Comitato editoriale

Il Giornalismo Sociale in Italia: un racconto senza pietismo

Presentati a Milano i risultati della Ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità”, promossa da Fondazione Sodalitas e realizzata da Astarea in occasione del 10° Anniversario del Premio Sodalitas Giornalismo per il Sociale.

di Redazione

Milano, 5 novembre 2012 – Sono stati presentati oggi, durante l’evento conclusivo del Premio Giornalismo per il Sociale di Fondazione Sodalitas, i risultati della Ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità”.

L’indagine, realizzata da Astarea, è stata illustrata in occasione del decimo anniversario del riconoscimento che Fondazione Sodalitas ogni anno assegna a giornalisti e operatori dell’informazione che si sono distinti per aver approfondito temi di particolare rilevanza sociale e umanitaria. Oltre 1400 i giornalisti coinvolti sino a oggi nell’ambito dell’iniziativa, nata per favorire la crescita di una cultura dell’informazione più attenta ai problemi sociali.

In occasione dei dieci anni del Premio Giornalismo per il Sociale, abbiamo deciso di riflettere sull’evoluzione dei contenuti di un settore dell’informazione che ha assunto, nel tempo, un’importanza e una strategicità sempre più tangibili – ha affermato Ugo Castellano di Fondazione Sodalitas Lo studio che abbiamo condotto con Astarea ha evidenziato come il giornalismo sociale stia crescendo sul web intercettandone le potenzialità, sia spesso in grado di individuare i reali ambiti di emergenza della società, preferisca informare piuttosto che stupire e sappia guardare agli avvenimenti con una prospettiva positiva”.

La ricerca “Il Giornalismo per il Sociale, tra cronaca e responsabilità” è stata realizzata da Astarea attraverso un’analisi semiotica desk dei 342 articoli selezionati dalle Commissioni di valutazione del Premio dal suo avvio fino a oggi, corrispondenti a circa il 10% del totale di tutti gli articoli pervenuti a Fondazione Sodalitas nel corso degli anni. Lo studio ha previsto una fase di pre-analisi su un campione di circa 70 articoli sulla base della quale è stato costruito uno schema di lettura che ha consentito la compilazione di una scheda per ciascuno dei 342 servizi selezionati. Le schede sono state quindi sottoposte a una elaborazione statistica e a una lettura qualitativa.

I RISULTATI DELLA RICERCA
Cresce il web ma la stampa periodica rimane il media del giornalismo sociale
È ancora la stampa, il mezzo che ospita il maggior numero di articoli che riguardano il sociale con particolare riferimento a quella periodica (media degli anni: 42%), seguita da quella quotidiana (media degli anni: 34%) e dal Web (media degli anni: 19%), che peraltro aumenta sistematicamente nel tempo (più del 30% degli articoli dal 2010 a discapito della stampa quotidiana che nello stesso anno si attesta al 23%): una  crescita dovuta probabilmente anche alla sua maggiore efficacia in termini di tempestività e praticità della diffusione della notizia.

Immigrazione, lavoro e salute gli argomenti più trattati
Negli ultimi 10 anni il Giornalismo Sociale si è principalmente occupato di tre grandi temi: l’insieme degli argomenti chiamati nella ricerca “Altro da noi” (28%), in cui confluiscono le problematiche riguardanti in ampia misura l’immigrazione, e secondariamente  la situazione dei Paesi in via di Sviluppo e le guerre; gli argomenti che riguardano le condizioni economiche (23%) tra i quali il lavoro; la salute (20%), al centro di approfondimenti riguardanti le malattie, il disagio psichiatrico e l’handicap.
Il lavoro, in particolare, guardando al suo andamento negli anni, ha registrato un picco di interesse nelle annate 2007/08 e 2009/10, in corrispondenza di periodi particolarmente critici per il Paese,  a dimostrazione di come il Giornalismo Sociale possa efficacemente dare voce in tempo reale alle urgenze della collettività. Un fenomeno che però non avviene sempre e in tutti gli ambiti. Dall’indagine sono infatti emersi come argomenti meno trattati la scuola, la cultura e lo sport (di cui si parla complessivamente nel 6% dei casi), oltre che la famiglia e i diritti civili (10%): una carenza sintomo della scarsa vicinanza della stampa sociale alle agenzie di socializzazione primaria, non esenti da criticità profonde.

