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Gpa, Marina Casini: «Non basta dire “no”, va detto “sì” alla dignità di ogni essere umano»

In occasione dell’approdo in aula della proposta di legge che renderebbe la maternità surrogata reato universale, la presidente del Movimento per la vita italiano e della Federazione One of Us auspica che essa «non sia un punto di arrivo, ma una tappa nel cammino di riflessione sul senso del figlio, della maternità e della paternità»

di Antonietta Nembri

Il 19 giugno è arrivata in aula alla Camera la discussione generale la proposta di legge che definisce l’utero in affitto (maternità surrogata) reato universale e che prevede la perseguibilità del cittadino italiano che all’estero ricorre a questa pratica. In una nota il Movimento per la Vita italiano sottolinea con un “finalmente” l’approdo alla Camera del testo.
«L’auspicio è che la proposta diventi legge a tutti gli effetti e dunque parte dell’ordinamento giuridico italiano» dichiara Marina Casini, presidente del MpV e della Federazione One of Us.

La proposta di legge – ricorda la nota – riguarda nello specifico la modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40. Infatti, “sebbene la legge 40 del 2004 sanzioni giustamente questa pratica, la proposta – in linea con quanto richiesto nella scorsa legislatura da settanta associazioni facenti capo al Network “Ditelo sui tetti” ricorda ancora la nota – si è resa tuttavia necessaria per disincentivare l’espatrio di chi vuole aggirare l’ostacolo salvo poi rimpatriare a cose fatte chiedendo di essere riconosciuto genitore del bambino così ottenuto”.

Attraverso l’utero in affitto, sottolinea il Mpv «la maternità è diventata merce. Oggi La “gestazione per altri” è un’industria in espansione». Nel 2022 il mercato mondiale ha sfiorato i 14 miliardi di dollari, spiega l’economista Tony Persico, citando il Global Market Insights-GMI. I costi dell’utero in affitto variano poi a seconda dei paesi: in Usa tra 70.000 e 200.000 dollari (circa un quarto va alla mamma portatrice), in Ucraina, prima dell’invasione russa, il costo non superava i 37.000 dollari. Senza parlare delle fabbriche di bambini in Nigeria dove vengono sfruttate le donne, segnala sempre Persico.

Nella nota si sottolinea inoltre che “la maternità surrogata è lo sdoganamento della schiavitù”. «Che l’affitto di utero sia una pratica che altera le relazioni riducendo a cose donne e bambini; una pratica legata ad una distorsione organizzata e pianificata della maternità, della paternità, della filiazione, inserite in una logica produttivistica, in una catena di montaggio aperta allo scarto di bambini eventualmente non rispondenti alle aspettative di salute o di troppo in caso di gravidanze gemellari; una pratica di sfruttamento mercantile (dove chi trae maggior vantaggio economico sono le cliniche, gli intermediari, i consulenti legali), è matura acquisizione raggiunta da molti» precisa la presidente del Mpv Italiano. «Fa piacere che su un tema così antropologicamente forte si trovi sintonia anche con i più (apparentemente) lontani da una visione personalista ontologicamente fondata».

In attesa di vedere lo sviluppo del dibattito parlamentare, la nota sottolinea che la proposta è comunque supportata da autorevoli documenti giuridici. L’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea – si ricorda -, vieta di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di lucro, la maternità surrogata è condannata dal Parlamento Europeo (risoluzione del 17 dicembre 2015) perché “compromette la dignità della donna, dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce”, e secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 272/2017, confermata dalla n. 33/2021) “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. La Convenzione sui diritti del bambino (ratificata dall’Italia) in base al “principio del prevalente interesse del minore” riconosce per ogni bambino, nella misura del possibile, il diritto a conoscere i propri genitori, a essere da loro allevato, a preservare la propria identità comprensiva delle relazioni familiari.

«La speranza» conclude Marina Casini «è che questa proposta di legge non sia un punto di arrivo, ma una tappa nel cammino di riflessione sul senso del figlio, della maternità e della paternità. Non basta dire “no” all’utero in affitto bisogna dire “sì” all’uguale e inerente dignità di ogni essere umano, fin dal suo concepimento, quando inizia ad esistere. Solo questo mette al riparo da abusi, discriminazioni, sfruttamenti e prepotenze di ogni tipo. Solo da qui possiamo gettare solide basi per un più alto livello di civiltà e costruire sempre più pienamente e autenticamente la fraternità e la pace».

In apertura photo by Adrian Iordache on Unsplash

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