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Comuni acchiappasoldi, al non profit le opinioni

Che fine hanno fatto 800 miliardi dal ‘97al ‘99

di Redazione

Non è stato facile il rodaggio della legge 285. Una normativa innovativa soprattutto per il nuovo approccio con il quale si volevano affrontare le problematiche di infanzia e adolescenza e perché richiedeva il coinvolgimento di diversi attori. Attori però non sempre allenati a recitare insieme sullo stesso palcoscenico. Alla vigilia di un nuovo finanziamento della legge varrà quindi la pena vedere cosa ha funzionato e cosa no, per migliorare le pratiche della sua attuazione. Nella relazione presentata recentemente al Parlamento sull?attuazione della legge per il triennio 1997/1999, che ha visto uno stanziamento di 800 miliardi, già si scorge come le opportunità della normativa siano state sfruttate non solo per innovare e qualificare gli interventi sul territorio, ma spesso per tamponare servizi già esistenti, anche se carenti. Una legge come la 285 che doveva far leva sulle realtà locali si è imbattuta in una delle caratteristiche peculiari dell?amministrazione pubblica italiana: il burocraticismo, che ha fatto sì che si sia ragionato poco su approcci complessivi, mirando a rafforzare e finanziare le consuete modalità di intervento. Ma non solo. Una delle grandi novità della legge era quella di portare in primo piano il coinvolgimento del Terzo settore: un coinvolgimento che però c?è stato solo nella metà dei casi, dice la Relazione, e spesso solo tramite ?consultazione di qualche esponente?. Tra le cause individuate vi è anche il fatto che ?il terzo settore non è riuscito a proporsi all?ente locale come interlocutore unitario rappresentativo delle anime che lo compongono: il volontariato, la cooperazione sociale e l?associazionismo?. Nel leggere le schede di ricognizione sullo stato di attuazione della 285 per ambiti territoriali, poi, colpisce anche il fatto che a giugno ?99 solo Lazio e Toscana avevano impegnato totalmente il fondo regionale creato in base alla legge. La Relazione si conclude sottolineando diversi rischi: il prevalere della finalizzazione delle risorse a una mera risposta assistenzialistica, l?istituzionalizzazione dei servizi (in molti casi si è assistito a una loro moltiplicazione più che alla ricerca di strade nuove) e come controcanto la proliferazione di sperimentazioni infinite e non sempre verificabili.


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