Cultura

Comunità contaminata? Sì, per crescere di più

Recensione del libro Immunitas di Esposito (di Domenico Stolfi)

di Redazione

Le categorie del politico? Parole dal conio logoro, da ripensare. Forte di questa convinzione, Roberto Esposito ha già sottoposto anni fa il concetto di comunità alla decostruzione dei suoi fondamenti, sottraendolo alla mistica del sangue e suolo e restituendolo al suo originario significato etimologico: cum munus. Munus significa infatti dono, vuoto, debito, insomma l’esatto opposto di chiusura, proprietà, esclusione ed egoismo etnico cui una vulgata nostalgica e parafascista ha voluto inchiodare il senso della comunità. Oggi Esposito decostruisce un altro concetto chiave del lessico politologico, l’immunizzazione, paradigma che marca trasversalmente ambiti diversi dell’esperienza contemporanea: il diritto, la tecnologia, la politica e la medicina. In Immunitas (Einaudi, 15 euro), Aids, fobia dello straniero e virus informatici entrano in una stessa costellazione semantica caratterizzata dall’angoscia del contagio. E all’infiltrazione d’elementi estranei e ansiogeni, la vita dell’individuo e della società risponde alzando barriere, opponendo strategie immunitarie. Ma come accade per il corpo individuale, anche quello collettivo può vaccinarsi solo immettendo omeopaticamente proprio una parte di quel male da cui si sente minacciato. Di fronte a un sicuro esito entropico e autodistruttivo, la comunità dovrà accettare il rischio di lasciarsi contaminare. Per dirla con Holderlin, là dove c’è il pericolo, là cresce anche ciò che salva.

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