Sostenibilità

Comunità energetiche, le diocesi sono quelle che ne sanno di più

I referenti delle diocesi battono tutti quanto a conoscenza approfondita di cosa sono le comunità energetiche rinnovabili: il 47% conosce bene il concetto, contro il 32% delle imprese e il 13% dei cittadini. Le 25.610 parrocchie d'Italia sono pronte a fare il salto

di Sergio Gatti

Cala il prezzo del gas. Quindi diventa meno urgente la conversione energetica? Ad un anno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate russe, il prezzo del gas è sceso sotto i 50 dollari. Questa riduzione non significa che la gravità della crisi energetica si sia attenuata né tantomeno che si avvicini alla conclusione. Basti pensare che negli stessi giorni la siccità irrompe in piena stagione invernale. Quindi la produzione di energia dovrà comunque rinunciare alle fonti fossili che generano anidride carbonica. Vale la pena tenere alta l’attenzione. E non sciupare le tante progressive consapevolezze che stanno maturando. Un contenitore prezioso di informazioni, dati, ragionamenti è rinvenibile nel rapporto Le Comunità energetiche rinnovabili contro la crisi, pubblicato lo scorso novembre da Symbola.

È originale l’angolo di lettura dal quale muove lo sguardo il dossier che indaga per la prima volta insieme il “pianeta” dei cittadini, quello delle imprese e quello delle diocesi. Se la sensibilità degli imprenditori sulla questione energia non è una sorpresa, potrebbe invece meravigliare la diffusa attenzione da parte delle diocesi. Questo è uno dei fatti nuovi: «Le Cer sono uno strumento per veicolare il senso di comunità e dialogo con i soggetti laici. Le Cer hanno stimolato le strutture ecclesiali a scendere di nuovo in campo concretamente, ad affiancare i Comuni, la politica… per realizzare un progetto che ha la forza di mettere in connessione mondo laico e parrocchie», si legge in uno dei passaggi di natura qualitativa del rapporto. E ancora: «Le Cer diventano un’occasione per alimentare la relazione, la partecipazione e combattere concretamente la povertà energetica, fenomeno sempre più diffuso, posto in evidenza anche nell’enciclica Laudato si’ del 2015. Occorre infatti far leva sulla capacità delle Cer di generare valore sociale che diventa poi economico e ambientale. Ecco perché le diocesi si stanno muovendo per promuovere un dialogo con i soggetti laici e pubblici, così da diffondere informazione e coinvolgere in un’ottica trasversale».

Il livello di conoscenza delle Cer da parte dei tre “pianeti” indagati è buona. «Ne ha sentito parlare il 100% delle diocesi, tre esponenti su quattro del mondo delle imprese (75%) e l’85% della popolazione. Tuttavia, è solo il 13% dei cittadini a conoscere bene il concetto, il 32% delle imprese ma ben il 47% dei referenti diocesani». Le principali opportunità nel partecipare a una Cer, secondo la popolazione, «sono il risparmio economico e la garanzia di indipendenza e sicurezza energetica sul territorio, citate quasi a pari merito. Anche se numericamente più marginali, non mancano le aspettative positive in termini di impatti sulla società e sull’ambiente (l’adozione di un modello più sostenibile, la lotta alla povertà energetica, il rafforzamento dei legami di comunità). Preoccupano invece principalmente i lunghi tempi di realizzazione e gli investimenti economici che lo strumento richiede, seguiti dal cambio di mentalità, dall’incertezza degli incentivi e dalla burocrazia o necessità di conoscere le normative. Sia le imprese sia le diocesi auspicano un ruolo di promozione delle Cer da parte delle amministrazioni locali. Altri attori chiamati in gioco dalle diocesi sono le parrocchie e i cittadini, mentre per le imprese sono il Governo e le associazioni di categoria».

Anche elementi qualitativi offrono spunti sui quali lavorare. Le Cer evocano ingredienti-chiave “costitutivi”, pregiati e concretizzabili, quali la condivisione («l’idea di mettere a fattor comune l’energia come simbolo della capacità del vivere bene insieme e del senso di comunità»); l’educazione («uno strumento in grado di far comprendere concretamente i vantaggi economici del consumo condiviso, ma anche di educare a una nuova sensibilità e cambio di paradigma»); l’ambiente («uno strumento davvero proiettato al benessere dell’ambiente nella sua interezza che risponde a logiche attuali di autonomia, risparmio, comunità, scambio reciproco»); il futuro («un’idea realizzabile oggi ma che risponde a logiche già proiettate nel domani, anche grazie alle smart grid, alla domotica e ai sistemi di controllo consumi digitalizzati»).

Foto di Wolfgang Hasselmann su Unsplash

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