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Con la chiusura delle scuole aumenta la forbice tra bambini di serie A e serie B
La riflessione arriva dalle reti Investing in Children e Alleanza per l’Infanzia che insieme chiedono al Governo, di concerto con gli Enti Locali e le istituzioni scolastiche, di garantire insegnanti ed educatori sociali per i bambini e ragazzi in situazioni di povertà educativa, strumenti elettronici dedicati e connessione a internet
di Redazione
Il Coronavirus sta portando con sé, oltre ai rischi che si faticano ancora a stimare sul piano del sistema sanitario ed economico nazionale, anche una nuova minaccia che fino a questo momento non è ancora stata presa in considerazione: quella di aumentare a dismisura il livello di esclusione sociale di bambini/e e ragazzi/e che, privati dalla possibilità di andare a scuola e di svolgere attività sportive e formative, non hanno così accesso alle più basiche opportunità di inclusione sociale.
A porre la questione sul tavolo sono le reti Investing In Children e Alleanza per l’Infanzia, costituite da enti e associazioni impegnate nella tutela dei diritti dell’infanzia, che chiedono alle istituzioni preposte di considerare rapidamente anche questo aspetto. “Quello che non abbiamo ancora messo a fuoco sono gli effetti sociali che derivano da tutte le misure atte ad arginare il propagarsi del virus oltre le soglie della gestibilità.” – dichiarano i portavoce delle due reti – “Stiamo parlando degli effetti sulla vita sociale in tema di diritti e di opportunità delle misure che portano a sospendere a tempo indeterminabile il funzionamento delle istituzioni educative e formative.”.
A pagare davvero il conto di questa crisi sociale del nostro Paese sono e saranno i soggetti socialmente più vulnerabili. Si tratta innanzitutto di quelli che la povertà già colpisce duramente dal 2010, che si trovano già in maniera cronica alle soglie dell’esclusione sociale. I bambini in povertà assolutasono nel nostro Paese oltre un milione e 260 mila; negli ultimi dieci anni sono triplicati passando dal 3,7% del 2008 al 12,5% del 2018.
Le loro famiglie nella maggior parte dei casi senza lavoro e se presente, con contratti di carattere precario, non potranno in larga parte godere delle misure di supporto alle aziende ai lavoratori che sono allo studio da parte del governo: la loro condizione di indigenza è condannata a peggiorare.
Sono bambini che di sovente a scuola fruiscono dell’unico pasto quotidiano. Bambini che a scuola faticano ad andare già in condizioni ordinarie, e che vivono in molte aree del nostro Paese – nel sud in particolare, ma anche in tante zone periferiche di città economicamente avanzate nel nord est, dove l’accesso all’istruzione rimane l’unica alternativa alla strada. La difficoltà educativa e le fragilità che spesso accompagnano la condizione di povertà renderanno per molti nuclei estremamente complesso gestire i bambini durante l’inattività delle strutture scolastiche e sostenerli nello studio domestico. Non potranno neppure contare sul sostegno di tutte le attività educative e ricreative messe in atto da cooperative, associazioni, parrocchie proprio a favore dei bambini e ragazzi più svantaggiati. I bambini e i ragazzi con famiglie a basso reddito, infine, oltre a non avere sempre in famiglia persone che possono aiutarli a seguire le istruzioni che vengono mandate dagli insegnanti, saranno i più penalizzati per la mancanza di accesso alla didattica digitale che molti istituti si stanno attrezzando a realizzare per andare avanti nel programma scolastico.
Il diritto all’istruzione messo in discussione non riguarda solo scuola, ma tutte le attività educative per la prima infanzia, cruciali per lo sviluppo dei potenziali dei bambini e soprattutto quelli maggiormente colpiti dalla povertà educativa, e quelle di formazione professionale offrono opportunità importantissime nelle traiettorie di inserimento lavorativo dei giovani.
Non dare il giusto peso alle conseguenze sociali di una crisi sanitaria ed economica come quella che sta investendo il nostro paese sarebbe un rischio enorme. Sarebbe come ripercorre la strada dei governi che si sono succeduti dal 2008, anno di inizio della crisi economica, che non hanno saputo dar corpo ad una strategia adeguata a prevenire ed affrontare il tema della povertà minorile generando diseguaglianze e grandi carenze che impattano sui bambini oggi e su tutti noi negli anni a venire.
La misura della chiusura delle scuole deve essere dunque accompagnata da azioni volte a sostenere le famiglie con problemi economici o che vivono in quei quartieri dove già la dispersione scolastica è a livelli altissimi.
Secondo le reti Investing in Children e Alleanza per l’Infanzia è fondamentale che le scuole e gli insegnanti facciano sistema con il terzo settore che opera da sempre all’interno del sistema scolastico e nei più disparati contesti di educazione informale per assicurare continuità didattica e diritto allo studio ai bambini più vulnerabili, tra cui vi sono anche molti stranieri, che spesso aggiungono alle difficoltà economiche quelle dovute alla non perfetta comprensione della lingua da parte dei loro genitori e della non integrazione nelle reti informali di scambio informazioni e aiuto.
Sarà compito del Governo, di concerto con gli Enti Locali e le istituzioni scolastiche garantire: che ogni bambino abbia a disposizioni strumenti elettronici per la didattica digitale e connessione internet, a titolo personale o facendo ricorso a servizi che li rendano fruibili; la disponibilità di ambienti solitamente adibiti ad attività educative all’interno dei quali micro-gruppi di bambini possano assistere alle lezioni online e studiare affiancati da insegnanti e personale educativo; la disponibilità di insegnanti ed educatori professionali a sostegno dello svolgimento delle attività didattiche e lo studio nei suddetti ambienti e, laddove questo sia impossibile, anche a livello domiciliare; pasti a mezzogiorno per i bambini più indigenti con modalità alternative alla mensa scolastica e una copertura economica per le azioni didattiche ed educative con finanziamenti straordinari.
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