Famiglia

Con don Gelmini in Brasile. Così ho fatto il padre. Da Alfredo a Wilton

La Comunità Incontro compie 33 anni e il fondatore li festeggia con i ragazzi di strada. (di Francesca Spinola)

di Redazione

Wilton è il primo a venirci incontro. Ha 12 anni ma ne dimostra 8. Il suo nome lo pronuncia Ouilton perché forse la W non gli è familiare, e così ci si mette un po? a capire come chiamarlo. È festa, alla Comunità Incontro del Brasile. Ma questa non è una comunità che assomiglia a quelle italiane. Qui vengono accolti e vivono i meniños de rua, i bambini di strada (ce ne sono unatrentina, fra i 9 e i 12 anni): vagabondi senza famiglia, piccoli già grandi, che arrivano a 10 anni avendo provato tutto, dalla prostituzione alla droga, dalla violenza all?alcol. Oggi don Pierino Gelmini celebrerà i battesimi e le cresime qui a Planaltina, dove si arriva attraversando una favelas di Brasilia, São Sebastião, dove le fogne sono a cielo aperto e i bambini camminano scalzi. Poi, 30 chilometri di strada sterrata, rosso sangue, circondata da campi di soia e qualche terreno incolto. Piove. Don Gelmini è qui da due settimane. I bambini sono più allegri del solito e indossano le loro magliette migliori. «Molti di loro non sanno quando sono nati e noi non sappiamo da dove vengono», spiega Liliana, che si occupa dei più piccoli. Di quelli più grandi, dai 13 in su, si occupa Javier, boliviano, con Antonio, italo-boliviano, tutti e due agronomi e impegnati anche a mandare avanti la fattoria. «Abbiamo 69 vacche e 30 maiali, poi galline e papere», racconta Antonio trafelato perché sono quasi le 11 e lui non si è ancora cambiato. Una scrofa ha appena partorito e lui è dovuto correre ad assisterla. Un aiuto oltre la diplomazia A minuti arriveranno anche i diplomatici dell?ambasciata d?Italia, l?ambasciatore Vincenzo Petrone con la moglie e le figlie, il suo vice e poi il primo consigliere commerciale, Mauro Marsili, grazie ai quali la Comunità Incontro ha ricevuto 150 milioni di lire nel 2001 e 180 ne riceverà quest?anno. «Si tratta di un progetto a supporto della logistica», spiega l?ambasciatore Petrone, «gestito in modo diretto dall?ambasciata. Intervenendo solo sulla logistica lasciamo piena libertà ai nostri beneficiari di portare avanti i loro progetti senza alcuna nostra interferenza». Dalla jeep dell?ambasciata scaricano un calciobalilla e quattro palloni da calcio, di quelli in pelle. I ragazzi restano in disparte un po? meravigliati, ma non è ancora il momento di giocare. Don Pierino è uscito dalla sua stanza, di fianco alla camerata dei ?grandi?, e sta chiamando tutti a raccolta dentro la chiesa. Con lui arriva anche Pier Paolo, la sua ombra. Siciliano, alto e magro, porta ancora sul viso i segni di un passato da tossicodipendente. Segue Don Pierino ovunque vada.«Don Gelmini si porta sempre un ragazzo della Comunità di Amelia quando viaggia, gli fa un po? da guardia del corpo e un po? da attendente, ma lui essenzialmente lo fa per fargli conoscere il mondo, realtà diverse», ci spiega Francesco Perlotto, il braccio operativo della cooperazione all?Ambasciata d?Italia. Tra ricordi e rischio Inizia la funzione. Don Gelmini si rivolge all?assemblea. «Era il 13 febbraio 1969 quando, passeggiando di fronte la chiesa di Sant?Agnese a Piazza Navona, mi sono sentito chiamare ?A zi? pre?, damme ?na mano?. Era Alfredo, un giovane con i capelli lunghi, drogato, riverso sui gradini della chiesa. L?ho preso con me e l?ho portato a casa. È stato il primo incontro. Lì è nata la comunità e il 13 febbraio festeggiamo 33 anni di vita». L?America Latina è il cruccio di don Pierino. «Qui i ragazzi incominciano a battere la strada a 4, 5 anni; le madri non hanno mai un marito, un uomo con cui formare una famiglia e i bambini finiscono per vagabondare». Poi don Pierino prende un libriccino e ci legge di Giulio, 17 anni: «Avevo il desiderio rabbioso di sfruttare, estorcere e ricattare; un bisogno irrefrenabile di avere cose: denaro, alcol, droga, sesso a ogni costo, senza mai pensare a un futuro che sai di non avere». È passato un anno da quando Giulio è stato raccolto svenuto per strada, per abuso di crack, e ora il suo sogno è andare in Italia. Forse lo realizzerà, forse no, ma ora Giulio, come Wilton, Adriano, Carlos e altri come lui, ha un posto dove stare anche se il richiamo della strada, ?la rua?, è sempre forte. E purtroppo molti di questi ragazzi che oggi salutano don Pierino, quanto lui tra sei mesi tornerà, non saranno più qui.


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