Economia
“Con i bambini”, così l’intervento pubblico non statale ha fatto goal
L’impresa sociale nata per realizzare progetti di contrasto alla povertà educativa compie due anni. Tre bandi (uno ancora in fase di valutazione) che hanno interessato circa 20mila organizzazioni tra terzo settore, istituti scolastici ed enti pubblici, 166 progetti approvati e 240mila minori interessati, oltre 135,5 milioni di euro erogati. Intervista al presidente Carlo Borgomeo
L’impresa sociale “Con i Bambini” compie due anni. Costituita il 15 giugno 2016, è una società senza scopo di lucro che ha per oggetto l’attuazione dei programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, previsti dal Protocollo d’Intesa stipulato il 29 aprile 2016 tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Presidente di Acri, l’associazione delle Fondazioni (in attuazione di quanto previsto dall’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208). “Con i Bambini” impresa sociale srl è interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD, ente non profit privato nato undici anni fa dall’alleanza tra le Fondazioni di origine bancaria e il mondo del Terzo settore e del volontariato per favorire lo sviluppo del Mezzogiorno attraverso la promozione di percorsi di coesione sociale e sostenendo buone pratiche di rete. La sua storia, pur essendo breve è una storia di successo: in meno di due anni ha promosso 3 bandi (uno ancora in fase di valutazione) interessando circa 20.000 organizzazioni tra terzo settore, istituti scolastici ed enti pubblici, 166 progetti approvati e 240.000 minori interessati, oltre 135,5 milioni di euro erogati, dei 360 milioni di euro previsti dal Fondo per tre anni per sostenere interventi sperimentali e di comunità grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa. Il Bilancio di missione di Con i bambini e il bilancio di missione di Fondazione con il Sud sono entrambi “navigabili” su www.bilanciodimissione.it. Un successo non solo nei risultati ma nella forma inedita e, alla partenza, sperimentale, scelta per un vero e proprio intervento pubblico che ha trovato attuazione attraverso un soggetto privato. Traendone vantaggi in efficienza, efficacia, trasparenza e risparmio di costi. Per capire di più il segreto di una sperimentazione che potrebbe diventare ora un modello per l’innovazione nell’ambito degli interventi pubblici abbiamo interpellato Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione Con il Sud a cui recentemente è stata rinnovata la fiducia per i prossimi 5 anni.
Presidente, considerati i risultati di questi due anni, si può dire che l’esperimento di “Con i bambini” sia pienamente riuscito?
Ne sono convinto. Vede, nel mare di dibattito sulla crisi del Welfare, crisi strutturale e non congiunturale, non ci sono state grandi innovazioni. Si sono spese tante parole in convegni ma si sono viste poche sperimentazioni. Credo il nostro tentativo, neppure tanto piccolo, si trattava di finalizzare 360 milioni di euro per il contrasto alla povertà educativa, sia un’esperienza significativa che può indicare una strada. Il nostro è un caso esplicito di un intervento dalla acclarata dimensione pubblica ma non statale. Ricordo che in questo Paese ci sono un milione di minori che vivono in uno stato di povertà assoluta che non è solo materiale ma anche e soprattutto educativa, un problema enorme per il nostro futuro. Ebbene, un soggetto come le Fondazioni d’origine bancaria decidono di investire denaro per contrastare questo fenomeno, lo Stato decide anche da parte sua di contribuire all’investimento attraverso il meccanismo del credito di imposta, e insieme decidono che l’attuazione del progetto sia in mano a un soggetto privato senza scopo di lucro. Per questo è nata l’impresa sociale “Con i Bambini”, per attuare il progetto. I soldi non stanno in qualche piega del Bilancio statale ma in capo all’Acri (associazione delle Fondazioni), il Comitato di indirizzo composto da 12 membri ha i rappresentanti statali in minoranza (4 rappresentanti), così come le Fondazioni e, qui sta la novità, il Terzo settore. La valutazione dei progetti è in capo “insindacabilmente” (nessun ente statale avrebbe potuto usare questa formula) al soggetto attuatore. Ecco perché il nostro è un caso di intervento pubblico non statale. Pubblico, per la rilevanza del tema, pubblico perché le graduatorie sono pubbliche, pubblico perché le assunzioni sono state fatte tramite call pubblica, tutto è pubblico, ma il soggetto è privato non profit.
Immagino che tutto questo abbia avuto un benefico effetto anche sui costi di gestione del progetto…
Un effetto incredibile. La promozione dei bandi, l’istruttoria e la valutazione di 2000 progetti in due anni, la liquidazione del denaro ai progetti selezionati, il monitoraggio, tutto fatto con 16 addetti, ha un costo di funzionamento del 3,5% del budget totale. Non faccio paragoni antipatici, fateli voi, ma credo sia un record.
Se ne può trarre una morale?
L’offerta onnivora di Welfare se continua a rimanere in mano allo Stato è destinata a bruciare risorse e a non raggiungere i bisogni. Il Terzo settore è chiamato ad intervenire in chiave di supplenza, con i guai che ben conosciamo, oppure viene ammesso ai tavoli. Credo sia giunto il momento di avere più coraggio da parte dello Stato, affidi l’attuazione di interventi pubblici a soggetti privati non profit. Faccio un solo esempio, il Pon (Piano Operativo Nazionale) inclusione 2014-2020 coofinanziato dal Fondo sociale europeo sino a che resterà in capo allo Stato continueranno ad esserci troppi soldi non spesi. Perché non affidare l’iniziativa alle Fondazioni? Inoltre, suggerirei il fatto che su certi temi, come quello della povertà educativa o più in generale della povertà, senza il Terzo settore i progetti non camminano e non incrociano mai i territori, al massimo incrociano le burocrazie locali.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.