Comitato editoriale Sacra Famiglia
Il poliziesco made in Sacra Famiglia finalista al festival della cinematografia sociale
"Tito&Sibilla", il cortometraggio realizzato dai ragazzi della Fondazione Sacra Famiglia partecipa al Festival Internazionale del Film Corto “Tulipani di seta nera”. Vince chi avrà più visualizzazioni e voti sul portale dedicato
di Redazione
C’è il mistero di un pallone scomparso, un ragazzo disperato, una comunità nel panico: è questo l’avvio del primo episodio della webserie “Tito e Sibilla e gli insoliti sospetti”, la prima webserie girata da persone con disabilità. Tre episodi da 5 minuti circa, scritti e interpretati dagli ospiti con disabilità della residenza di Cocquio Trevisago (VA) della di Fondazione Sacra Famiglia (ne abbiamo parlato qui): «La soddisfazione degli ospiti che hanno partecipato al progetto e degli educatori è grandissima», dicono dalla Fondazione Sacra Famiglia. Il progetto, finanziato dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e realizzato grazie alla cooperativa Totem di Varese e Studiopola34, ha visto il coinvolgimento di circa 20 ospiti della RSD di Cocquio Trevisago, oltre agli educatori e al personale della struttura.
Ora il cortometraggio ha ottenuto la nomination come finalista al Festival Internazionale della Cinematografia Sociale Tulipani di Seta Nera, realizzato con Rai Cinema e Rai per la Sostenibilità. Si tratta di un riconoscimento prestigioso per un poliziesco unico nel suo genere, e già vincitore del premio Fausto Rossano per la cinematografia sociale (2023). Sul portale dedicato ci sono i 68 cortometraggi in gara: basta cercare il corto “Tito&Sibilla”, cliccare su “Vota” e fare partire il video (non serve vederlo tutto). Tra le 5 opere più visualizzate sarà scelto il vincitore del Premio Sorriso Rai Cinema Channel. Il conteggio delle visualizzazioni terminerà il 9 maggio.
«L’idea che sta alla base di questo laboratorio cinematografico è introdurre uno sguardo ironico sulla disabilità», commenta la direttrice della sede di Cocquio di Sacra Famiglia, Laura Puddu, «che vogliamo rappresentare come una possibile normalità, senza quello sguardo vagamente pietistico e di sofferenza che a volte l’accompagna». L’attività ha un forte taglio educativo, spiega l’educatore Cristian Inclimona, responsabile del progetto, «perché offre la possibilità di sperimentare e di soddisfare i propri bisogni di relazione, di espressione, di immaginazione e di fantasia, attraverso un linguaggio artistico. Contiamo così di contribuire a modificare l’immagine stereotipata della disabilità».
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