Perché BXVI
fa beato
papa Wojtyla
Disse una volta Giulio Andreotti che sarebbe stato saggio lasciare passare almeno una decina di lustri prima di beatificare un Papa. Non che l’anziano senatore dubitasse delle virtù dei pontefici per i quali era aperta la causa di canonizzazione – da Pio IX a Paolo VI , da Pio XII a Giovani XXIII – ma per motivi di prudenza: troppo vicini nel tempo gli avvenimenti sotto esame, non ancora esplorati dagli studiosi gli archivi segreti. È probabile, ad esempio, che sulla stampa internazionale usciranno presto inchieste maliziose sulle presunte “coperture” date dal Papa polacco all’inquietante fondatore dei Legionari di Cristo, padre Marcial Maciel, o le presunte “distrazioni” su quanto di poco trasparente avveniva nello Ior negli anni del suo lungo pontificato.
Credo che Benedetto XVI abbia letto e forse condiviso, a suo tempo, le osservazioni di Andreotti. Eppure è apparso allegro e sereno, domenica 16 gennaio, quando ha annunciato ai fedeli la decisione di proclamare beato Giovanni Paolo II. Ratzinger si è inchinato a una domanda popolare che veniva dalla cattolica Polonia e non solo da lì. Una fama di santità che negli atti della causa è documentata da un numero considerevole di prodigi spirituali: non solo guarigioni inspiegabili ma tanta gente che si è avvicinata alla Chiesa attratta dalla umanissima figura di Karol Wojtyla.
D’altra parte la beatificazione di un Papa è un giudizio sulla fede, la speranza e la carità vissute dell’uomo, non è una sentenza storica su ogni atto del suo pontificato. Fu proprio Giovanni Paolo II a spiegarlo con grande chiarezza quando nel 2000 elevò alla gloria degli altari, insieme, due papi fra loro diversissimi al punto da essere contrapposti dagli storici: Pio IX, il Papa del Sillabo, e Giovanni XIII, il Papa delle aperture conciliari alla modernità. Disse Wojtyla: «Beatificando un suo figlio, la Chiesa non celebra particolari opzioni storiche da lui compiute, ma piuttosto lo addita all’imitazione e alla venerazione per le sue virtù, a lode della grazia divina che in esse risplende».
Così è anche per papa Wojtyla. Fra qualche lustro gli storici forse diranno che Benedetto XVI svolse un’azione riformatrice, di pulizia morale e spirituale nella Chiesa più decisa ed efficace di quella svolta dal suo venerato predecessore (a partire dalla piaga del clero pedofilo e dalle opacità della finanza vaticana, fino a liturgia e catechesi). Ma questa possibile valutazione storica non metterà in questione la certezza di Benedetto XVI sulla personale santità di vita di papa Wojtyla.
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