Cultura

Commercio: 125 milioni a rischio fame per crollo prezzo caff

Un settore controllato per il 40% da 4 multinazionali, Sara Lee, Procter & Gamble, Kraft e Nestle', accusate di 'fare il bello e il cattivo tempo'. La denuncia arriva da Oxfam

di Gabriella Meroni

E’ allarme rosso sul mercato mondiale del caffe’, una delle merci piu’ scambiate fra il Nord e il Sud del Pianeta, dalla quale 125 milioni di persone dipendono per vivere. Dietro all”espresso’ del bar, alla moka di casa, si nasconde una realta’ molto amara, una crisi senza precedenti, scatenata da prezzi ai minimi storici e da una sovra-produzione che ha messo in ginocchio il settore. Un settore controllato per il 40% da quattro multinazionali, Sara Lee, Procter & Gamble, Kraft e Nestle’, accusate di ‘fare il bello e il cattivo tempo’, tenendo bassi i prezzi. La denuncia arriva da Oxfam, una delle piu’ autorevoli associazioni ambientaliste ed e’ stata immediatamente raccolta dall’Organizzazione Internazionale del Caffe’ (Ico), decisa a scendere in campo per affrontare una situazione che ha ripercussioni politiche e sociali di proporzioni drammatiche in paesi fra i piu’ poveri e sottosviluppati. Da martedi’ prossimo fino al 27 settembre, i rappresentanti di 63 governi presenti nell’Ico, si riuniranno l’Organizzazione che rappresenta 50 paesi produttori, si riuniranno a Londra per discutere strategie anti-crisi. Oggi, pero’, questi produttori ricevono 24 centesimi la libbra (circa 450 grammi) contro i 3,6 dollari pagati dai consumatori dei paesi ricchi per questa stessa quantita’. ”La colpa maggiore di questa situazione drammatica e’ proprio di quattro multinazionali che controllano il 40% del mercato” sostiene Jovene che punta il dito anche contro le regole dell’Organizzazione Internazionale del Commercio. A schiacciare i prezzi non sono pero’ solo le politiche dei colossi del settore: a pesare e’ anche l’eccesso di produzione che nel 2001 e’ stata di 110 milioni di sacchi contro un consumo totale di 102 milioni di sacchi. Nel ’97 una serie di fatto ha spinto molti produttori a entrare sul mercato: A questo si e’ aggiunto l’ingresso del Vietnam sulla scena mondiale con una forte produzione a bassi prezzi. Di qui la crisi che, secondo le organizzazioni umanitarie, potrebbe portare alla fame un milione e mezzo di persone ”solo in Centro America” avverte Jovene che spera di arriva al piu’ presto alle 60 firme necessarie per far approvare la mozione in Aula. La coltivazione del caffe’, spiegano i firmatari, fra cui Francesco Martone, Tana de Zulueta, Franco Bassanini, Daria Bonfietti e Natale Ripamonti, ha una ”dimensione umana” che riguarda ”milioni di persone di paesi impoveriti o in via di sviluppo”, dal Kenia al Costa Rica, dal Vietnam al Brasile, ”rappresentando molto spesso l’unica risorsa di guadagno e di sopravvivenza”. E allora, per rispondere a questo dramma, uan strada e’ quella del Commercio Equo e Solidale. Una strada gia’ percorsa dal Parlamento Europeo che nel ’91 ha approvato una risoluzione per il sostegno attivo ai piccoli coltivatori di caffe’ del Terzo Mondo ”con una politica mirata di approvvigionamento e di introduzione del prodotto di provenienza del Commercio Equo e Solidale nelle istituzioni comunitarie”. Fra i paladini di questa battaglia anche, il deputato dei Verdi Alex Langer che era riuscito a far approvare una risoluzione sulla promozione del Commercio Equo e Solidale fra Nord e Sud. La mozione proposta da Jovene e’ che l’Italia segua questa strategia, con incentivi a questi prodotti e campagne di sensibilizzazione sui media e nelle scuole. Una scelta condivisa dalle organizzazioni che si battono per una maggiore giustizia negli scambi fra il Sud e il Nord del Pianeta. ”La mozione e’ utile se innesca processi concreti, se sfocia in iniziative commerciali e in diverse regole del gioco”sostiene Giorgio Dal Fiume ‘, presidente del Consorzio CTM Altromercato, la piu’ antica delle organizzazioni del commercio equo e solidale in Italia. ”A fronte di un disastro sociale e politico, il buonismo non serve. Bisogna recuperare forme di regolazione sovranazionali dei prezzi delle materie prime come e’ stato fatto negli anni ’60, quando attraverso l’Unctad, le nazioni Unite incentivarono gli accordi commerciali e i cartelli fra produttori per non far fluttuare i prezzi. Riequilibrare il mercato delle materie prime – caffe’ ma anche cacao, juta, banane e zucchero, prodotti dai quali dipende il sostentamento di 2,5 miliardi di persone – ”e’ una sfida strategica: la politica -afferma Dal Fiume- deve preoccuparsi di ridurre fame epoverta’, iniquita’ economiche e ingiustizie sociali, se non altro per evitare i rischi di rotture sociali che potrebbero ripercuotersi sui cosiddetti paesi ricchi”. ”Ci sono milioni di esseri umani con le valigie in mano, pronti a partire alla ricerca di condizioni di vita migliori. Se non affronteremo questo nodo, se non altro per difesa di interessi di parte, arriveranno alle nostre porte” prosegue Del Fiume. Che non risparmia un duro j’accuse ai colossi del settore. ”c’e’ uno strapotere delle multinazionali: i prezzi vengono determinati non dalla dinamica della domanda e dell’offerta ma da accordi di cartello e quant’altro”. Ma anche i grandi organismi internazionali hanno responsabilita’ di peso: ”ad esempio la Banca Mondiale sosteneva incentivi all’export di questi prodotti affinche’ i paesi in via di sviluppo ripianassero il loro debito”. Quella del caffe’, conclude Dal Fiume, e’ una vicenda emblematica che dimostra i danni della ”globalizzazione ‘vera’, quella che sta dietro la vetrina e che e che colpisce in modo piu’ o meno grave 2,5 miliardi di persone sul Pianeta.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA