Anche Cancún è finita. Ora ci attende Durban. A dicembre 2011. Con la 17esima Conferenza delle parti (Cop).
Tutti i commentatori hanno decretato che l’appuntamento messicano è stato un successo? diplomatico. La bravissima ministra degli Esteri di Città del Messico è riuscita a chiudere il meeting con un documento approvato alla unanimità con il tentativo della sola Bolivia di rompere le uova nel paniere.
Ma la durezza della risposta, siamo in 193 contro 1, lo ha messo ko.
Ma veniamo al merito. Cancún ha approvato nell’ordine: il taglio delle emissioni con conseguente riduzione dei gas serra del 25-40% entro il 2020; il Green Climate Fund di 100 miliardi di dollari per i Paesi a rischio che la Banca mondiale dovrebbe gestire insieme a 24 Paesi, equamente divisi tra in via di sviluppo e sviluppati (quasi della serie poliziotto buono – poliziotto cattivo, meccanismo inventato dalla ministra messicana); e infine un grande impegno contro la deforestazione. Il famoso programma Redd che vede un mondo occidentale che sta rialberizzando i suoi continenti a scapito di Asia, Africa e America Latina sempre di più deprivati e polverizzati.
Riguardo agli obiettivi di Kyoto, dunque, c’è stato come in ogni Cop che si rispetti il grande rimando all’anno dopo. Per informazione di tutti, Kyoto scade nel 2012.
Quindici giorni di discussione. Un anno di preparazione. Risultati modesti. Si poteva fare di più? Ad ogni Cop si dice di sì. E si rimanda all’anno dopo. Alcune domande corrono alla mente. È giusto? È sbagliato? Cosa si può fare di più? Se devo riflettere in modo positivo, penso che i Cop stiano diventando mediatici. Non più per addetti ai lavori. E questo avviene grazie alla forza delle ong, di alcuni politici avveduti e degli “emergenti”, depredati e quindi incazzati. Tutto ciò fa dei Cop una specie di grande “stage” annuale dove un anno di più (Copenhagen) e un anno di meno (Cancún) i media fanno la loro parte.
Poi tutto si dimentica.
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