Formazione
Communitas: Una rivista in progress
Nelle librerie Feltrinelli il nuovo numero di Communitas "Nuda vita, vita nuda". Al centro: il corpo nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, sociale ed etica
Quando, nel febbraio scorso, lanciammo il progetto di una rivista che si proponeva di essere luogo di prossimità ove si potessero coa-gulare disperazioni in cerca di speranza e speranze capaci di confrontarsi con ogni disperazione, pensavamo a un luogo capace di mettere in comunicazione liberi pensatori, studiosi, imprenditori e realtà organizzate della società di mezzo, ma ancora non sapevamo esattamente che direzione avrebbe preso il nostro cammino. Sapevamo, a dire il vero, cosa cercavamo con Communitas: un luogo per cominciare a ?pensare insieme? le sfide di questa nostra epoca. Cercavamo uno spazio di lavoro e di riflessione che permettesse di condividere e approfondire pratiche, visioni, pensieri. Sapevamo, e avevamo ben chiaro, che Communitas sarebbe stata una rivista di racconto prima che di interpretazione. E ce n’è da raccontare, come dimostra lo spessore – davvero imprevedibile al momento del nostro piano editoriale – dei volumi che vi stiamo proponendo.
Giunti a metà del nostro cammino (ci eravamo infatti dato l’orizzonte editoriale di un anno di edizioni), vi presentiamo questo quinto volume dedicato al racconto e alla riflessione intorno a uno dei temi che avevamo annunciato al momento del lancio di Communitas: cosa sia la vita oggi, al tempo della sua riproducibilità tecnica e dell’avvento della biopolitica e della biofinanza. Un tema talmente epocale – e che rimette in questione la nostra stessa percezione antropologica e i fondamenti del diritto che sin qui abbiamo ri-conosciuto – che il lavoro di riflessione, di racconto sul campo, di documentazione e di confronto tra noi ha richiesto un tempo più lungo di quanto avevamo preventivato e uno spazio ben maggiore di quello che le ragioni produttive e postali impongono ai numeri di Communitas, un massimo di 320 pagine.
Il confronto su cosa sia nuda vita e vita nuda oggi ci ha costretto a porci di fronte a questioni inedite e poco esplorate. Non essendoci accontentati del già frusto bipolarismo etico inscenato nel nostro Paese ai tempi del referendum sulla legge 40 nel maggio scorso, il lavoro di preparazione della rivista ci ha condotto a conoscere da vicino le realtà dei laboratori di ricerca e quelle delle comunità dove quotidianamente ci si confronta su cosa siano la vita e la morte, ci ha obbligato a riformulare i nostri pensieri più certi, ci ha spinto verso nuovi incontri e nuove collaborazioni. Uno per tutti, l’incontro con Pietro Barcellona, che con questo numero ha fatto il suo ingresso nel Comitato scientifico della rivista.
Ciò che oggi presentiamo come frutto del lavoro di tre mesi di ricerca e di confronto è un numero di Communitas che siamo costretti a proporvi diviso in due volumi. Il primo, che avete tra le mani, indaga su tre questioni cardine: il corpo procreato, il corpo fabbricato e il corpo al lavoro. Il secondo, che leggerete tra poche settimane (e di cui trovate l’indice già in questo volume) sarà dedicato alla specifica questione della politica e del diritto di fronte ai temi della vita e della morte. Un secondo volume in cui troverete anche una documentazione sul percorso legislativo dell’Unione europea e un glossario: una strumentazione che vuole facilitare la comprensione e il confronto con una questione così centrale e capitale per il nostro presente e il nostro futuro.
Entro l’anno uscirà anche il numero 7 della rivista, dedicato anch’esso a uno dei temi individuati sin dall’inizio dal nostro piano editoriale: indagheremo su cosa significhi oggi l’autonomia del sociale e l’autonomia del politico e su quanto grave sia la crisi delle rappresentanze sociali e politiche. Lo faremo con tutti coloro che avvertono quanto siano inadeguati lo spazio della rappresentanza di sé, della società di mezzo, e lo spazio pubblico, della politica. Con tutti coloro, come abbiamo scritto nell’editoriale del primo numero di Communitas, «che hanno voglia di nuovo vicinato, e che si sottraggono alle forme del tempo presente come uniche forme possibili di racconto».
Il percorso intrapreso da questa rivista ci ha portato e ci porterà ancora a calpestare sentieri non previsti, forse, al momento del suo debutto, confrontandoci con temi a cui non avevamo pensato e in forme non preventivabili. Ma era proprio questo che cercavamo: «Non essere gruppo di intellettuali che fa interpretazione, ma più semplicemente degli accompagnatori, dei commentatori del racconto insopprimibile del voler essere in comune».
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