Mondo

Con Beteyà digital farm l’arte rifiorisce sui terreni confiscati

Il percorso didattico, promosso dall’associazione Don Bosco 2000 a Villarosa, in Sicilia, propone un’esperienza immersiva sul caporalato e sull’influenza della mafia nei percorsi di sfruttamento dei più deboli e anche un gioco con la realtà aumentata dedicato ai più piccoli ma adatto a tutte le età

di Nicola Varcasia

A contrada Aratate, a Villarosa, in provincia di Enna, l’associazione Don Bosco 2000 ha inaugurato la mostra interattiva Beteyà Digital Farm. Oltre ai contenuti dell’esposizione è importante il luogo stesso in cui sorge: si tratta di terreni confiscati alla mafia e che ora sono letteralmente rinati.

Nato come spin-off di un progetto di co-housing e agricoltura sociale che l’associazione Don Bosco 2000 ha attivato nel 2021, la digital farm è un polo didattico dove la cultura, il valore e l’approccio pratico tipico del settore agricolo vengono insegnate in aule formative dotate di strumentazione tecnologica e realtà virtuale, fruibili non solo dai destinatari del progetto, ma anche dalla collettività e dalle scuole.

«Mi ricordo quando siamo arrivati qui nel 2015 con il sindaco Costanza, c’erano ancora le mangiatoie», ha raccontato Agostino Sella, presidente della Don Bosco 2000, al taglio del nastro, «e ora abbiamo un centro di accoglienza e da oggi un percorso didattico aperto alla collettività. In questi casi la collaborazione con le istituzioni è fondamentale».

Una collaborazione che ha permesso di creare «un vero proprio percorso di vita», ha dichiarato l’ex senatore Antonio Scavone alla presentazione del progetto «questo non è solo un progetto di accoglienza, ma un progetto che deve diventare circolare: la soluzione dell’immigrazione è dare una risposta a chi viene, formare le persone secondo le esigenze del proprio territorio e far sì che possano tornare nel proprio territorio di origine».

Un tema, quello dei beni confiscati, fortemente dibattuto: «Si sente spesso dire che quando il bene confiscato passa nelle mani dello Stato e dei privati poi si perde. Molto spesso abbiamo dato una visione negativa dei beni confiscati» ha dichiarato l’onorevole Luisa Lantieri, vice presidente dell’Assemblea regionale siciliana, anche lei intervenuta alla presentazione, “sono convinta che questo sarà invece il caso di una risposta positiva, un esempio che possiamo portare a livello regionale”.

Divisi in quattro gruppi, i partecipanti all’evento inaugurale hanno potuto percorrere “ll seme dei diritti”, una mostra interattiva allestita dal collettivo di artisti Aurora meccanica sul caporalato e sull’influenza della mafia nei percorsi di sfruttamento dei più deboli. Un percorso emotivo e sensoriale che coniuga elementi fisici a contenuti digitali: in questo modo il museo si trasforma, diventa un luogo vivo e accessibile, in cui sperimentare nuovi modelli di didattica e di sensibilizzazione.

Alla fine del percorso, un vero e proprio gioco in realtà aumentata, sviluppato dallo studio Metaverse studio digital mosaik che, attraverso Carta nostra, ha utilizzato la gamification per coinvolgere i bambini attraverso l’uso di un visore di realtà virtuale e renderli protagonisti della narrazione ambientata a Villarosa, ricreata in chiave cartoon. Dotati di visori speciali, che li hanno trasferiti in un vero e proprio mondo virtuale i partecipanti sono diventati protagonisti di una storia di legalità. Davanti a delle situazioni in cui era fondamentale scegliere la giusta soluzione, loro stessi hanno deciso come procedere. In questo modo la scelta del giusto, del legale, è stato di grande impatto per ciascuno di loro.

«Con la Digital Farm di Villarosa vogliamo avvicinarci ai più giovani, per insegnare loro la cultura della legalità che molto spesso in quel contesto è stata violata. Vogliamo farlo» – spiega Roberta La Cara, direttrice dell’area ricerca e sviluppo dell’associazione Don Bosco 2000 – «stando vicini a loro, parlando il loro stesso linguaggio, provando le stesse emozioni, perché solo percorrendo insieme il medesimo cammino potremo raggiungere gli importanti risultati auspicati nel lungo periodo».

Al termine del percorso, i partecipanti sono stati accompagnati dall’agronomo Daniele Tagnese presso la serra di acquaponica, un esempio di agricoltura sostenibile che applica una tecnica agroalimentare già riconosciuta dalla Fao come la più moderna in vigore. Una vera e propria attività dove ragazzi migranti e italiani attualmente collaborano, e che permetterà la realizzazione di questi stessi impianti in Africa: un esempio di cooperazione circolare a tutti gli effetti.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.