Cultura
“Comizi d’amore” nell’Italia di ieri e di oggi
Cinquant’anni dopo l’inchiesta di Pasolini sugli italiani e il sesso, è tempo di porsi alcune domande: quanto è cambiata la morale nel nostro Paese? Quali sono i lati negativi dell’emancipazione diffusa?
Mai sottovalutare i Baci Perugina: scartandoli, ci trovi dentro l’amore spiegato al popolo. Poiché i sentimenti, fino a prova contraria, sono l’argomento più importante in assoluto, bisogna ringraziare chi a suo tempo ha avuto questa intuizione commerciale. Naturalmente non si può delegare ai cioccolatini la risoluzione di un problema che ha tenuto svegli fior di poeti e di filosofi. Però insomma, come dire, una mano d’aiuto per muoversi nella “selva oscura” degli affetti la danno pure loro.
È inutile girarci intorno: tutti sentono il brivido dell’innamoramento -quelle farfalle nello stomaco che la scienza, con tutto che si impegna, non riuscirà mai a esplicare fino in fondo- ma quel che manca, oggi come ieri, è una consapevolezza matura dell’esperienza emotiva che si sta vivendo. Pier Paolo Pasolini -che era avanti anni luce rispetto ai suoi contemporanei- ebbe l’idea di indagare, esattamente cinquant’anni fa, sull’opinione degli italiani in materia. Cercava dei volti per Il vangelo secondo Matteo, e come sua abitudine la ricerca si concentrava sulla gente comune, sulle facce non segnate da quel progresso che tanto stigmatizzava. Poiché era un lavoratore indefesso, oltre al Vangelo riuscì a confezionare anche l’inchiesta Comizi d’amore, che è rimasta nella memoria per due motivi: primo, un intellettuale che si accostava con coraggio a un tema così “scabroso” era una novità assoluta; secondo, nelle cinque decadi successive non c’è stato un seguito all’altezza della poetica pasoliniana. Non che siano mancati i tentativi: il problema è che, rinchiusi dentro contenitori televisivi che non rimarranno nemmeno nella piccola storia della tv, questi servizi informativi hanno avuto il respiro di un soffio. Effimeri, come effimere sono le opinioni delle persone che hanno interpellato.
Ecco perché è molto utile tornare a Comizi d’amore: per capire l’Italia di ieri e tentare di comprendere la linea di continuità tra quel passato e il nostro presente. In attesa che ritorni lo sguardo lucido del regista bolognese –attesa vana, dal momento che purtroppo ci ha lasciato nel 1975, e in giro si vedono persone che hanno sì l’ardire di imitarlo, ma non riusciranno mai ad essere suoi emuli- quel viaggio da Nord a Sud, ricerca antropologica prima ancora che prodotto cinematografico, continua a mantenere un valore altissimo.
Era un’Italia migliore di adesso? Boh, e chi lo sa. Gli unici che potrebbero rispondere sono i superstiti, ma è uno sguardo di parte, e il vizio di diventare laudatori temporis acti per loro è sempre dietro l’angolo. Sullo specifico delle questioni legate alla sfera sessuale, qualche passo in avanti senza dubbio c’è stato: la legge consente di dire basta a un’esperienza matrimoniale infelice, così come permette di interrompere una gravidanza indesiderata (il fatto che poi i divorzi e gli aborti siano all’ordine del giorno, anche quando non sarebbero strettamente necessari, è tutto un altro discorso, da approfondire in altre sedi); il delitto d’onore, orribile retaggio del fascismo, dal 1981 viene punito con la reclusione.
Ma l’Italia che Pasolini incontrò nel suo peregrinare come la pensava su questioni così controverse? La maggior parte degli intervistati mostrava un’immaturità da mettersi le mani nei capelli: convinzione diffusa, data per scontata, dell’inferiorità della donna rispetto all’uomo; biasimo nei confronti di una scelta civile come la separazione legale; scarsa alfabetizzazione sessuale tra i bambini, convinti di essere nati grazie a una “lavatrice” (in realtà volevano dire levatrice, n.d.r.) che un bel dì si è presentata a casa della mamma.
E sull’omosessualità? Neanche a parlarne: tabù assoluto per il popolo beghino del 1964. Pasolini fatica proprio a porre la domanda; è costretto a usare il termine “invertiti” per trovare un terreno di dialogo comune. Ad ogni modo ha ragione Moravia, quando dice la sua durante il film: non c’è da scandalizzarsi di fronte a questa ignoranza ma va piuttosto capita, studiata come fenomeno. Pasolini, in questo senso, non aveva bisogno di consigli: il suo approccio a chi la pensava diversamente era molto educato, mai prevaricatore; Comizi d’amore è un esempio di giornalismo coi fiocchi, che dà voce alla gente comune senza mai prevaricarle con le proprie tesi. Lo “scandalo” pasoliniano, forse, stava tutto lì: nella ricerca della verità senza filtri censori; nel voler dare la parola a un’Italia che non era nemmeno democristiana, perché le mancava la coscienza politica.
E oggi, cinquant’anni dopo? Il paesaggio antropologico, fuor di dubbio, è cambiato in meglio: per la maggior parte, l’opinione pubblica è più aperta di mente, e si comporta di conseguenza nella vita di tutti i giorni. Naturalmente la gelosia, il desiderio di possesso del partner come un bene materiale e non come persona sono sentimenti atavici, di cui qualche retaggio rimane ancora nella civiltà evoluta. Ci sono dei casi, però, in cui queste naturali aspirazioni degenerano in violenza domestica: nell’Italia del 1964 questo aspetto creava un senso di vergogna in chi lo subiva, e se l’interessata osava denunciarlo pubblicamente veniva malvista dai più; ora invece, nonostante le brutalità purtroppo continuino a perpetrarsi, se non altro la donna che ha il coraggio di ribellarsi viene giustamente vista come un esempio da seguire, gode dell’appoggio e della stima di chiunque.
Eppure c’è qualcosa, rispetto a quell’Italia lì, che abbiamo perduto: la genuinità dello sguardo, una sincerità che traspare nitidamente da Comizi d’amore. Era un Paese, insomma, che ancora non aveva perduto l’innocenza. E l’innocenza è un motore di sviluppo fondamentale: l’uomo "arrivato" è tendenzialmente cinico, portato a concentrarsi solo sul proprio ombelico; il candido, viceversa, si sente ancora parte di una comunità, ragiona non in termini individualistici ma di appartenenza a una “specie”.
Anche in ambito sessuale l’emancipazione –che di suo è un elemento molto positivo—oggigiorno è diventata uno specchio della solitudine collettiva: questo proliferare di rapporti senza coinvolgimento, senza una filosofia solida di base che li regga, non hanno niente a che vedere con l’idea di progresso della civiltà. Quando due persone che stanno insieme hanno un rispetto reciproco profondo, si conoscono e accettano i rispettivi difetti, allora sì che possiamo parlare di liberazione sessuale.
L’impressione generale è che a tutt’oggi siamo ben lontani da questo traguardo etico (e anche estetico, perché poi in fin dei conti l’amore tra due che si vogliono veramente bene è molto più bello). L’amor, che move il sole e l’altre stelle, continuerà a far breccia a tutte le latitudini. Interiorizzare però la bellezza dei sentimenti è un compito non facile, che richiede anche molto giudizio. Davvero buon per chi ce la farà. Ne trarrà enormi vantaggi.
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