Lo stile: l’articolo che informa, il titolo che attrae
Chi scrive di sociale preferisce uno stile piano e descrittivo (61%) finalizzato alla comprensione e all’immediatezza, piuttosto che l’uso di figure retoriche (22%), o di toni enfatici (13%).
I periodici tuttavia, che per ampiezza, tempo di lettura e lontananza dalla sezione cronaca consentono un uso più libero della penna, utilizzano lo stile piano con minore  frequenza rispetto ai quotidiani (52% contro 65%) e al web (68%), il cui orientamento stilistico è ovviamente influenzato  dalle esigenze di leggibilità e di massima chiarezza.
Quanto più l’articolo tende verso uno stile piano e descrittivo, tanto più il titolo rinuncia a offrire una sintesi chiara e univoca. Alla funzione prettamente informativa subentra infatti un’opposta strategia di ricerca di attenzione, che fa leva piuttosto sulla curiosità e sul coinvolgimento emotivo. Tendenza trasversale ai media considerati, questa diffusa difformità tra stile dell’articolo e stile del titolo evidenzia la presenza di un gap tra lo stile del giornalista e quello con il quale la testata riassume, fa circolare il pezzo all’interno del giornale e lo promuove ai lettori.

Il sociale racconta e invita ad approfondire
Il genere giornalistico di gran lunga preferito da chi si occupa di sociale è il racconto (utilizzato nell’82% dei casi) che risponde efficacemente all’esigenza di rappresentare “oggettivamente” lo svolgimento degli eventi e dei loro protagonisti. In altre parole, nel Giornalismo Sociale prevale l’idea della “presa diretta” e dell’oggettività della rappresentazione, a discapito dei commenti (7%).
Questo approccio è confermato anche dall’intento con cui il Giornalismo Sociale si rivolge ai lettori.
Dominante infatti l’invito a capire e approfondire (67%) anche fenomeni non necessariamente vicini o familiari  ma comunque prioritari.
Da non trascurare tuttavia la percentuale degli elaborati che puntano a un coinvolgimento diretto di chi legge nelle cause descritte invitando a prendere posizione (16%). Un orientamento che nella stampa periodica si rintraccia più di frequente rispetto agli altri mezzi  (30% contro la media del 25%). 

Meno pietismo, più positività
Giornalismo Sociale oggi non significa più pietismo e negatività. Quando i giornalisti decidono di raccontare situazioni che contraddicono le aspettative (30% del totale) lo fanno nella maggior parte dei casi (63%) dando visibilità a esperienze di segno positivo, che falsificano aspettative troppo comodamente pessimistiche. Quello che interessa il Giornalismo Sociale e che lo differenzia dalla cronaca – nonostante le crescenti similitudini sia in termini di stile di scrittura che di contenuti – sono quindi gli eventi positivi piuttosto che quelli negativi.

L’identikit del giornalista sociale: un ricercatore autocosciente
I giornalisti che si occupano di sociale sono chiamati, soprattutto oggi, ad avvicinare “l’altro” al “noi” e a stimolare la riflessione e la presa di coscienza in chi legge. L’identikit di questi professionisti emerso dalla ricerca li descrive soprattutto come “Ricercatori” che osservano fenomeni lontani e distanti da noi (71%). Tuttavia questo atteggiamento che potremmo definire etologico tende a decrescere nel tempo (dal 84% nel 2005/2006 al 56% del 2011/2012), bilanciato da uno speculare aumento della tendenza alla “autocoscienza” (media: 12%), cresciuta dal 4% del 2005/2006 al 21% del 2011/2012: un cambiamento quindi del punto di vista, ora più orientato a osservare gli altri per capire se stessi.
Meno numerosi sono invece i giornalisti “Esploratori” (8%), decisi a cogliere gli eventi raccontati “dal di dentro”, e gli “Indagatori” (9%), che trovano e raccontano la marginalità sfidando gli sguardi disattenti alla più vicina e abituale.