Non profit

Con i ragazzi dello staff mi sento in famiglia

Caterina Filippi - Sos Villaggi dei Bambini

di Antonietta Nembri

Cosa c’è dietro a tanti volontari che assistono
i bambini? Un’enorme macchina organizzativa fatta di logistica e burocrazia. E tanto impegno che resta all’oscuro. Uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. Caterina, per esempioUn incontro nato dalla vicinanza, nel senso letterale del termine. Perché Caterina Filippi, volontaria a Sos Villaggi dei Bambini, abita – a Milano – nello stesso quartiere che ospita le sede dell’associazione. Per lei, 59 anni, originaria della provincia di Potenza, milanese da quarant’anni e giovane pensionata, non è solo il fatto di essere vicini di casa ad aver guidato la scelta. «L’azienda per cui lavoravo due anni fa mi ha “accompagnato” alla pensione, ma non avevo voglia di stare a casa a far niente. Sono qui davanti, e ho visto i cartelli di Sos Villaggi dei Bambini. All’inizio della mia attività lavorativa, nel 1971, avevo lavorato in una casa famiglia per minori a Redecesio, e impegnarmi con un’associazione che si occupa di bambini è stato… naturale».
Come è iniziato il suo impegno per l’associazione?
Con una sorpresa: io volevo darmi da fare a contatto con i bambini, ma quando sono venuta in sede a fare il colloquio Alessandra mi ha illustrato la struttura dell’associazione e ho scoperto che i villaggi non sono qui a Milano. Però mi ha chiesto di dare una mano in ufficio, e ho iniziato.
Quali sono i suoi compiti?
Un po’ tutto quello che riguarda l’organizzazione dell’ufficio: archivio, preparazione di elenchi, database di soci, volontari… Dalla traduzione dei profili dei bambini al lavoro di amministrazione, metto a frutto un’esperienza di 40 anni di lavoro.
Quanto la impegna la sua attività di volontaria?
Ora vado in associazione una volta a settimana, prima ci andavo due giorni a settimana perché c’era da sistemare l’archivio della direzione. Concluso quel lavoro, che era un vero caos, basta una sola giornata, dalla mattina alla sera.
Cosa ricorda del suo primo giorno in Sos Villaggi dei Bambini?
Era il settembre del 2009, e ho avuto subito l’impressione di essere finita in una realtà molto… cordiale. Sono stata accolta bene, subito con il sorriso. E poi è un ambiente giovane; è vero, ci sono anche volontari anziani, come Luciana, che ha ottant’anni. Lo staff che lavora qui però è molto giovane, e si è creato subito un bel feeling.
Qual era la sua idea del volontariato, prima di impegnarsi?
Questa è la mia prima esperienza, e devo confessare che prima di iniziare qui a Sos non ci pensavo molto al mondo del volontariato. Anzi, avevo quasi una sensazione negativa per le tante comunicazioni che ricevevo dalle diverse associazioni… mi chiedevo: perché invece di investire in lettere e richieste di fondi non usano gli stessi soldi per la loro mission? Adesso però che vedo le cose dall’interno mi sono resa conto che si tratta di un’attività necessaria, indispensabile. Anzi, sono convinta dell’importanza di avere una base per poter raccogliere il più possibile, e che ci vogliano dei professionisti, perché così si possono aiutare più bambini.
Qual è l’aspetto del suo impegno che le piace di più?
L’aver compreso che il lavoro dietro le quinte, l’organizzazione è importante: ci vuole programmazione e pianificazione per poter dare un supporto utile ai colleghi che si occupano di raccolta fondi o adozioni a distanza. È un lavoro di ufficio, un po’ noioso, forse, però è indispensabile. E comunque, essere una piccola rotellina di questo ingranaggio, mi dà una grande soddisfazione.
Ha provato a coinvolgere qualche sua amica o qualche parent, in questa sua attività di volontariato?
Sì, ne ho parlato ai miei ex colleghi, una l’ho portata in sede per farle conoscere la responsabile. Mi vedono entusiasta e positiva, ho spiegato loro che dietro il mio impegno ci sono i bambini che si aiutano. Il sospetto, per chi ci approccia dall’esterno, è sempre lo stesso, ci si chiede: «dove vanno a finire i soldi?». L’entusiasmo, e le spiegazioni su cosa facciamo, hanno rotto questa diffidenza. E così qualcuno ha cominciato a chiedermi informazioni per fare donazioni.
Se dovesse invitare qualcuno a fare volontariato, cosa direbbe?
Prima di tutto, che non bisogna fare volontariato mordi e fuggi. La scelta di fare il volontario non deve essere dettata dall’entusiasmo del momento. Sottolineo il fatto che si deve essere davvero convinti, perché si imbocca una strada che comporta anche un po’ di sacrificio: il volontariato è un impegno costante. Se c’è anche solo un minimo di incertezza prima di inizare, è meglio lasciar perdere, perché da quando dici “sì”, gli altri comiciano a contare su di te.
C’è un consiglio che darebbe alla sua associazione?
Direi di rafforzare la formazione dei volontari, con degli incontri di aggiornamento ogni tot per continuare ad apprendere. Soprattuttto, punterei a una formazione di tipo motivazionale, per cercare di fidelizzare i volontari.

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