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Con Gheddafi bisogna dialogare?
I passaggio più importanti del discorso del Colonnello al Senato. Vota il sondaggio di Vita.it
Il dittatore libico Gheddafi che nel corso degli anni, come ha sottolineato Franco Venturini sul Corriere della Sera, ha assicurato il suo sostegno ai terroristi di Eta ed Ira, all’espulsione degli italiani nel 1970, e ha dato l’ordine di sparare missili contro Lampedusa e fino al 2003 ha portato avanti un porgramma nucleare segreto, ha parlato al Senato delle Repubblica. Questi gli stralci più importanti del suo intervento.
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GLI AMICI ANDREOTTI, COSSIGA, DINI E D’ALEMA
«Con la decisione coraggiosa del mio amico Silvio Berlusconi siamo arrivati a questo Trattato di amicizia e cooperazione che va nell’interesse dei nostri due popoli».
Lo ha detto il leader libico Muammar Gheddafi nel suo intervento alla sala Zuccari di palazzo Giustiniani, nel corso del quale ha ringraziato il presidente del Senato Renato Schifani per le parole pronunciate in precedenza e si è detto «contento di vedere tanti vecchi cari amici come Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Lamberto Dini», e ha citato anche Massimo D’Alema, in quanto fautori di un percorso di avvicinamento tra Tripoli e Roma che aiutasse a «chiudere la pagina dolorosa delle atrocità e distruzioni del passato coloniale prefascista e fascista». «L’Italia di oggi -ha detto Gheddafi- non ha nulla a che vedere con quella di ieri» e se lui ricorda le umiliazioni patite dal «pacifico popolo libico» ad opera italiana «è solo perchè mi dicono che i vostri giovani non conoscono ciò di cui si resero responsabili i loro padri. Il popolo libico non chiede nulla di materiale -ha sottolineato- ma solo il riconoscimento dell’errore e del fallimento del progetto colonialista». D’altronde, ha proseguito, «i tempi cambiano e come Roma fu un grande impero, così gli arabi arrivarono a conquistare l’Africa settentrionale, o i Fenici a fondarne uno loro arrivando con i Cartaginesi quasi a conquistare Roma. Insomma, i forti possono diventare deboli e i deboli possono diventare forti…».
GIUSTIZIA DIVINA
Gheddafi ha ricordato i gas usati in epoca fascista contro i libici, ma «la giustizia divina arriva in terra e anche nell’aldilà e gli italiani giustiziarono per contro loro l’assassino Mussolini che ha avuto la sua punizione. Ma quello che dobbiamo fare è trasformare il male in bene e con questo trattato abbiamo pensato alle future generazioni, eliminando ogni possibile percorso minato. Siamo al centro del Mediterraneo e le uniche ostilità possibili sono quelle contro i cambiamenti climatici, il terrorismo, la povertà e le migrazioni».
IL DOPPIOPESISMO DELL’OCCIDENTE
Muammar Gheddafi ha poi invitato l’Occidente a non usare due pesi e due misure quando condanna il terrorismo e le teocrazie dell’Islam senza guardare prima in casa propria. «Che differenza c’è tra l’attacco degli americani nel 1986 contro le nostre case e le azioni terroristiche di Osama bin Laden?», ha detto Gheddafi riferendosi al bombardamento ordinato da Ronald Reagan. «E se Bin Laden non ha uno Stato ed è un fuorilegge, l’America è uno Stato con regole internazionali».
IL COMUNISMO NON È IL MALE
Nel discorso Gheddafi ha anche parlato dei regimi che l’Occidente considera ostili. «Non possiamo essere tutti uguali», ha osservato, «che male c’è se la Corea del nord vuole essere comunista? O se l’Afghanistan è in mano ai mullah? Non è forse il Vaticano un rispettabile Stato teocratico con rappresentanze in tutto il mondo?». E ancora: «È stata una buona idea far crollare il regime iracheno spalancando le porte ad Al Qaeda?».
IN IRAQ, GRAVI ERRORI
«Grazie agli Usa», ha aggiunto, oggi l’Iraq è diventato «terreno di battagli per Al Qaeda» mentre «con Saddam Hussein era un bastione contro il terrorismo in cui al Qaeda non poteva entrare». Il leader libico ha difeso la sua scelta di rinunciare alle armi nucleari e chimiche, annunciata nel dicembre 2003, ma si è chiesto: «Perchè la Corea del nord e l’Iran cercano oggi la bomba atomica? Perchè non e’ stato offerto loro nulla in cambio. È stato detto loro: fate come la Libia rinunciate al nucleare e loro hanno detto: come sono stati ricompensati i libici?». «Ma noi siamo convinti della bontà della nostra scelta».
IMMIGRAZIONE, SFIDA COMUNE
«Quella dell’immigrazione è una sfida comune: la Libia fa la parte del leone come paese di partenza ma la meta principale è l’Italia anche come possibile transito verso altri Paesi d’Europa». Il fenomeno «non riguarda solo l’Italia o la Libia, ma se ne devono interessare l’Ue, l’Unione africana, l’Onu e il mondo intero, che non debbono lasciare questa responsabilità solo ai nostri due Paesi. È un problema che non possiamo affrontare da soli» «Alla Libia -ha aggiunto- l’Ue fornisce un miliardo di euro l’anno, ma non bastano per i controlli che sono necessari. Ben diversa l’assistenza italiana che mette a disposizione motovedette e altri mezzi. E poi ci sono le proteste delle associazioni per i diritti dell’uomo, che dicono che vengono violati i diritti dei migranti. Potrei anche rispondere: allora lasciate l’immigrazione libera, lasciate che vadano tutti in Italia, ma poi -ha concluso- pensateci voi a curare, nutrire e dare un lavoro a queste milioni di persone».
La seconda giornata della visita di Stato è proseguita poi con l’intervento all’Università La Sapienza, dove il colonnello ha risposto alle domande degli studenti. Nell’ateneo sono scoppiai scoppiati disordini tra polizia e alcuni giovani che contestano l’invito al leader libico.
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