Sostenibilità

Con il cittadino socialmente responsabile non temiamo nessuna concorrenza

Fabio Salviato risponde /Come può il crescente avvicinamento delle banche tradizionali alla clientela "naturale" di Banca etica, come il non profit, non costituire un motivo di concorrenzialità?

di Redazione

Dottor Salviato, nel vostro bilancio sociale 2005 si legge che il rapporto di Banca etica con gli istituti di credito ?tradizionali? non si basa su criteri di competizione ma di complementarietà, con l?obiettivo di diffondere i valori della finanza etica. È ancora così? Come può il crescente avvicinamento delle banche tradizionali alla clientela ?naturale? di Banca etica, come il non profit, non costituire un motivo di concorrenzialità?

Francesca Cevoli, email

Non siamo nati banalmente ?contro? la finanza e il sistema bancario tradizionali; il nostro obiettivo era, ed è ancora, dimostrare che esistono modalità alternative di usare gli strumenti classici dell?intermediazione finanziaria e del credito, riconducendoli ad una funzione sociale e collettiva che nel corso degli ultimi decenni è stata cancellata nella prassi e rimossa anche dal dibattito teorico. Mi piace pensare che la finanza etica sia una sorta di virus benefico, un anticorpo che si è insinuato in un organismo malato ma reticente a riconoscere e ad ammettere la sua malattia. È chiaro che gli esiti di questo processo sono molteplici: alcuni positivi, alcuni negativi, altri non ancora decifrabili. L?apertura delle banche tradizionali nei confronti dell?universo non profit, ad esempio, è un fattore estremamente positivo, perché si traduce in una più ampia possibilità di accesso al credito per un settore che abbiamo contribuito in maniera determinante a valorizzare e a ?sdoganare?, ma sul quale non pretendiamo di avere l?esclusiva. Quanto al proliferare di fondi etici, carte etiche o iniziative analoghe, continuo a pensare che si tratti spesso di pure operazioni di marketing, per rimpinguare e rinnovare il range dei prodotti a scaffale, strizzando l?occhio agli scrupoli di coscienza dei risparmiatori. L?etica non è un prodotto ma un processo che impone coerenza a più livelli: nella fedeltà ai principi, nell?elaborazione delle strategie, nelle politiche commerciali, nei rapporti con i dipendenti, i fornitori, i clienti, nella valutazione delle ricadute sociali dell?operatività quotidiana. Credo che siano sempre di più i risparmiatori e consumatori in grado di valutare questi elementi. Anzi, non parlerei nemmeno più di risparmiatori o consumatori: sta affermandosi, in Europa e in Italia, una nuova categoria, quella del ?cittadino socialmente responsabile?; non esistono stime precise, ma realisticamente si tratta di alcuni milioni di persone, che preferiscono cibi biologici ed equosolidali, vorrebbero usare energie da fonti rinnovabili, sognano un?auto ibrida gas-elettrica e una società tollerante e multiculturale. Nei confronti di queste persone, la credibilità e la coerenza di Banca etica e delle sue proposte non teme confronti, né concorrenza.

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