Comitato editoriale

Tutti mobilitati per l’Azalea della Ricerca

Il 13 maggio torna l’appuntamento con il fiore simbolo della lotta contro i tumori. E tra gli oltre 20 mila volontari che distribuiranno 580.000 coloratissime piante in 3.700 piazze italiane ci saranno anche numerosi ricercatori, per testimoniare in prima persona l’importanza della ricerca sul cancro e per dare il loro contributo anche alla raccolta fondi. Come l’ematologa toscana Paola Guglielmelli e la biologa Barbara Belletti

di Marina Moioli

Domenica 13 maggio: una data da segnare in agenda. Perché è il giorno dell’Azalea della Ricerca di Airc, fiore che dal 1984 è diventato un simbolo per le donne e per i ricercatori impegnati ogni giorno a individuare nuove terapie per sconfiggere i tumori femminili.

Quest’anno l’appuntamento torna in 3.700 piazze italiane in occasione della Festa della Mamma, quando più di 20 mila volontari distribuiranno 580.000 coloratissime piante di azalea. A chi farà una donazione di 15 euro, insieme ai fiori verrà consegnata anche una speciale guida dedicata alla salute in rosa con indicazioni pratiche sui percorsi di prevenzione e diagnosi precoce, settore in cui negli ultimi 5 anni Airc ha investito oltre 64 milioni di euro per sostenere 498 progetti di ricerca e 126 borse di studio.

In questa occasione scendono in piazza anche numerosi ricercatori, che lasciano i laboratori per un giorno per testimoniare in prima persona l’importanza della ricerca sul cancro e per dare il loro contributo anche alla raccolta fondi. Tra questi l’ematologa Paola Guglielmelli. Nata a Pistoia nel 1976, si è laureata in Medicina a Firenze e nel 2010 ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Oncologia Clinica e Sperimentale. «Da allora mi sono avvicinata ad Airc e adesso faccio attività sia clinica che di ricerca, si può dire che passo direttamente dal bancone al letto del paziente e viceversa. Partecipo spesso non solo alle attività di raccolta fondi ma anche alle iniziative nelle scuole per informare i ragazzi sui principali fattori di rischio», racconta. «Ma il desiderio di intraprendere questo indirizzo professionale è nato ancora prima, sui banchi di scuola, dalla continua ricerca di una riposta ai tanti perché e da un’esperienza personale che ha segnato la mia infanzia per la morte di una persona amica dovuta ad una forma di leucemia acuta: avevo 10 anni, è stato purtroppo il mio primo contatto con la morte legata alla malattia, era incomprensibile per me; solo negli anni ho realizzato quanto l’evento mi avesse colpita… Non avrei voluto fare nessun altro lavoro, la nostra è una grande responsabilità sia verso Airc che verso il paziente, al quale dobbiamo prestare le nostre cure e se possibile il giusto conforto».

«In Italia è difficile fare ricerca», continua Paola Guglielmelli (anche nelle foto sotto con il suo gruppo di ricerca). «Una cosa che apprezzo di Airc è che consente di fare piani a lungo periodo, anche 5, 6 o 7 anni e questo permette di avere una stabilità sul tipo di ricerca. Per esperienza personale so quanto sia importante la raccolta fondi. Noi ad esempio lavoriamo nel campo delle leucemie e il nostro obiettivo ora è di sperimentare nuove strategie dopo aver identificato delle mutazioni che consentono di individuare quei pazienti che potrebbero andare più agevolmente al trapianto di midollo».

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Superare la resistenza ai trattamenti e personalizzare la terapia delle giovani pazienti colpite da tumore al seno è l’obiettivo della biologa Barbara Belletti, scelta a rappresentare i 5.000 scienziati Airc nell’immagine della campagna dell’Azalea della Ricerca, dove è ritratta insieme alle figlie Bianca e Maria Giulia. «Grazie al lavoro di squadra di tanti giovani in laboratorio e al fondamentale contributo dei colleghi clinici in Istituto, io e il mio gruppo di lavoro intendiamo comprendere sempre più in profondità le alterazioni molecolari che sono la causa di una maggiore aggressività nel tumore al seno quando insorge nella donna giovane. Lo studio e la comprensione di queste differenze ci permetterà di perfezionare nuove strategie per migliorare la terapia e la prognosi delle pazienti con trattamenti sempre più personalizzati ed efficaci», spiega Belletti, ricercatrice presso il Centro di riferimento oncologico (CRO) di Aviano dove per i prossimi cinque anni guiderà un progetto Airc su questo specifico tema.

Nel 2017, in Italia, a 65.800 donne è stato diagnosticato un tumore alla mammella o agli organi riproduttivi. Il cancro al seno è il più diffuso con circa 50.000 nuovi casi: si stima che ne sia colpita 1 donna su 8 nell’arco della vita. È però la patologia per la quale, negli ultimi due decenni, la ricerca ha ottenuto i migliori risultati portando la sopravvivenza, a cinque anni dalla diagnosi, a crescere dall’81% all’87%. Un traguardo importante ma ancora lontano dall’obiettivo del 100%. Resta molto da fare, ad esempio, per il tumore triplo negativo che colpisce soprattutto in giovane età, e per il carcinoma mammario metastatico che oggi interessa circa 36.000 donne alle quali è necessario garantire una sempre migliore qualità di vita con terapie specifiche.

Lo scorso anno i tumori ginecologici hanno, invece, colpito nel complesso 15.800 pazienti. 8.300 sono state le diagnosi di cancro all’endometrio e 2.300 alla cervice uterina: per queste patologie la sopravvivenza a cinque anni ha registrato una crescita costante arrivando rispettivamente al 77% e al 68%. Diversa è la situazione per il tumore dell’ovaio – che ha riguardato circa 5.200 donne – perché è difficile da diagnosticare precocemente, presenta un alto tasso di recidiva e di resistenza ai farmaci. Per superare questi aspetti critici i ricercatori Airc si stanno muovendo in due direzioni: da un lato provano nuove combinazioni di farmaci capaci di ridurre la resistenza e dall’altro, grazie all’immunoterapia, cercano di individuare cellule capaci di stimolare le risposte immuni dei pazienti.

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