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8 marzo, una gardenia per la ricerca

L'8 e il 9 marzo i volontari di Aism saranno in piazza con le gardenie, per sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla, che colpisce in prevalenza del donne. Per Paola Zaratin, direttore della ricerca scientifica di Aism/Fism, nei prossimi tre anni ci si attendono grandi novità: l'eccellenza c'è, ma servono soldi per finanziarla

di Sara De Carli

«Non ci sarà una seconda chiamata. Se fosse un bando solo italiano, potremmo dirci che ci penseranno altri Paesi. Questo bando raccoglie davvero l’eccellenza internazionale e se c’è l’eccellenza non possiamo permetterci di non finanziarla, significa perdere un appuntamento importante. Non ci sarà una seconda chiamata, ripeto. Non finanziando queste ricerche rischiamo di non dare alle persone malate di sclerosi multipla delle risposte che invece potrebbero arrivare». A parlare così è Paola Zaratin, direttore della ricerca scientifica di Aism/Fism. La fondazione ha appena presentato il suo nuovo bando annuale da 3 milioni di euro, che andrà a sostenere la ricerca «rigorosa e di eccellenza» (scadenza il 10 aprile 2014). L’esperienza degli anni precedenti e di altri bandi su filoni specifici ha però insegnato che i progetti eccellenti sono ben più di quelli che Aism  è in grado di finanziare tramite le donazioni raccolte. Da qui l’appello a sostenere la ricerca, con un sms solidale fino al 16 marzo o andando in piazza per il tradizionale appuntamento con la gardenia di Aism, l’8 e il 9 marzo:  «Con il bando 2013 abbiamo selezionato progetti eccellenti per 10 milioni di euro e ne avevamo a disposizione 3. Altri 3 milioni li abbiamo messi su progetti speciali, a cominciare da quelli sulle forme progressive, ma il fatto è che la ricerca potrebbe fare molto, però ha bisogno di molti più soldi».

L’Italia sta giocando un ruolo importante nella ricerca internazionale sulla sclerosi multipla (al bando sulle forme progressive chiuso un mese fa l’Italia ha contribuito con il 23% dei progetti, seconda solo agli Usa). «Nel giro di tre anni mi aspetto uno shift di paradigma», spiega Zaratin. A inizio 2014 proprio gli italiani hanno pubblicato su Nature un importante lavoro sulla caratterizzazione dei geni coinvolti nella SM, che ha creato grosse prospettive per la definizione dei fattori di rischio. Anche sulle staminali l’Italia è leader e «credo che nel 2014 saremo in grado di dire, dopo dieci anni di lavoro, se il trattamento è sicuro. La ricerca rigorosa ha questi tempi». Poi c’è la grossa sfida delle forme progressive, che ancora non hanno una cura: «una sfida internazionale, un approccio nazionale non ha alcun senso». E la medicina personalizzata, la grande domanda a cui la ricerca deve dare una risposta: «Se è così difficile trovare delle terapie per la SM forse è anche perché la popolazione interessata è estremamente variegata. Più si riesce a caratterizzare, più riusciremo a trattare la malattia, con maggiore efficacia e maggiore sostenibilità economica», dice Zaratin. Vale per la SM come per altre malattie neurodegenerative croniche: «dobbiamo dare ai policy makers dei dati per aumentare gli interventi personalizzati. La ricerca è anche la prima advocacy».