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Con i soldi di Riina è bello

Un tesoro da 200 miliardi che ora è a disposizione di coop, comunità e volontari. Finanzierà i loro progetti di recupero e di prevenzione dal disagio sociale

di Massimiliano Franceschetti

Ora è ufficiale: il ?tesoro? strappato alla mafia (stimabile in circa 200 miliardi) cambia proprietario e, da quelle dello Stato, passa anche nelle mani del Terzo settore e dell?imprenditoria solidale. Per sfruttare la ghiotta occasione le circa tremila cooperative sociali presenti in Italia dovranno presentare ai prefetti di zona progetti non profit dettagliati e circostanziati. Stessa possibilità hanno anche comunità, enti e organizzazioni di volontariato (legge 266/1991), comunità terapeutiche, centri di recupero e cura dei tossicodipendenti, associazioni sociali nonché i comuni dove sono situati gli immobili interessati. È quanto fissato dal regolamento che detta norme per la gestione dei fondi ricavati dalla confisca e dalla vendita dei beni della criminalità organizzata da poco entrato in vigore (decreto 248 del 9 giugno 1997 del ministro dell?Interno Giorgio Napolitano, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 176 del 30 luglio). I progetti finanziabili, anche solo parzialmente, devono riguardare la gestione a fini istituzionali, sociali o di interesse pubblico degli immobili sottratti alla mafia (come stabilito dalla legge 109 del marzo 1996 recante ?Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati?), ma anche attività di risanamento di quartieri urbani degradati, di prevenzione e recupero di condizioni di disagio e di emarginazione, di intervento nelle scuole per corsi di educazione alla legalità e di promozione di cultura e attività imprenditoriale per giovani disoccupati. Più in dettaglio il decreto prevede la istituzione, dietro autorizzazione del ministero del Tesoro e nelle competenti sezioni di tesoreria provinciale, di una contabilità speciale intestata al prefetto in cui confluiscono (previo passaggio agli uffici del registro) le somme ricavate dalla vendita di beni mobili non costituiti in azienda, di titoli, recupero di crediti personali, affitto, vendita o liquidazione di beni aziendali prima appartenenti alle organizzazioni mafiose. Ogni sei mesi il prefetto, con un avviso pubblico consultabile sugli albi pretori dei singoli comuni, rende noto l?ammontare del fondo, fissa il termine entro cui presentare i progetti e può stabilire anche l?ammontare massimo dei contributi erogabili per gli stessi. I progetti passano poi al vaglio di un comitato tecnico-finanziario nominato dal prefetto e composto da un esperto in problematiche sociali, da un funzionario della prefettura e da un rappresentante dell?ufficio tecnico erariale. Il giudizio del comitato sulla idoneità a raggiungere gli obiettivi prefissati e sulla fattibilità economica può essere integrato, entro 15 giorni, dal parere del sindaco e dell?assessore regionale competente a seconda delle finalità perseguite. Conclusa l?istruttoria, il prefetto indica il contributo concesso per ciascuna idea approvata. Ma non basta. Esigenze di trasparenza vogliono che l?ente beneficiario dei fondi presenti in prefettura, nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine della prevista esecuzione del progetto, una relazione sulle modalità di impiego del finanziamento: in caso di inosservanza sarà escluso da ogni ulteriore contribuzione. La gestione del fondo è annuale (si chiude il 31 dicembre), ma ogni eventuale avanzo di gestione viene riportato all?esercizio successivo.


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