Comitato editoriale

«Perché abbiamo scelto di essere presenti in Burkina Faso»

Appena iniziata la collaborazione triennale con Reach Italia, la fondazione ha scelto di fare un sopralluogo nel Paese. Marco Iazzolino, che fa parte del consiglio di amministrazione, racconta quali saranno le prime iniziative ad essere sviluppate per la popolazione ed in modo particolare per i bambini

di Anna Spena

L'albero della Vita e Reach Italia hanno iniziato una collaborazione triennale su diversi progetti che si svilupperanno in Burkina Faso. La fondazione ha scelto di fare un sopralluogo nel Paese.Marco Iazzolino, che fa parte del consiglio di amministrazione della fondazione, racconta quali saranno le prime iniziative ad essere sviluppate per la popolazione ed in modo particolare per i bambini.

Com’è nata la collaborazione con Reach Italia?
Il percorso di collaborazione è nato circa un anno fa. Entrambi lavoriamo su temi delicati: la tutela dei bambini e la vulnerabilità. In modo particolare Reach Italia ha tre grandi progettualità: qui in Burkina Faso, in Niger e in Mali.

Voi su cosa vi concentrerete in Burkina Faso?
Sulla vulnerabilità dei bambini ovviamente e sul cambiamento climatico. Secondo alcuni indici internazionali i bambini qui sono più vulnerabili; ciò dipende anche da una situazione politica del Paese molto precaria. Inoltre è in atto un processo di desertificazione. Il caldo umido, che prima si registrava solo in alcuni periodi dell’anno, adesso sembra essere un fattore permanente e ciò ha fatto si che una forma di malaria che si manifesta con una febbre emorragica che porta alla morte, sia diventata un fattore endemico all’interno della società.

Ci sono delle criticità anche rispetto al sistema sanitario?
Dai zero a cinque anni in Burkina la sanità è gratuita. Ma dai cinque anni in su non c’è nessuna possibilità di sopravvivere.

Come vi state organizzando?
Reach Italia ha un quartiere generale a Ouagadougou, la capitale del Paese. E poi diverse strutture ramificate nel territorio. Lavoreremo a stretto contatto con loro da qui ai prossimi tre anni.

Quali sono i progetti su cui siete impegnati?
Il primo è sicuramente il recupero delle terre che rappresenta l’unica forma di resistenza strutturata al cambiamento climatico. Il progetto mira al recupero delle terre desertificate nel Sahel Burkinabè. Il Sahel Burkinabè, nel nord del Burkina Faso, ai bordi meridionali del Sahara, è una delle aree più soggette al processo di desertificazione. Le frequenti siccità, la deforestazione e la scarsa vegetazione rappresentano le principali problematiche che determinano la povertà del suolo. L’obiettivo è ridare fertilità al terreno, attraverso la tecnica del water harvesting, che produce le condizioni adatte, con l’aiuto delle piogge naturali, affinché si recuperino le terre a fini agricolo-pastorali. Il recupero delle terre fortemente desertificate è fondamentale per garantire sicurezza alimentare e la conservazione dell’ambiente nella regione dell’Oudalan.

E nello specifico per i bambini?
Ci occuperemo del sostegno a distanza per contribuire nell’ immediato a garantire ai bambini un sostegno diretto, un supporto alla famiglia, alla scuola, all’ intera comunità. Offre la possibilità di accedere all’educazione, di controllare costantemente il proprio stato di salute con le cure mediche. Poi ci concentreremo sulle scuole con il progetto "sos strutture" intervenendo per garantire la qualità strutturale delle scuole e con il progetto "una marcia in più", invece, vogliamo garantire il diritto all’istruzione, ma anche la possibilità di regalare un futuro attraverso la formazione, legandola al mondo del lavoro. Il progetto prevede lo sviluppo di un centro di formazione meccanica a Ouagadougou. Sempre rimanendo sul tema scuola ci concentreremo su un progetto di mense che riguarda tutta l’Africa e che è attivo dal 2012 in Burkina Faso. L’iniziativa permette di garantire almeno un pasto quotidiano, sano, nutriente ed adeguato alla dieta locale a tutti i bambini e le bambine che frequentano le scuole. Inoltre vengono garantite a tutti i bambini frequentanti cure sanitarie di base, somministrate attraverso visite periodiche nelle scuole, anche in quelle più remote, che permettono di prevenire o identificare tempestivamente casi di malnutrizione o di malattie gravi.

Adesso com’è la situazione in Burkina Faso?
Gran parte del territorio non è accessibile. La precarietà è diffusa e profonda. Solo all’inizio di marzo l’attacco terroristico all’ambasciata francese ha peggiorato ulteriormente la situazione. Qui non c’è un coprifuoco ufficiale ma di sera non c’è in giro nessuno. Credo personalmente che la situazione sia peggiorata perché negli ultimi anni il Paese è stato oggetto di attenzioni da parte di grandi compagnie canadesi, australiane e cinesi che hanno cominciato “a bucare il terreno” per cercare l’oro. Ecco questo ha provocato grandi sconquassi in un Paese che era per lo più pacifico e sereno, dove l’integrazione era un elemento dato. Le falde idriche ora si stanno inquinando e i bambini sviluppano tumori infantili che non si erano mai visti prima.

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