Servizi per le Dipendenze
Comunità terapeutiche, l’intesa sui criteri c’è. Ma le risorse?
Nella Conferenza Stato-regioni è stata approvata l’Intesa sui criteri di sicurezza e qualità delle comunità terapeutiche. Luciano Squillaci, presidente Fict: «È un fatto rilevante per tutti i servizi accreditati, ma è il risultato di una mediazione. Nell'intesa non si parla di risorse finanziarie, ci deve essere un investimento adeguato per garantire la sostenibilità»
Il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno approvato l’intesa sul documento “Criteri di sicurezza e qualità delle strutture sociosanitarie residenziali per l’assistenza alle persone affette da dipendenze patologiche (comunità terapeutiche)”. «È un fatto rilevante per tutti i servizi accreditati. Si tratta del primo atto normativo che definisce criteri sostanzialmente omogenei per quanto riguarda i requisiti di accreditamento delle diverse strutture», dice Luciano Squillaci, presidente Federazione Italiana Comunità Terapeutiche – Fict. «Ma bisogna provvedere all’attuazione delle disposizioni senza ulteriori risorse. Questo ci dà delle preoccupazioni».
Sei mesi di tempo per recepire
«Il documento presenta cosa le regioni, pur nella loro autonomia, devono fare in modo che vengano garantiti criteri di sicurezza e qualità dalle comunità terapeutiche, che si accreditano o che sono già accreditate». Le regioni hanno sei mesi di tempo per recepire formalmente l’intesa, entro 18 mesi dalla data di sottoscrizione devono adeguare i manuali di accreditamento e di autorizzazione per quanto riguarda i servizi alle dipendenze. «Fatto questo, le comunità si dovranno adeguare ai requisiti presenti nel documento, che sarà importante per garantire uniformi criteri di qualità su tutto il territorio nazionale», continua Squillaci, «seppure sarà necessario definire bene i criteri nei diversi manuali regionali per non snaturare le esperienze comunitarie e, soprattutto, garantire il finanziamento degli eventuali nuovi requisiti introdotti».
Un lavoro di rete
Le maggiori reti rappresentative delle comunità terapeutiche avevano chiesto, tempo fa, che si strutturasse un documento capace di rendere omogenei, su tutto il territorio nazionale i criteri di accreditamento, salvaguardando le specificità delle comunità terapeutiche. «Il Dipartimento Politiche Antidroga, Dpa, ha recepito questa richiesta e l’ha “passata” per competenza al Ministero della Salute, che con un suo tavolo, appositamente costituito per gli accreditamenti delle comunità, ha costruito un’ipotesi». Questa ipotesi è stata confrontata dal Ministero della Salute con le regioni, il Dpa e le reti rappresentative delle comunità terapeutiche e si è arrivati al documento approvato.
Un’intesa senza risorse
«Non è il risultato che ci aspettavamo, ma è il frutto di una mediazione. Può costituire un passo avanti ma, ripeto, alcuni passaggi sono da interpretare per salvaguardare la specificità delle comunità terapeutiche e per garantire che siano interventi basati sulle evidenze scientifiche per evitare l’eccessiva “sanitarizzazione”. Poi, una volta modificati i requisiti, ci deve essere un investimento adeguato in termini finanziari per garantire la sostenibilità. Se, ad esempio, si chiede di avere due operatori in più, la retta deve aumentare per coprire i costi», prosegue Squillaci.
Nel documento si legge che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all’attuazione delle disposizioni dell’intesa “nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a disposizione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. «Questo fatto ci preoccupa un po’. Non vogliamo creare il problema ora, ma va garantita la sostenibilità: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di enti del Terzo settore, che non hanno molte risorse».
Foto in apertura AP Photo/Matt Rourke/LaPresse
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