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Emergenza in Venezuela: l’anno scolastico si apre con le aule vuote

I salesiani e altre famiglie religiose si schierano a sostegno della società civile che auto organizza le scuole nel vuoto lasciato dalle istituzioni governative

di Redazione

“Con questo governo o con il prossimo, il nuovo anno scolastico sarà una tragedia”. Sono parole dure quelle dello storico e teologo cattolico Luis Ugalde. Il gesuita prevede che “con questo regime, i mesi a venire saranno peggiori a tutti i livelli. Per ricostruire la scuola è necessaria la rinascita dei cittadini”.

In prima linea per la rinascita morale del Paese, i vescovi salesiani condividono questa visione e la propongono a Missioni Don Bosco perché se ne faccia portavoce in Italia.

“Durante l’anno scolastico 2018-2019” denuncia ancora padre Ugalde “il governo ha battuto tutti i record negativi e ha lasciato la scuola senza insegnanti, senza studenti e senza risorse”. La professione di docente è talmente degradata al punto che le facoltà ad indirizzo pedagocico languono per mancanza di studenti. L’autore ne spiega il perché con una constatazione lampante: “che senso ha scegliere una professione il cui datore di lavoro principale è lo Stato, il quale offre salari inferiori a 10 dollari al mese?”.

Spiega padre Ugalde che “durante l’anno scolastico 2018-2019 il governo ha fatto sì che la professione di educatore sia così ripudiata che l’insegnamento e le facoltà di indirizzo pedagocico languissero per mancanza di studenti: che senso ha scegliere una professione il cui datore di lavoro principale è lo Stato e offre salari più bassi a 10 dollari al mese? L’esodo degli educatori è desolante e la scuola senza speranza si svuota di giovani. La morte della maggior parte dei programmi di alimentazione scolastica non attira i bambini a digiuno… La crisi del regime è generale e riguarda tutti i settori (agricoltura, industria, farmacie e panifici, elettricità, acqua, gas, trasporti, sicurezza, salute), ma nulla ha conseguenze così gravi come l’assenza a scuola del 40 o 50 % degli alunni, la malnutrizione di centinaia di migliaia di bambini e il desolante abbandono delle università senza senza futuro”.

La scuola pubblica venezuelana venne riformata trent’anni fa, fissando l’obbligo di frequenza per tutti fino ai 15 anni. Pur con molti limiti circa la qualità pedagogica, fu garantito l’accesso alle materne anche per la popolazione più povera, e si ebbero buoni risultati nella scuola primaria e secondaria, tanto da prefigurare la quasi totale scolarizzazione della popolazione: nel 2011 il tasso di alfabetizzazione: era del 98.4% fra i giovani e del 95.2% fra gli adulti. L’ottimismo governativo si era spinto a prefigurare un alto numero di laureati.

Le presidenze di Chavez e poi di Maduro enfatizzarono questo dato. “L’orgoglio della propaganda di regime galoppava presumendo il numero di universitari” scrive Ugalde, ma senza preoccuaprsi della qualità dell’istruzione e senza confrontarsi con altri Paesi.

Non si tratta per i genitori e per gli educatori di mettersi contro lo Stato, ma di raggiungere nuove sinergie che si supportino a vicenda per promuovere congiuntamente, organizzare, assumersi la responsabilità degli aiuti umanitari nazionali e internazionali, che finora sono stati avviati in modo molto timido con la Croce Rossa o con la Caritas”.

Anche la famiglia salesiana, in tutte le sue componenti, si è fatta parte attiva per costruire questo flusso di risorse. Secondo il Gesuita, occorre che “fede e gioia”, due termini che designano una delle molte scuole di istituzioni sociali e religiose in Venezuela, ritornino in primo piano.

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