento di proselitismo?
Bazzari: Ma no. è una semplice dinamica umana: vedendo certi risultati, osservando la dedizione disinteressata di tante persone anche semplici, non si può non restare colpiti. Non è questione di proselitismo. è questione di riconquistare credibilità presso gli uomini del nostro tempo. E poi io non credo che le opere debbano esser eterne. Devono accettare la logica dei ricambi storici: oggi, per esempio, vediamo i vecchi ordini in difficoltà, mentre parrocchie e movimenti mostrano grande capacità di presenza nel sociale. Sono cambiamenti che vanno registrati. è come se ci si trovasse davanti a una nuova geografia, non si può continuare a ragionare guardando atlanti vecchi.
Vita: Quanto alle risorse, alla Chiesa non mancano con l?8 per mille?
Bazzari: Sì, lo ha sottolineato anche Giulio Andreotti, recentemente su 30 Giorni. Proprio 20 anni fa Craxi fece quello che il collateralismo dei governi dc non erano mai riusciti a concretizzare. L?8 per mille è una grande responsabilità per la Chiesa, ma anche in questo caso non mi pare ci sia stata una opportuna riflessione. Si tratta di denaro che i cittadini liberamente decidono di devolvere alle necessità della Chiesa e di cui si dovrebbe dare una rendicontazione diversa. Non mi riferisco a una rendicontazione fatta semplicemente di numeri, ma a una rendicontazione delle strategie. Perché queste risorse sono distribuite pensando più a tamponare le emergenze, senza una riflessione vera sul cosa significhi una presenza della Chiesa davanti ai bisogni dell?uomo di oggi.
Vita: Questo concetto torna spesso nei suoi ragionamenti. Ce lo spieghi?
Bazzari: Spesso le difficoltà sono derivate dal fatto che sembra di dover scegliere tra due opposti comportamenti. Da una parte la scelta per il ?moderno?, dove managerialità e ricerca scientifica garantiscono l?innovazione più sofisticata ma pretendono di autodefinire i propri codici deontologici. Dall?altra c?è un mondo che per percorsi storici si è sempre ispirato ai principi della carità. Ebbene, la sfida è capire che l?amore ha bisogno delle strumentazioni che la scienza mette a disposizione. Tra l?altro è il solo che può riportare quelle strumentazioni alla loro natura di mezzi e non di fini. Che può mettere sul tavolo il vero rapporto tra costi e benefici.
Vita: è questa la filosofia che guida l?istituto che lei guida da 11 anni?
Bazzari: Certo, don Gnocchi ci ha aperto la strada. Oggi la fondazione investe molto nella ricerca, ha un istituto di ricerche nella bioingegneria all?avanguardia, diretto dal professor Marco Di Rienzo. Un nostro esperimento era a bordo dello Shuttle della Nasa che è precipitato un anno fa. Nonostante la fine tragica di quella missione, i risultati raccolti sono stati tantissimi e li abbiamo presentati a Roma con un convegno il mese scorso. Il comportamento del sistema cardiovascolatorio in assenza di gravità può essere paragonato a quello di un paziente che resta a letto per un tempo prolungato. In questi giorni, invece, a Milano, abbiamo varato il portale Siva: vengono messe in rete le banche dati di sei diversi Paesi sulla questione degli ausili. Ora, sotto la guida del nostro ingegner Renzo Andrich, verifichiamo quanto tale rete sia in grado di rispondere ai bisogni degli utenti – persone disabili e loro familiari – e degli operatori professionali. Come vede anche la tecnologia non deve essere considerata un feticcio: serve se alla fine dimostra di funzionare e di rispondere alle esigenze per cui è stata pensata.
Vita: Sembra che ricerca e innovazione siano diventate le parole chiave della don Gnocchi?
Bazzari: In parte è così. Ma noi per storia abbiamo la compagnia dei più deboli. Qualsiasi conquista o traguardo raggiungiamo deve tradursi in un beneficio per loro. D?altronde solo così si evita di cadere nel pietismo, che magari produce autosoddisfazione ma nei fatti cambia poco o nulla.
Vita: Proprio settimana scorsa avete inaugurato un nuovo centro a Roma, acquistato dal Cottolengo. Com?è che tante opere cattoliche sono in grave difficoltà mentre la don Gnocchi continua a crescere?
Bazzari: Credo che alla base ci sia la genialità del fondatore e di chi l?ha sempre aiutato a mettere a fuoco il suo operare: cioè il cardinal Montini, sia quando era sostituto a Roma sia quando era arcivescovo a Milano. è stato con Montini che don Gnocchi, poco prima di morire, ha rivisto lo statuto della sua fondazione e l?ha affidata alla Chiesa milanese. Risultato: non dipendiamo da un ordine, perché i sacerdoti vengono dal clero diocesano; e i laici hanno un peso decisivo. Questo ha determinato in modo decisivo il nostro dna.
Vita: In che senso?
Bazzari: Nel senso che una certa capacità manageriale ce l?abbiamo nel sangue. Nel senso che gli aspetti motivazionali contano di più di quelli confessionali. Quando dobbiamo fare un?assunzione, a parità di caratteristiche tra i candidati, scegliamo chi ci sembra più motivato. D?altra parte il personale è la più grande risorsa che abbiamo e che mettiamo a disposizione: il 70% del bilancio finisce lì. E solo seguendo questi criteri riusciamo a produrre servizi al passo con i bisogni che cambiano.
Vita: E la logica della motivazione vale anche se il candidato scelto è di un?altra religione, per esempio musulmano?
Bazzari: è un censimento che non abbiamo mai fatto. Comunque al Palazzolo, una grande casa per anziani che abbiamo a Milano, il 13% dei dipendenti è straniero.
Vita: Stare al passo con i tempi: ecco un?altra affermazione che le abbiamo sentito spesso in bocca in questo dialogo. Ce ne fa un esempio?
Bazzari: L?hospice per malati terminali di Monza. è stato il primo in Italia. Lo abbiamo aperto nel 1999 dopo aver studiato alcuni esempi inglesi. Un luogo che faccia da cerniera tra l?ospedale, dove il malato non può più trovare cura, e la casa in cui è impossibile accompagnarlo con le cure palliative. Il rischio era quello di creare un nuovo lazzaretto. Lo abbiamo evitato trapiantando lì il contesto della famiglia. E l?abbiamo fatto quando non c?erano né legge, né linee guida. Né, ovviamente, risorse.
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